Luke ridacchiò.
« Hai paura di me, Raise? Non vedo il perchè » biascicò stropicciandosi gli occhi tremendamente arrossati.
« Non sei una presenza benevola, diciamo »
« Posso esserlo, se voglio. » Convenne lui abbozzando un sorriso poco rassicurante, come sempre.
« Ma non ti biasimo per essere spaventata, dato che non voglio mai » concluse quando notò che da parte mia non c'era stata alcuna risposta, e non ci sarebbe stata mai.
« Luke sei totalmente fatto, torna a casa » sospirai rendendomi conto di star parlando con una persona psicologicamente instabile e non lucida. Gli diedi le spalle con l'intento di incamminarmi nuovamente verso casa: era un caso perso, una cattiva compagnia, e non ci dovevo nemmeno perdere tempo, era chiaro.
La sua mano afferrò il mio avambraccio e mi tirò indietro mostrandosi, ancora una volta, troppo forte per il mio piccolo corpo. Il muretto al mio fianco divenne in pochi secondi la superficie contro la quale la mia schiena andò a sbattere, ma fortunatamente l'impatto fu attutito dal giubbotto imbottito. Il corpo di Luke sovrastò il mio, ponendo i suoi piedi al lato dei miei e iniziai a sudare freddo: ne avevo abbastanza delle sue violenze; inoltre era una persona piuttosto incoerente: diceva di non sopportare la mia presenza, di non volermi tra i piedi, eppure continuava costantemente a infastidirmi, a rovinarmi la vita.
« Non farmi male » biascicai serrando gli occhi, sentendo il suo corpo opprimermi, insieme alla paura. Il ragazzo si limitò a posare il volto nell'incavo del mio collo, respirando profondamente.
« Sono sotto l'effetto di tre canne, Raise, anche volendo non ce la farei » ridacchiò e il suo fiato si infranse contro la pelle sottile della mia spalla. I suoi capelli mi solleticavano la guancia e un odore dolciastro di balsamo misto a quello del fumo mi pervase.
« Se non mi vuoi tra i piedi, lasciami andar via » continuai a bassa voce, con il terrore che incrinando il mio tono Luke potesse dare in escandescenze e farmi male, sebbene la sua precedente affermazione.
« Ho solo bisogno di compagnia, voglio solo dormire un po' » biascicò distrutto dal fumo assunto in precedenza. Le sue lunghe ciglia cominciarono a sfiorare il mio collo provocandomi una serie di brividi e un certo solletichio, doveva essere davvero a pezzi per riuscire ad addormentarsi in piedi.
Le sue mani si posarono leggere sui miei fianchi e mi tirarono giù, lasciando strisciare la mia schiena lungo il muro che mi avrebbe sicuramente lasciato una scia bianca sul giubbotto scuro. Mi acucciai sul terriccio umido, mentre Luke collassò a gambe incrociate di fronte a me, con la fronte sulla mia spalla. Lo scossi leggermente: non ero minimamente disposta a passare del tempo seduta al freddo in quello squallido parchetto con lui, ma sembrava più morto che addormentato visto che non reagiva nemmeno ai miei piccoli schiaffi sulla nuca. Mi morsi con forza il labbro cercando di reprimere la voglia di accarezzargli i capelli chiari e luminosi che, a giudicare dal profumo e dai riflessi, dovevano essere davvero morbidi; allungai istintivamente una mano verso la sua nuca, beandomi del suo sonno improvvisamente profondo, e sfiorai la sua capigliatura chiara, facendola scorrere tra le dita: il contatto fu piacevole e fresco. Sospirai sfinita dalla moltitudine di pensieri che si stavano affollando nella mia povera testa: Luke era un demone intrappolato nel corpo di un angelo; era bello, bello da mozzare il fiato, ma era anche bastardo, così bastardo da toglierti il respiro nel vero senso della parola, soffocandoti. Feci scontrare la mia testa contro la superficie dura alle mie spalle poichè era chiaro che non sarei andata via a breve.
Schiusi gli occhi quando un suono insistente irruppe nei miei sogni distorti e confusi; alzai lo sguardo verso il muretto, trovandoci un gatto intento a miagolare. Mi stiracchiai leggermente, allungando le braccia verso l'alto e per un istante riuscii a sfiorare la pelliccia rossastra dell'animale con i polpastrelli. Spalancai gli occhi aspettando che l'aria sempre più fresca della sera mi svegliasse un po' e guardai la fioca luce del pomeriggio sparire oltre l'orizzonte. Abbassai lo sguardo sulla chioma bionda abbandonata sul mio petto: Luke respirava profondamente, le labbra sottili e interrotte dal piercing nero erano schiuse, i capelli invece si erano leggermente elettrizzati-così come i miei, per quello che potevo vedere- a causa dell'umidità. Il cellulare posto nella tasca del mio giubbotto cominciò a squillare e vibrare, spaventandomi a morte dato il silenzio tombale al quale mi ero abituata. Lo afferrai velocemente e aprii la chiamata senza nemmeno leggere chi fosse il mittente.