Capitolo quattro.

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Il giorno dopo.

« Quante altre volte dovrò scusarmi? Non è da me picchiare le ragazze! » urla quella merda del mio nuovo coinquilino.

Volete forse sapere cosa ho fatto tutto il giorno?

Oh, semplicemente ho telefonato a mia madre il più possibile, avevo esageratamente bisogno di levarmi dalle scatole una persona simile. No, non la reggo più.

Come reputereste qualcuno che prima ti picchia peggio di qualunque altro ragazzo nella scuola, senza nemmeno sapere il tuo nome, poi ti chiede scusa ma non intende giustificarsi?

Maddai.

Sbuffo, annoiata.

Ormai ho scoperto che anche urlargli contro lo non lo porta ad alzare le mani, ed è la prima volta che posso liberamente dire quello che penso. Quando esagero ho qualche rimorso, il timore che possa sferrarmi un pugno in pieno stomaco indubbiamente rimane, ma dal momento che si è scusato e continuo a non perdonarlo non sono completamente sicura del fatto che ripeterà lo stesso errore. O almeno spero.

Alzo gli occhi al cielo, deglutendo.

« Non ho bisogno delle tue scuse, okay? » urlo, mettendo le mani strette in pugni sui fianchi.

« Non posso continuare ad abitare con una ragazza che ho picchiato in tal modo, cazzo! » urla anche lui, facendomi indietreggiare. In realtà, qualunque sua azione brusca, affrettata o anche poco violenta mi spaventa ancora.

È completamente incoerente, lo so.

Ho paura del fatto che potrebbe arrabbiarsi, tuttavia rischio urlandogli contro; perché da una parte so che non mi farà del male... tuttavia, appena gli urlo contro, mi tornano i rimorsi e la paura.

Non avete afferrato il concetto? Tranquille, è normale.

Sposto lo sguardo per le pareti della cucina, trovando una risposta fattibile.

« Non dimentico così facilmente, sai? » gli mando un'occhiataccia, solitamente quando ne mando una il ragazzo scoppia a ridermi in faccia perché non serve a nulla, lui però non sembra proprio badare a questo.

« Non mi hai nemmeno lasciato spiegare! » afferma, prendendo poi il suo zaino da sopra la sedia.

« E come vorresti giustificarti? » chiedo, alzando le spalle. « Beh, volevi sfogarti? E perché con me, una ragazza che nemmeno conosci? » faccio una pausa per pensare a un'altra ipotesi. « O forse volevi farti figo davanti ai tuoi amici? Beh, di nuovo, perché con me? » deglutisco. « O, ancora, volevi dimostrarmi la tua forza, senza conoscermi? » per tutta risposta, lui schiude le labbra, in segno di arresa.

Esco di casa, o il pullman mi lascia lì, ma il tipo dalla pelle olivastra mi ferma prima che possa uscire dal giardino. « Tua madre mi ha ordinato di portarti a scuola con me. » sbuffa, seccato. « Sali in macchina. » ordina, prendendo le chiavi.

« Scordatelo. » sputo, arricciando il naso.

« Non è una richiesta. » dice. Stanco ed evidentemente scocciato, mi afferra il polso con una forza del tutto normale, niente di troppo forte, ma dal momento che ho lì un taglio abbastanza fresco e dolorante questo mi fa gemere. Lo stringo con l'altra mano, per alleviare inutilmente il bruciore che ha creato.

« Mh? » chiede, squadrandomi il polso nascosto dalla felpa. Lo solleva su, per abbassarmi la manica, ma ritraggo velocemente il braccio dalla sua presa con forza. Ormai sono abituata al dolore creato senza motivo, ma non per questo farò vedere i miei tagli a lui.

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