Capitolo quindici.

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20 settembre, ore 21.00

Pov Fra.

Louis propone di tornare a casa, annuisco e mi sollevo. Arriviamo in poco tempo all'auto, che non è molto distante dalla spiaggia.

Sospiro al pensiero che dovrò ritornare a casa e vedere Zayn, vista l'ora sarà ancora sveglio, ma scuoto la testa e cerco una soluzione per evitarlo. È abbastanza imbarazzante farsi vedere con un vestito, nemmeno così corto, da qualcuno che la mattina ti vede in pigiama e con i capelli a dir poco scompigliati.

Louis apre lo sportello e si siede nell'auto, per poi richiuderlo e infilare le chiavi, senza girarle. Appoggia le mani sulle sue gambe, per poi voltarsi verso di me con uno sguardo più triste del solito.

Corrugo la fronte, qual è il motivo del cambio d'umore?

« Non sono graffi del gatto. » sospira. Spalanco gli occhi quando mi rendo conto dell'affermazione, divento improvvisamente nervosa e inizio a tremare.

Inutile anche parlare della morsa allo stomaco che sento, è una delle poche sensazioni che odio decisamente troppo.

« Che intendi dire? » fingo di essere innocente, anche se credo sia inutile a questo punto. Più che altro cerco di guadagnare tempo. Mi mordo il labbro inferiore e sposto lo sguardo fuori dal finestrino.

Louis torna con gli occhi sul voltante dell'auto, lo sento deglutire, poi, con una lentezza che mi fa capire qual è il suo obiettivo, si tira su la manica del polso destro.

« Ho fatto anche io questa cazzate, non servono a niente! » sbotta, portando sotto la luce che proviene dai finestrini delle evidenti cicatrici. Non sono tante quanto le mie, ma questo mi fa rabbrividire.

Schiudo le labbra per aggiungere qualcosa. Non potrei dirgli che mi dispiace, sembrerei solo abbastanza falsa perché poi sono la prima che si taglia. Dovevo annullare l'uscita, dargli buca o fingere di avere la febbre, e adesso provate a dirmi che non avevo ragione sull'uscita che nemmeno doveva esistere!

Non aggiunge altro, si abbassa la manica e torna sul volante.

Il viaggio sembra interminabile, ma arrivo a casa e senza pensarci due volte scendo giù dall'auto, vengo però bloccata da una sua insolita raccomandazione.

« So che è inutile dirlo, ma smettila. Non risolve i problemi. » sospira, per poi agitare la mano e tornare per la sua strada.

Le parole mi rimbombano in testa più volte, non mi danno tregua nemmeno per mezzo secondo, ma quando l'auto si fa sempre più piccola ai miei occhi, il vento mi arriva sulle spalle e mi fa rabbrividire. Infine, decido ad aprire la porta ed entrare.

Pov Zayn.

Ci sono solo rimasto di sasso.

Leggere le righe della prima pagina del diario mi ha fatto deglutire continuamente, una parte di me avrebbe preferito chiudere il documento e lasciarle la sua vita, l'altra sentiva il bisogno di continuare e venire a conoscenza dei problemi di Fra.

E, adesso più che mai, voglio solo aiutarla.

Mi tornano in mente le fasciature di qualche ora prima, i gemiti e gli scatti improvvisi che aveva quando per sbaglio le afferravo i polsi, tutte le volte dove non sembrava intenzionata a mangiare, i nascondigli che trovava a scuola, il nervosismo che c'era da quando arrivava nell'istituto fino all'uscita, Josh... e, ancora peggio, è il fatto che sono stato un altro di quelli che l'ha riempita di botte.

Mi sento uno schifo.

I cali di zucchero, la debolezza costante... erano tutti gli effetti del vomitare, del perdere sangue grazie ai tagli. Stava male, e io non c'ero. Servivo solo a peggiorare la situazione, provocandole terrore anche con un sospiro.

Appoggio la testa allo stipite della porta, mi sento uno schifo.

La mia attenzione viene però attirata da uno scatto della serratura, segno che qualcuno sta per entrare. Sento il cuore bloccarsi, se fosse Fra non saprei che dire.

