Camminai verso l'altro estremo del capannone, ritrovandomi davanti a due uscite secondarie: la prima era enorme e dava la possibilità ai concorrenti di uscire a bordo delle loro moto e di posizionarsi al punto di partenza; la seconda invece era stretta ed era riservata al pubblico, più nello specifico ai meccanici, amici, parenti e chiunque avesse avuto la possibilità di entrare in precedenza nel capannone. Osservai l'ambiente esterno quasi rapita: la gente si ammassava sulle transenne di protezione, sbracciandosi verso i concorrenti che cominciavano a prendere posto, le luci mi accecavano fino a farmi bruciare gli occhi ma sembrava un problema solamente mio, i motori rombavano sempre di più come a voler stabilire quale fosse il più potente. Non riuscivo davvero a credere che Dylan fosse immischiato in tutto quel trambusto, non era un semplice giro, era un mondo completamente diverso all'insegna del rischio.
Mi ritrovai ad invidiare mio fratello: il rischio era sempre stato qualcosa che non ci era permesso affrontare; nostro padre vegliava su di noi come se fossimo fatti di cristallo, come se alla prima crepa ci potessimo frantumare e non lo biasimavo, nessuno di noi due lo faceva. Eravamo entrambi cresciuti sotto la sua ala protettrice, tenendoci a debita distanza da qualsiasi cosa potesse farci male, per citare uno stupido esempio: raramente lasciavo che qualcuno mi accompagnasse a casa con il motorino- Dylan escluso- , per la semplice paura di poter fare un incidente. Sebbene io a 17 anni fossi ancora rilegata in quel mondo di eccessiva sicurezza e paranoia, che mi era stata passata da mio padre, Dylan sembrava essersi liberato dalle catene. Da un lato odiavo il fatto che mettesse a repentaglio la sua incolumità nonostante tutti gli insegnamenti di nostro padre, dall'altro lo stimavo per essere riuscito a scollarsi di dosso tutte quelle paure riguardanti il mondo esterno.
Un clalcson alle mie spalle suonò, destandomi dai miei pensieri.
«Allora piccola ti vuoi togliere o no? Non abbiamo tutto il tempo.» Mi richiamò una voce familiare. Qualche riccio era incollato sul suo viso nascosto dal casco.
«Gareggi adesso?» Domandai. Annuì.
« Tra 10 minuti. Il tempo che le coppie si organizzino.» Coppie? Mi apprestai a chiedergli di quali coppie stesse parlando ma un fischio proveniente dal megafono mi interruppe.
" I partecipanti della categoria a coppie sono pregati di avvicinarsi con le loro moto alla linea di partenza. Le ragazze che gareggeranno con i loro motociclisti sono pregate di avvicinarsi alla postazione della loro moto. La gara inizierà tra 10 minuti e ci sarà solo un ulteriore richiamo. "
L'avviso rieccheggiò per tutta la zona. Ashton si abbassò la visiera.
«Ora devo andare sul serio, bimba. Spostati » E senza aggiungere altro feci semplicemente un enorme passo indietro, permettendogli di superarmi a bordo della sua moto bianca.
Tornai da Dylan, il quale mi poggiò un braccio sulle spalle, stringendomi al suo fianco.
«Perfetto, ora che la moto è a posto posso allontanarmi 10 minuti per riaccompagnare Breath a casa. » Annunciò con un mega sorriso stampato in volto, e tutta la tranquillità che stavo provando tra le sue braccia svanì in un attimo. Mi sottrassi al suo tocco e lo guardai in cagnesco.
«Tornare a casa?!» Domandai con voce stridula e incredula. Voleva rimandarmi a casa nonostante avessi scoperto tutto? Era impazzito? Lui annuì quasi spaventato dalla mia reazione.
«Breath non puoi rimanere qui. E' pericoloso- »
«E' pericoloso soprattutto per te che gareggi, non per me che guardo. Quale diavolo è il tuo problema Dylan?» Gli domandai scostandomi nervosamente i capelli dal volto e buttandoli dietro la schiena.
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Madness || Luke Hemmings
Fiksi PenggemarFollow your inner moonlight. Don't hide the madness.