Capitolo 19.

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È buffo come possano cambiare le cose da un momento all'altro, magari senza che tu te ne accorga o senza il tuo volere ed è altrettanto strano come tu possa essere confuso nel momento in cui sei felice.

E questo perché non credi di poterlo essere davvero, forse credi che sia solo un sogno, un incredibile sogno inventato dalla tua testa.

E invece no, o almeno non nella mia situazione.

Con Mirko sono felice come non lo sono mai stata: litighiamo come una vecchia coppia di sposati, ci stuzzichiamo e cerchiamo sempre di farci ingelosire l'uno con l'altra.

Con gli amici va tutto bene, come dovrebbe andare normalmente: Simone è il solito rompicoglioni, Anna e Laura le mie migliori amiche, Rossella una spalla su cui appoggiarmi e Claudia fa sempre la parte della ragazza misteriosa e riservata.

Eppure sento che mi manca qualcosa, sento che non sono a posto con me stessa.

Ma il problema è che non riesco a capire cosa manchi nella mia vita.

-"Scema dobbiamo andare. Siamo in ritardissimo!", urla Anna guardando il suo orologio.

Mi alzo dal letto all'improvviso e guardo il Casio al polso: segna le 19,34.

Esattamente 26 minuti prima che inizi la festa di Pasqua.

Rivolgo un'occhiata torva alla mia migliore amica e mi butto di nuovo sul letto, borbottando imprecazioni contro Anna.

Non passa molto tempo che mi sento scuotere come una furia.

-"Non stavo scherzando. Dobbiamo prepararci. Dobbiamo assolutamente essere le più belle stasera. E per colpa della tua pigrizia arriveremo in ritardo un'altra volta. Come sempre!"

Mi giro verso di lei: i capelli biondi le ricadono sulle spalle sparpagliati, le maniche del maglioncino sono tirate su fino ai gomiti e le braccia sono incrociate al petto.

La tipica posa di una Anna incazzata. Faccio spallucce e le rivolgo un'occhiata innocente.

-"Eddai Anna, abbiamo ancora mezz'ora. Vuoi che non riusciamo a prepararci in tempo?"

I suoi occhi azzurri si riducono a due fessure. Il suo sguardo mi gela il cuore.

Punta un dito verso di me e apre la bocca per quella che immagino possa essere l'urlo di una belva inferocita.

-"TU. LO. SAI. BENISSIMO. CHE. MI. SERVE. MOLTO. PIÙ. TEMPO. DI. 30. MINUTI. MA. LO. STAI. FACENDO. APPOSTA. PER. IRRITARMI. E. SAPPI. CHE. QUESTA. NON. È. LA. GIORNATA. GIUSTA."

Deglutisco e la fisso con tranquillità.

Mi piace farla arrabbiare quando si tratta di una cosa a cui tiene particolarmente, vale a dire tutto.

Questa volta però non sembra essersi accorta che la stavo prendendo in giro, quindi il mio sguardo si fa un tantino preoccupato.

È ovvio che è successo qualcosa.

-"Che cos'hai? È successo qualcosa?", le chiedo.

I suoi tratti si ammorbidiscono in quella che sembra un'espressione tra il triste e lo stanco.

-"Davide."

Annuisco, facendole capire che avevo intuito di cosa si trattasse.

-"Raccontami dai", la incito.

Passa un istante prima che si sieda sul letto matrimoniale con violenza e inizi a gesticolare arrabbiata.

-"Non capisco proprio cosa voglia. Un momento sembra che vada tutto bene e un attimo dopo mi allontana come se fossi una pianta velenosa. Io non ce la faccio più. Sembra indemoniato a volte. Dimmi cosa devo fare. Ti prego."

316. Mirko TrovatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora