Capitolo 7

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"Quinn, svegliati. Forza!"

Qualcuno mi trascina per le braccia. Apro gli occhi e mi guardo intorno: sono ancora qui. In quell'aereo, con guardie ovunque. Una in particolare mi sta scuotendo per le braccia, forte.
"Dobbiamo andare. Muoviti." Apre la gabbia completamente e mi fa uscire, tenendomi ben saldamente per un gomito.

Mi avvicina a sè bruscamente. "Niente scherzetti, pagliaccio, okay?" Sibila. Stringo i denti e dò uno strattone con il braccio, allontanandomi dall'uomo.
Mi porta verso l'uscita, proprio davanti allo sportello. Sono circondata da altri quattro uomini che praticamente mi stanno appiccicati, probabilmente perchè hanno paura che possa provare a scappare, di nuovo. E forse fanno bene.

Dal fondo del corridoio, alla mia destra, vedo arrivare la Waller con altre guardie. Ma quanti sono?
Lei mi sorride freddamente. "Buona serata, Harley."
Alzo gli occhi al cielo e faccio una smorfia, ricopiandola. Distolgo lo sguardo dal suo sorrisino falso. È infantile, sì. Non so perchè, ma ho voglia di comportarmi così, ho voglia di farle un dispetto.

Lei torna mortalmente seria. "Le manette. Ricordatevene. Non possiamo correre un altro rischio come quello di ieri sera. Chiaro?" Sibila all'uomo accanto a sè.
Mi afferrano subito per i polsi e mi ammanettano, di nuovo. Questa volta le sento più pesanti, più massicce. Il ferro mi scava nella carne.
Strofino i polsi, arricciando il naso. "Mi fanno male." Mi lamento, mentre veniamo scossi da alcune turbolenze. Nessuno mi degna di una risposta. Sbuffo. "...E poi da quando si può stare in piedi in aereo?" Borbotto ancora. Non ne posso fare a meno, è più forte di me.

"Qui il vento soffia in modo diverso, Harley." Risponde in modo criptico Amanda, dietro di me. "Oh.." Sussurro.
Chissà cosa starà succedendo a casa. I miei e Hanna mi staranno già cercando, saranno davvero preoccupati. Una fitta di malinconia mi attraversa.
Se quello che queste persone mi stanno dicendo è vero, e se anch'io sto iniziando a crederci, significa che non mi troveranno mai. Deglutisco, agitata. In che guaio mi sono ficcata?

Finalmente, dopo qualche minuto, l'aereo atterra.

Lo sportello bianco e lucido si apre, e mi spingono fuori, nell'aria fresca della notte. Mi guardo subito intorno, lo sguardo che rimbalza a destra e a sinistra, nel panico. Non sono nella mia città. Non ho idea di quale strano posto sia questo.
Osservo a bocca aperta, il cielo completamente nero, privo di luna. La Waller mi si avvicina. "Benvenuta a Gotham, Harley. Ti ci abituerai. Dovrai." Mormora.

Una macchina, ironia della sorte ancora nera, ci aspetta.
La guardia accanto a me apre la portiera e mi spinge dentro, seguendomi a ruota. Dal finestrino intravedo lo chignon di Amanda sparire in un'altro veicolo.
Sono più agitata di prima, perchè inizio a credere di essere finita davvero da tutt'altra parte del mondo. Non ho modo di tornare a casa. "Dove diavolo siamo?" Sibilo.

"La Waller te l'ha detto. Siamo a Gotham City." Risponde , gelido, l'uomo imponente al volante.
"Ma non esiste!" Esclamo, frustrata.
"La Waller ti spiegherà tutto appena saremo arrivati alle prigioni."
Sgrano gli occhi. "Prigioni?! Che cosa?!" Quasi grido. La guardia di fianco a me scatta e mi strattona per un gomito, lo sguardo furioso. "Ti conviene chiudere il becco e calmarti, se non vuoi ritrovarti con una pallottola in fronte."

Ringhio e sfilo il braccio dalla sua presa, arrabbiata.
Sospiro, ripensando alle parole della Waller.
-Finalmente, era da tempo che ti cercavamo, sai.-
Poi torno a quando Hanna mi ha mostrato le foto di quella ragazza cui trucco e capelli tanto mi somigliavano, e delle frasi iniziano a tempestarmi la mente.

-Benvenuta nella Squadra Suicida.-

- ....Una Squadra composta dai peggiori cattivi della storia..."

Harley Quinn #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora