il mio temporale

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"Mi sento un angelo di cemento..."

Lo psicologo annuì e scrisse qualcosa sul suo block notes.

"E come mai proprio di cemento?" Mi disse in tono impassibile.

"Non... non riesco a volare via. Il cemento è troppo pesante. Non mi sento parte di una famiglia. E voglio andarmene... ma non posso... capisce?"

"Si"

Non era vero. Non mi capiva affatto. Credeva di poter risolvere il mio problema, ma il fatto è che io non avevo nessun problema. Mia madre mi obbligò ad andarci. Pensava che ancora non avevo elaborato il fatto che lei e mio padre si erano separati.

"Perché non mi parli della tua famiglia?"

No, vaffanculo... sono cazzi miei

"Certo... cosa vuole sapere?" Dissi io, cercando di ignorare la voce nella mia testa.

"Non so... parlami dei tuoi genitori e delle loro famiglie"

"Non c'è molto da dire. I miei si odiano. Non vogliono neanche vedersi. Si sono risposati con persone diverse. Se non fosse per me, neanche si parlerebbero... non che ora lo facciano... si limitano al saluto, e certe volte neanche a quello."

"E i tuoi amici? Insomma, hai amici?" Disse con il suo solito tono impassibile, ma questa volta si poteva notare un accento di preoccuoazione.

"Io non ho conoscenze... solo vere amicizie, anche se poche, e per loro darei la vita..."

"Capisco..."

No, lei non capisce un cazzo.

"Come mai i suoi genitori si sono separati?"

Ma i cavoli tuoi mai eh?

"Mio padre tradì mia madre con una ragazza che portava a casa tutte le sere. Mia madre era sempre al lavoro, quindi non si accorgeva di nulla. Mio padre era talmente disperato che chiamò Monique anche quando c'era mia madre. Quando lei li scoprì a letto insieme non disse nulla. Sembrava non importargli molto. Il giorno dopo si presentò a casa con le carte del divorzio."

"E ora questa Monique..."

È una stronza che mi ha rovinato la vita e desidero ardentemente che muoia

"È la moglie di mio padre."

"Ha cambiato lavoro?"

"sì"

"Avverto un profondo odio per questa Monique..."

No ma dai?! Lei è solo la bastarda che mi ha rovinato la vita... ma io mica la odio... nono... guarda...(ironia alle stelle)

"Forse"

Il timer squillò. La mia ora di seduta era finalmente terminata. Bussarono alla porta ed io mi alzai dal lettino. Era mia madre che era venuta a prendermi. Questa settimana ero da lei.

Mi misi la felpa grigia e poi il giubbotto di pelle nera, tirando su il cappuccio.

"Signora... potrei parlarle un attimo?" Disse l'impiccione a mia madre.

"Certo!"

Andarono fuori dallo studio (per quale motivo non lo so) e si posizionarono in un angolo nella sala d'attesa. Io mi avvicinai con cautela a loro, appoggiandomi alla colonna. Era evidente che non volevano farmi sentire, così presi le cuffie e me le misi, senza far partire la musica.

"Signora... sua figlia ha un grave problema..."

Ma il problema ce lo avrai tu razza di impiccione del cazzo

MONOCROMODove le storie prendono vita. Scoprilo ora