Mi si forma un nodo in gola, mentre sembrano secondi interminabili quelli che seguono, finché la maniglia si abbassa, e con una spinta la porta viene aperta, mostrando la figura di chi avrei preferito evitare.

Pov Fra.

Sospiro, quando noto che Zayn è ancora sveglio e al centro della stanza, con aria insolita. Abbastanza tetra, ma vederlo di notte e con solo la luce della luna che illumina la stanza è del tutto normale.

Insomma, ha sempre quell'aria macabra.

Scuoto la testa, evitando di pensarci troppo, e mi avvicino alla porta della mia camera. Il mio sguardo viene però catturato dal computer aperto, e con esso c'è ancora la schermata bianca con varie scritte che a causa della distanza non vedo.

Mi avvicino titubante al computer, e quando leggo la data mi volto di scatto, trovandomi Zayn a pochi centimetri di distanza.

Sobbalzo, e indietreggio fino a toccare l'armadio con la schiena. A sua volta il moro mi segue, fino ad appoggiare la mani ai lati dei miei fianchi.

Sollevo lo sguardo, per poi notare le labbra leggermente schiude e la testa bassa.

Per una volta la mia psiche non viene catturata dalla paura, anche perché è abbastanza calmo, e momentaneamente ho più paura per lo schermo luminoso del computer, che mette in mostra la prima pagina del mio diario. Quello che, nonostante fosse inutile, ho erroneamente continuato ad aggiornare... sicura che mai qualcuno l'avrebbe visto, o peggio, letto.

« Levale. » non specifica cosa dovrei togliere, ma è sottinteso che intende le bende. Non muovo un muscolo, rimango ferma e spiaccicata all'armadio, mentre la sua testa rimane bassa e ha un'aria tremendamente seria. Anche il tono della sua voce lo è, e questo mi fa rabbrividire.

« No. » scuoto la testa, non intendo mostrargli quanto sono debole.

« Leva queste bende, cazzo! » scandisce le parole, alzando il tono di voce. Pronuncia tutto a denti stretti, e questo mi crea una morsa allo stomaco.

Lentamente, faccio scivolare le dita sulla fasciatura. Sono ancora indecisa, ma mi decido ad allargare i piccoli nodi che le tengono salde sulle mie braccia, e in seguito a far scivolare sul pavimento le bende.

Ci mette un po' ad abbassare lo sguardo, ma una volta incontrate le numerose cicatrici la sua espressione rimane neutra, come se si aspettasse qualcosa di simile.

Fa scorrere le dita giù per il mio avambraccio, per poi passarne due sulle cicatrici che rendono la pelle più ruvida, facendomi trasalire dal dolore quando queste finiscono su un taglio più aperto rispetto agli altri.

Non riesco ad alzare la testa e staccare gli occhi dall'interessante pavimento, è come se adesso, senza bende, fossi completamente nuda. Ho levato le uniche cose che mi aiutavano a mantenere il segreto, e adesso mi sento più debole del solito.

Le dita che scorrono sui miei polsi mi provocano una sensazione di disagio, mi trattengo più volte dal riporre le mani dietro la schiena, ma quando l'impulso sta vincendo la guerra mi afferra il braccio, alzando lo sguardo.

Le iridi scure di Zayn mi creano l'ennesima morsa allo stomaco, che in oltre mi fa deglutire a fatica.

La presa si fa più salda, e questo crea solo un'incontrollabile voglia di sparire da qui.

« Andrà tutto bene. » sussurra, per poi cingermi i fianchi e stringermi in un abbraccio insolito.

Sento il profumo di Zayn, e da lui non mi aspettavo qualcosa di così buono. Mi assale la voglia di ricambiare l'abbraccio nella quale sono stretta, ma il buonsenso mi impedisce di fare altro.

Sto immobile, fra le sue braccia, e nonostante sappia benissimo che in quell'azione ci sono troppi errori, non riesco a muovermi. Mi sento stranamente protetta, e con lui nelle circostante dovrei solo trasalire a causa del terrore costante.

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