Capitolo sedici.

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21 settembre, ore 04.35.

Pov Zayn.

« Louis, ascoltami bene. » bisbiglio a bassa voce, in attesa di una risposta dall'altra parte del telefono. Dopo aver capito qual è il problema di Fra, possiamo dire di aver completato una missione... anche se così sa un po' troppo di presa in giro per lei.

« Che? » l'altro sospira, evidentemente per l'orario insolito.

« Fra... » sto per dirgli tutto, ma non mi sembra il caso. È un suo problema, un suo segreto, e ho già fatto troppo io intromettendomi in una faccenda che nemmeno mi riguarda.

« No, nulla, semplicemente... basta fingere con Fra, ecco. » cambio discorso, annuisco e riattacco, per poi tornarmene a letto, ma prima di entrare nuovamente la mia stanza decido di dare un'occhiata a Fra, anche per vedere se sta dormendo o è già sveglia.

La porta non è completamente chiusa, mi basta spingerla leggermente per guardare al suo interno. Noto prima di tutto il letto di Fra, che è completamente vuoto, poi gli occhi mi saettano sulla sua figura, seduta davanti alla finestra, e si fermano sui polsi che gocciolano, di nuovo. Ancora sangue.

Schiudo le labbra e mi avvicino a lei, che però non sembra notare la mia presenza. È ipnotizzata, o almeno sembra così, gli occhi sono puntati sulle linee rosse che ha sulle braccia, e sbatte le palpebre così raramente che quasi mi spaventa... è strana. Troppo.

« No... » balbetto con un filo di voce, avvicinandomi solo alla sua figura, senza fare altro. Vorrei aiutarla, bendarle quei maledetti tagli che tanto si diverte a fare, ma in questo momento più che mai ha un'aria troppo fragile. È come se al mio tocco potesse spezzarsi, e mi fa male vederla così.

« Non devi farti del male, cazzo! » sbotto, abbracciandola da dietro, è l'unica cosa che adesso mi torna spontaneo fare.

« Perché, Zayn? » sussurra. Sento il dolore provenire direttamente dalla sua voce, è un'ondata di sofferenza che nemmeno io riesco a sopportare.

« Perché gli altri possono farmi del male, e io no? » continua, lo stesso e calmo tono di voce, ma che mi fa solo rabbrividire.

« Ti creano già troppa sofferenza... non devi stare ancora più male. » è ovvia come risposta, ma non mi viene in mente altro.

« Io sto bene. » sussurra, prima di abbassare la testa. In seguito sento il suo respiro pesante, e delle lacrime le scendono giù per le guance. Mi creano un nodo allo stomaco incontrollabile, non ci riesco. Non posso vederla così, più sta male lei, più mi sento uno schifo io.

« Sicura? » chiedo. Ma non ho bisogno nemmeno di una risposta, sarebbe del tutto inutile.

« No, Zayn. Non sono più sicura di niente! » urla, per poi girarsi e affondare la testa nella mia felpa, mi aspettavo una reazione simile, ma vederla ancora più distrutta sa solo farmi stare più male di prima.

Le passo una mano sulla schiena, mentre i suoi singhiozzi fanno inumidire anche i miei di occhi. Come può un'adolescente racchiudere così tanta tristezza?

« Andrà tutto bene. » cerco di rassicurarla, ma so anche io che è abbastanza improbabile. Ha solo bisogno di qualcuno vicino, e se quella persona non è uno dei suoi genitori, ci proverò io. Non so quanto potrò esserle d'aiuto, sono il primo stronzo che l'ha riempita di colpi... ma voglio provarci; è il minimo che posso fare.

Passo il resto della mattina con lei, le spiego che non dovrà più preoccuparsi perché io e Louis le staremo accanto durante tutte le ore scolastiche, ricreazione compresa, e che non la lasceremo sola nemmeno per qualche minuto. Lei continua ad annuire e a scansarsi quando le arrivo troppo vicino, e nonostante questo mi provoca abbastanza tristezza, perché sapere che non ha nemmeno un minimo di fiducia per me è straziante, riesce a fidarsi, di poco, ma questo mi basta.

Come detto, fatto, siamo a scuola ed è stato istintivo per lei allontanarsi appena scesa dall'auto, per non richiamare sguardi su se stessa, ma l'unica cosa che posso fare è stringerle la mano, sorriderle e farle capire che non la lascerò per nulla al mondo.

Le ore sono trascorse velocemente, ogni sessanta minuti esatti ero accanto alla porta della sua aula, già pronto a farle cambiare classe a causa dell'orario. È stato abbastanza difficile, e in ogni ora avevo il terrore che anche durante le lezioni le sarebbe potuto succede qualcosa, ma per mia fortuna non c'è stato nessun problema.

Riconosco facilmente quali sono i bulli della quale ha più paura, riesco a capirlo da come appena li vede mi stringe la mano nervosamente e si incolla il più possibile al mio braccio. Questo mi fa sorridere, perché effettivamente inizia ad avere più fiducia nei miei confronti, tuttavia odio vederla così impaurita da banalissimi studenti.

Le lezioni finiscono, quindi la riporto a casa. Continuo a chiederle cos'è successo durante le lezioni, lei mi risponde, la vedo più tranquilla in mia presenza e questo mi fa sorridere.

« G-grazie Zayn. » balbetta, dopo il mio ennesimo racconto comico, sono riuscita a farla ridere più volte con squallide battute e mie -imbarazzanti- avventure da bambino, pensandoci non l'avevo mai vista sorridere.

« Adesso, probabilmente, sarei piena di lividi, graffi... e sarebbe un inferno anche stare seduta qui. » sospira, mordendosi il labbro inferiore e mostrando un'evidente nervosismo.

« Beh, abituati a non ricevere colpi, allora. » le sorrido, per poi bloccare l'auto davanti a un bar e farle cenno di scendere. « E adesso, che tu voglia o no, mangerai un gelato. » le faccio l'occhiolino, e quando la vedo esitante sulla decisione di scendere o meno dalla macchina le apro lo sportello, trascinandola giù e facendo attenzione ai polsi, adesso ho anche paura di stringerle troppo le braccia e provocarle dolore.

Quando due grandi bicchieri, pieni di cioccolato e panna ci vengono posti davanti, vedo la sua espressione insicura sul da farsi.

« Sei bellissima. » le sorrido, riesco a capire che se non manda giù il gelato è perché continua a sentirsi grassa, quando alla fine potrei paragonarla a uno stuzzicadenti. Le sue guance si colorano di rosso, un colore abbastanza acceso sulla pelle chiara, e dopo aver mandato un'ultima occhiata alla mia espressione per vedere se la prendo in giro o meno, decide di afferrare il cucchiaio e provare a mandare giù il dolce.

Sorrido e la imito, mangiando la mia porzione di gelato per farle vedere che il cioccolato non le farà sicuramente male.

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