Mi dispiace

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L’angelo nero crolla a terra, cercando di gridare, mentre i miei denti gli si piantano nella gola, facendo sgorgare il sangue. Ringhio ferocemente e strappo i muscoli dalle ossa, trascinando il suo corpo verso il fuoco. Alén tenta di aggrapparsi al terreno, ma io continuo a lacerargli la carne, ringhiando e lasciando dietro di noi una scia dei suoi resti. Le mie zanne arrivano in profondità, fino a sentire le vertebre cervicali. Inizio a tremare e di nuovo dai miei occhi scivolano delle gocce di sangue. Lascio la presa, respirando a fondo, tentando di trattenere il manto del lupo attorno alla mia pelle umana.

   Alén si porta una mano al collo maciullato, guardandomi sconvolto.

   << Hai…us-usato il…p-potere di nostra madre>> mormora e mentre parla il sangue nero gli cola lungo il mento, formando della schiuma agli angoli della bocca.

   << No>> rispondo, << ho usato il potere di mia madre>>.

   L’angelo stringe gli occhi e allunga un mano verso di me, per afferrarmi, ma qualcosa gli attraversa il resto del collo, recidendogli la testa.

   Felan si mette di fianco a me, instabile sulle gambe, tenendo la spada di mio fratello che ha appena usato contro di lui, davanti a se’.

   Un’esplosione fa aumentare le fiamme che si allungano fino a catturare i resti di Alén Cain. Alla fine il fuoco si è ribellato a colui che lo ha invocato.

   << È finita>> sussurra il demone lupo, osservando i resti del maniero. Lascia andare l’arma e cade in ginocchio, nello stesso istante in cui io mi sdraio e torno umana.

   << Jennifer!>> mi chiama lui con la voce piena d’ansia.

   Non mi chiedo neanche perché sia così preoccupato. Il mio corpo è bianco come la neve che ha ripreso a scendere e le vene risaltano, blu. Il mio volto è rigato di sangue e la mia vista inizia a sparire.

   << L’ar…gento>> ansimo, cercando di ritrovare il fiato nei polmoni. Ogni boccata d’aria brucia come veleno nella gola.

   << Resisti>> sussurra al mio orecchio, stringendomi contro il suo petto.

   Apro la bocca un paio di volte, ma le parole si fanno pesanti sulla lingua impregnata del sapore del mio sangue. Non posso dirglielo…non posso confessargli di essere incinta e che probabilmente nostro figlio è morto a causa della battaglia. La battaglia dalla quale lui voleva tenermi lontano.

   << Ti…amo…>> sussurro. Non sono sicura che mi abbia sentita, non sono sicura che queste parole siano uscite.

   << Cosa?>> mi chiede, prendendomi piano il volto e avvicinandolo delicatamente al suo.

   Provo a ripetere che lo amo, nonostante tutto quello che è successo, ma non ci riesco. Questa volta è finita davvero.

   << Resta sveglia piccola, ti prego>> mormora e posa leggermente la bocca sulla mia.

   Incrocio per un attimo i suoi occhi bicolore, ricoperti dal dolore. Raduno tutte le mie ultime forze, tutta la mia ultima aria.

   << Mi…dispiace…>> dico e dopo un secondo, l’oscurità avvolge tutto quanto, mandando il mio corpo alla deriva.

   

   Un calore mi avvolge. Troppo calore. Mi sento sciogliere dal caldo. Il fuoco ha preso anche me e mi sta divorando poco a poco. Sono all’Inferno. Posso sentire i diavoli che mi bucano le braccia con forconi simili ad aghi. Il mio ventre è il punto che brucia di più. Però non riesco a vedere niente. Ma forse è meglio così. Eppure non sento dolore, a parte il troppo caldo e la pressione sulle braccia, non sento altro. Cerco di capire quanto tempo stia scorrendo attorno a me, ma è impossibile. Sembrano secondi che passano in ore e il fuoco si fa sempre più intenso.

   Poi il calore inizia ad attenuarsi. La temperatura della mia pelle torna normale, quasi fredda a confronto. È un freddo che si dirama dal mio ventre, portando con se’ anche i rumori. Sono voci che parlano tra loro e ci sono anche mani che mi sfiorano. Riesco a sentire il mio corpo.

   Qualcosa, una luce, mi obbliga ad aprire le palpebre. Rimango per un attimo abbagliata e stringo di nuovo gli occhi, abituandomi pian piano alla luce delle lampade al neon. Mi guardo intorno, spaesata. Sono in una stanza con le pareti tinte di verde acqua, sotto a delle lenzuola che odorano di ospedale. Seduto su una sedia accanto al lettino, c’è Felan. Indossa una camicia bianca e dei jeans chiari. I capelli sono coperti dal cappello da cowboy che aveva anche il giorno che mi ha comprata. Il giorno del mio ultimo scontro come combattente clandestina.

   Mi metto a sedere, lentamente, attirando l’attenzione del demone. Sotto la sua camicia si intravedono delle fasciature.

   << Jennifer>> sospira sollevato, ma senza sorridere.

   La sua espressione mi inquieta. Distolgo gli occhi color tempesta dai suoi bicolore e torno a guardarmi intorno, confusa. Degli aghi mi perforano entrambe le braccia, collegando la mia pelle a delle flebo contenente liquidi che non conosco. Uno schermo accanto a Felan mostra una linea verde segmentata. È il mio cuore che batte. Sono viva, nonostante l’argento mi abbia distrutta dentro.

   << Come ti senti?>> mi chiede lui, mantenendo quell’espressione seria che non riesco a decifrare.

   << Stordita. Cosa è successo?>> rispondo, tornando a guardarlo negli occhi.

   Per un attimo le sue iridi diventano fredde, ma poi abbassa lo sguardo.

   << Ti ho portata qui. È un ospedale gestito dai Guardiani. Hanno detto che non saresti sopravvissuta, visto l’argento in circolo, ma li ho pregati di provarci. Ti hanno messa qui e dopo un po’…l’argento ha cominciato a…sparire. Non si spiegavano il motivo. Hai avuto la febbre alta per settimane, finché due giorni fa, ti sei stabilizzata. L’argento era stato completamente distrutto>> spiega, continuando a tenere gli occhi puntati a terra.

   Come finisce di parlare, qualcosa al mio interno tira un colpo all’altezza del ventre. Sgrano gli occhi e le labbra mi si aprono per la sorpresa. Nostro figlio è vivo.

Zanna BiancaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora