Fearless.

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Al confine della Terra ed all'inizio della follia.

Dell'autolesionismo.

Cos'è che ti attrae principalmente, quando il mondo ti cade addosso e la rabbia ribolle dentro più che mai? Quando vuoi sfogarti, e picchiare il peluche che ti assiste alle elementari non aiuta?

Succede che l'odio per chi ti circonda diventa qualcosa di tuo, personale. Sei tu l'unica che può combattere quel senso di debolezza, e sei l'unica che si sente veramente viva quando il sangue scorga dai tagli.

Veloce, alternato a momenti dove smette di fuoriuscire... facendo tornare un benessere emotivo, ma non fisico.

Le possibilità per sfuggire dal mondo, nel caso di un'autolesionista, sono due:

Tagliarsi: il dolore emotivo si dimentica con quello fisico, che prende il sopravvento e ti fa stare bene, per quei pochi minuti.

Posare il rasoio e trovare un altro sfogo: il dolore emotivo rimane, i polsi pulsano incredibilmente e continui ad avere la sensazione e la voglia di tagliarti... e, fidatevi, se prendete questa decisione starete soltanto peggio. O, almeno, per me è così.

Mi tiro su una manica frettolosamente, dal momento che il pullman passerà a prendermi fra esattamente dieci minuti.

Estraggo il pezzo di vetro che porto sempre con me, appuntito... lui sì che non mi abbandonerà mai.

Lentamente, appoggio la parte più tagliente sulle candida pelle del mio polso... poi, inizio a premere, sempre più forte... finché il dolore è abbastanza.

Sospiro, mentre delle lacrime solcano il mio volto come la prima volta. Come il primo taglio.

Mi affretto a prendere un cerotto ed appoggiarlo sul taglio, abbassando la manica e fingendo indifferenza: non è successo niente, come sempre. Nascondo questa mia debolezza, sospirando; se qualcuno lo venisse a sapere la mia reputazione si abbasserebbe ulteriormente... non posso parlarne. 

Non posso parlarne con nessuno.

Sono pronta.

Pronta ad un altro anno scolastico.

Un altro.

Il penultimo.

La mia mente vaga, ripercorrendo la strada che ho preso. Stupido college.

Sono vittima dal bullismo dal primo anno, quindi questo sarà il quarto... quattro interi anni di sofferenze, di tagli, di odio e di solitudine incontrollabile.

Non ho un'amica; la metterei solo nei guai... se, per caso, iniziasse a frequentare una di quelle più sfigate della scuola... per lei ci sarebbero grosse somme da pagare: no, non in denaro, in torture vere e proprie.

La colpa era il mio fisico... ero grassa. E lo sono ancora, io ed i miei trentotto kg. Eppure ne ho persi tantissimi, e questo mi tranquillizza.

Tuttavia, devo continuare a vomitare per arrivare ad essere al peso che voglio. Trenta. Mi sembrano così lontani... ma se proseguo con questo passo posso farcela, spero.

Insomma, non ero ben vista ed anche adesso la mia reputazione è sotto terra... infatti, sono da sempre vittima di cheerleader vanitose e tizi delle squadre di football bulli, prepotenti ed insensibili.

Il pullman si ferma, lo sportello si apre e gli studenti salgono velocemente. Io sono l'ultima, poiché mi guadagnerei numerose spinte da chi ho dietro... ormai lo so così bene che provo ad evitare ulteriori problemi.

Le voci e le urla ambiziose delle ragazzine mi suonano nelle orecchie ripetutamente, per tutto il viaggio... ma provo a sopprimere quel pensiero di nausea e totale schifo verso queste, dal momento che arrivata a scuola la situazione peggiorerà... e non di poco.

Tengo stretti i miei libri, con le nocche bianche per la presa così forte. Ogni passo che si avvicina è un inferno che mi fa sobbalzare, in preda al panico: chiunque, nel vedermi sola -come sempre-, ne approfitterebbe per picchiarmi e sfottermi davanti alla massa che mi circonda.

Per fortuna, nessuno nota la mia presenza.

Un sospiro di sollievo lascia le mie labbra appena la campanella suona, segno che dobbiamo entrare in aula.

Finito il problema del bullismo fuori dalle lezioni, adesso devo sopportare quello verbale che mi affliggerà per tutte e sei le ore là dentro... più la vera tortura, dove si arriva alle botte, nei cambi dell'ora ed alla ricreazione.

Oh, giusto, la ricreazione.

Quella è la peggiore... tutti sono fuori, c'è chi per sfogare la rabbia con i pugni verso gente realmente innocente nemmeno pranza; ed io sono una di quelle che salta la merenda abitualmente per perdere peso, non sta nella mensa per paura di voler mangiare ed è costretta a rifugiarsi in bagno, chiudersi dentro... ed aspettare che qualcuno apra con violenza la porta, per poi iniziare la sua dose giornaliera di sfogo.

Teoricamente, salto la maggior parte dei pasti giornalieri. L'unica volta che mi costringo a mangiare qualcosa è la mattina, e quindi una minuscola tazza di latte caldo e senza zucchero... e la sera, dove o mia madre o mio padre mi obbligano a prendere qualcosa.

Loro credono sia sottopeso perché non amo mangiare, la verità è che qualunque cosa possa mandare giù il mio organismo la vomita, dal momento che continuo ad infilarmi le dita in gola per farlo.

Oh, giusto... passo ben poco tempo con i miei. Di mattina, quando mi sveglio, mio padre è già andato via... di pomeriggio sono totalmente sola a casa, ed è lì che preferisco sfogarmi con il mio pezzo di vetro, perché posso urlare e piangere a causa del dolore, non mi sente nessuno... infine, di sera c'è solo mio padre, che mi consegna una cena veloce e passa con me poche ore, dopo torna all'ospedale. Entrambi i miei genitori sono medici.

Il mio autolesionismo non è un modo per attirare l'attenzione, ma, appunto, un urlo disperato che nessuno è pronto ad ascoltare... vorrei che qualcuno mi aiutasse ad uscirne, ma contemporaneamente so che è impossibile e nessuno deve scoprirlo.

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