Capitolo tre.

742 15 0
                                    

Torno a casa, ancora con il corpo in fiamme.

Ho dato una veloce occhiata al mio riflesso in una pozzanghera, sono ancora più brutta del solito.

Apro finalmente la porta di casa e mi precipito nel bagno. Apro l'acqua della doccia senza levarmi nemmeno i vestiti, per poi lasciarmi cadere sotto il getto bollente.

I pensieri e i sensi di colpa mi percorrono la mente, cerco di capire quale sia il problema ma non lo trovo, a meno che non abbia cambiato idea a proposito di ieri non c'era un motivo... ma, va bene, ci sono abituata.

Sospiro, lancio via i vestiti e lascio l'acqua scorrere bollente sui lividi, dopo qualche minuto esco, mi asciugo ed infilo i privi vestiti che trovo.

Dopo la doccia ho un aspetto più presentabile, verso le 17.00 dovrebbe tornare il mio nuovo coinquilino, e non voglio farmi trovare in uno stato così pietoso: già immagino che saranno giorni d'inferno con un essere simile in casa, dal momento che è un maschio giudicarlo è semplice, tuttavia provo a non perdere la speranza.

Mi siedo sul divano ed inizio a fare i compiti di matematica per il giorno dopo, passano velocemente due ore e ho terminato di studiare, come sempre. Mordo la matita spostando lo sguardo sull'orologio, che segna le 16.30, mezz'ora e sarà qui.

Colgo il tempo a disposizione per sistemare la mia camera e rendere l'entrata presentabile, il problema sono io: sono sola, non conosco nemmeno il nome del ragazzo con cui dovrò condividere la casa e sono così asociale da farlo sicuramente fuggire via... poi, beh, la mia bruttezza darà un contributo maggiore.

Osservo i tagli sui polsi, squadrandoli da capo a fondo e constatando la profondità. Sospiro e metto un cerotto pulito su quello fresco, fatto prima di andare a scuola. Adesso, l'unica cosa che mi distrae dal prendere il rasoio o un pezzo di vetro è il dolore indescrivibile che mi percorre da capo a fondo.

Appena sfioro uno dei tanti lividi sobbalzo, gemendo per il dolore... nessuno, e dico nessuno, mi aveva mai picchiata con così tanta violenza.

Il punto è che non capirò mai il motivo, cosa ha portato il ragazzo dalla pelle olivastra a massacrarmi davanti ai suoi amici? Il desiderio di farsi figo, la voglia di giocare con il dolore altrui, semplice voglia di sfogo o un modo per attirare l'attenzione degli altri bulletti?

Questo rimarrà uno dei tanti misteri che mai mi saranno chiari.

Deglutisco, al pensiero che domani potrebbe succedere la stessa cosa... lì sarei davvero finita, dal momento che si aggiungeranno lividi su lividi già accentuati, e il dolore sarà anche maggiore.

Scuoto la testa, pensandoci mi faccio solo più male.

Sto per andare in camera, quando una chiave gira nella serratura: sarà arrivato il mio coinquilino?

Prima che possa aprire la porta si fanno spazio in me tantissimi pensieri: è alto? È magro? È biondo? È moro? È una brava persona? Mi peggiorerà la vita ulteriormente? Sarà un altro bulletto che mi prenderà a botte anche fuori dalla scuola?

Il mio cuore aumenta i battiti appena la porta si apre.

No, non ci credo.

Avevo escluso a priori l'idea che il mio nuovo coinquilino potesse essere uno dei bulletti che mi hanno già pestata, questo fa solo aumentare a dismisura il terrore.

Indietreggio, con gli occhi spalancati, fino a toccare con la schiena la parete.

Lui schiude le labbra quando mi squadra e capisce che sono la ragazza che ha allegramente pestato, mentre un brivido mi percorre la schiena e assume un'espressione indecifrabile dall'occhio umano.

Porto la mano sulla maniglia della stanza, deglutendo rumorosamente, lancio una veloce occhiata alla porta semiaperta e mi rinchiudo dentro velocemente, per poi girare più volte la chiave nella serratura.

Le gambe mi abbandonano e cado con un tonfo sul pavimento, mentre la schiena scivola dritta sfiorando la porta in legno.

La maniglia si abbassa più volte, segno che è confuso e che ha decifrato il mio terrore. Non posso uscire da qui dentro, mi ucciderà, me lo sento.

L'ha già fatto, questo mi fa intuire che adesso dovrò subirmi i suoi colpi più volte.

Mi pervade il pensiero che, però, così potrei farlo ulteriormente arrabbiare.

Sono all'apice della confusione, non so che fare.

La decisione di aprire e subirmi torture più leggere, tuttavia, ha la vittoria... nonostante sento chiaramente un nodo in gola che mi impedisce di fiatare.

Apro la porta a testa bassa, deglutendo. Non aggiungo altro.

Vedo dal basso una mano olivastra che si solleva, mi sposto istintivamente, stringendo gli occhi e preparandomi a sopportare il colpo, che non arriva. Apro gli occhi piano, notando la sua mano ferma a mezz'aria.

« Non voglio farti del male... » dice, la sua voce è più tranquilla delle altre volte. E dovrei fidarmi?

« Nemmeno ieri volevi, eppure... » mi accorgo di aver parlato troppo, dovevo tenere a freno la lingua. Mi porto una mano sulla bocca per coprirla, facendogli capire che ho troppa paura di lui, adesso.

« Scusa. » dice, sollevandomi il mento. Alzo lo sguardo, ma scuoto la testa e mi libero del suo tocco, per poi rinchiudermi in camera, di nuovo.

Non mi importa se la sua ira sarà più forte dopo, il mio odio adesso è ancora di più.

Fearless.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora