Capitolo diciannove.

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« Quindi vuoi stare sola anche oggi? » chiede Zayn, dopo le mie ennesime spiegazioni.

Annuisco ed esco dall'auto, poi, come ogni mattina, mi sistemo in un angolino accanto all'entrata. Zayn rimane ancora contrario alla mia decisione, ma è meglio per me.

Anche se, sinceramente, una parte di me vorrebbe parlarne con lui. Insomma, se non mi perseguitano per messaggi lo fanno realmente, il silenzio mi fotterebbe.

« Ehy! » esclama una voce che riconosco, alle mie spalle. Vedo Louis, con accanto un ragazzo biondo che ho già visto. Dovrebbe frequentare uno dei miei corsi, ma non ricordo quale, di preciso.

« Ciao. » saluto, e mi guardo intorno, per vedere se c'è qualcuno che mi sta fissando particolarmente. Non sono con Zayn, ma Louis non è nemmeno brutto... anzi. Il punto è che non so se devo evitarlo o meno. Prego solo di non sentire il cellulare vibrare nella tasca dei jeans.

« Mh, lui è Niall. » mi presenta il biondo con gli occhi azzurri che ha vicino. Annuisco, senza dire altro. Sto pensando a tutt'altro.

« Che hai? » chiede Louis, corrugando la fronte, che ha notato il mio comportamento distaccato e le poche parole che mi escono. Sospiro.

« Nulla. » sorrido leggermente, poi la campanella mi salva. Scappo in classe, ho chimica alla prima ora.

Le lezioni proseguono veloci, fino alla ricreazione. Mancano solo dieci minuti, poi mi toccherà ripetere la solita storia, dovrò nascondermi per troppo tempo in giardino e pregare, sperare di non essere vista da nessuno.

Nella tasca sento il cellulare vibrare. Tremolante lo afferro e lo sistemo sotto il banco, assicurandomi di averlo nascosto bene. Fatto questo, leggo l'sms.

Mhh... forse dovresti evitare anche Tomlinson e Horan, ma ti concedo di parlare almeno con loro, dai. L'importante è che non tormenti Zayn.”

Sospiro e cancello il messaggio, mentre mi si crea un nodo alla gola, qualcosa di odioso. Il professore assegna i tipici compiti per casa, e una volta annotati sul diario, prendo il mio zaino e sgattaiolo via dalla scuola, per andare nel solito angolino in giardino. È difficile trovare un nascondiglio, oggi la giornata è più calda e in molti sono fuori.

Mi siedo ai piedi di un albero, prendo il mio album e inizio a disegnarci sopra qualcosa, nulla di preciso, solo disegni strani, cerchi, linee e compagnia.

« Mhh... da quanto tempo non ci si vede. Vero? » una voce mi fa sobbalzare. Ripongo l'album nello zaino velocemente, poi cerco con lo sguardo il diretto interessato. Trovo solo un ragazzo, il tipico fighetto senza cervello di turno, appoggiato al mio stesso album, con le braccia conserte e con finta aria sexy.

« Già. » alzo le spalle, quando mi accorgo che è Josh, il coglione che ha deciso di mandarmi all'ospedale e che si diverte tanto a dare colpi alle ragazze, sì.

Sospiro.

« Mi mancava l'unica ragazza che riusciva a farmi sfogare. » alza le spalle, dopo pochi secondi uno strano sorriso gli compare sulle labbra.

« A me non mancavi tu, però. Devo andare, ciao. » farfuglio velocemente e mi alzo, sto per portarmi lo zaino in spalla, ma, come già sospettavo, il moro mi afferra il braccio e con uno strattone finisco per dare un colpo con la schiena all'albero di prima.

Deglutisco. Ecco, lo sapevo, anche il giardino è un luogo di merda se c'è bisogno di nascondigli.

« Per quanto ancora vuoi rompermi le palle, Josh? » sbotto. Mi sorprendo più che altro per le parole che questa volta gli ho davvero detto. No, non mi sono tenuta dentro niente. E questo è strano... sono abituata a subirmi le loro torture in silenzio, e mi ha decisamente stufata la situazione.

« Che caratterino. Mh, è Malik che ti fa cacciare fuori gli artigli? » strizza l'occhio, è irritante. No, non è Zayn, non penso sia molto azzeccato come personaggio, non adesso.

O forse sì. Diciamo che, ora che ci penso, da quando c'è lui sono più sicura di me stessa... solo perché un ragazzo non vuol dire che sia autorizzato a riempirmi di colpi. Perché, Josh in prima persona, non ha nessun diritto di picchiarmi.

« Probabile. Ora devo andare a lezione, ti dispiace? » sospiro. No, non posso negare che sto morendo di paura, e che ho un nodo alla gola che quasi mi uccide. Ma non voglio mostrarmi ancora debole a un coglione simile. Anche perché non mi aiuterà, né mi caccerà dai guai.

« Molto. » corruga la fronte. « Quindi, prima ci divertiamo un po'. » sorride. No, non è uno di quei sorrisi dolci. Più che altro racchiude l'essere meschino e odioso che è.

« Ti correggo: ti diverti tu. » alzo le spalle e gli levo la mano che mi stringe il polso. Lui, però, aumenta la pressione. Trattengo un gemito per il dolore, poi mi viene in mente un modo per svignarmela da lì.

« Oh, guarda, c'è Zayn! » sorrido, guardando in un punto indefinito oltre alla sua spalla. Lui schiude le labbra e mi molla il polso, per poi girarsi con aria innocente. Ne approfitto per afferrare lo zaino e correre via.

Arrivo in aula con il fiatone, e sono anche in ritardo. Busso, la professoressa di storia mi dà il consenso di entrare e mi dirigo verso il mio banco.

Prendo velocemente una penna e dei fogli per trascrivere quello che dice, come sempre, e noto il polso più scuro del solito.

Perfetto, direi, mi ha lasciato un livido stringendolo solo.

Le ore passano velocemente. Evito Josh e chiunque per tutte le altre lezioni, e riesco a uscire dalla scuola sana e salva. Raggiungo a passo veloce l'auto di Zayn, che non tarda ad arrivare, placando il terrore di farmi beccare da qualcuno.

« Tutto bene? » chiede, squadrandomi. Visibilmente preoccupato.

Annuisco ed entro, finalmente, nella macchina del moro.

Il viaggio procede con lui che non la smette di fare battute, e ammetto che mi fanno ridere. Molto. Poi, nella mia tasca vibra il cellulare.

Deglutisco e, annoiata dai continui sms pieni di minacce, mi decido ad aprire il messaggio... che, però, è completamente vuoto. Corrugo la fronte, non capisco.

« Pronto? » rispondo al cellulare, che ha iniziato a squillare. Zayn è sotto la doccia, credo, io ero semplicemente sul libro di chimica, ripassavo le odiose formule.

« Oh, Fra! » sento la voce di Louis. Mi esce dalle labbra un sospiro di sollievo, bene. Temevo potesse trattarsi dei soliti bulletti, che tanto per cambiare volevano spaventarmi con le chiamate.

« Ehy. » lo saluto, posando la penna e richiudendo il libro.

« Mh, avrei bisogno di parlarti. »

« Dimmi. » alzo le spalle, mentre afferro un bicchiere e mi verso dentro una spremuta.

« Non per telefono. Ci vediamo domani mattina? Tanto non c'è scuola. » corrugo la fronte. Perché non può parlarmene al cellulare?

« Okay... a che ora? » chiedo, sospirando.

« 10.30, ti va bene? Passo a prenderti io. »

« Sì. A domani. » piego la testa di lato e, dopo il suo saluto, riattacco.

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