Capitolo ventuno.

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« Sentiamo, come intendi giustificarti, adesso?! » urlo, appena Zayn esce dalla sua stanza con dei vestiti puliti.

Corruga la fronte, scuotendo la testa.

« Che ti prende? » chiede, con una calma insolita.

« Mi prende che sei un bastardo! » urlo, lanciandogli contro il mio cellulare e rinchiudendomi nella mia stanza.

Odio.

Provo solo un profondo odio verso Zayn. Non ci credo, più che altro.

L’ha davvero fatto? Si divertiva seriamente a prendermi in giro con stupidissimi messaggi? Che aveva, si era rotto le palle di me e la soluzione era divertirsi con il cyberbullismo?

La verità è che non riesco a crederci.

Finalmente mi fidavo di lui, credevo che fosse l’unica persona disposta ad aiutarmi, in qualsiasi momento della mia vita: dai peggiori ai migliori. Adesso, però, tutta la fiducia che ero riuscita a costruire nei suoi confronti, dopo le botte che mi ha dato a scuola solo la seconda volta che ci siamo visti, va completamente in frantumi.

Come posso fidarmi della persona che cerca di starmi vicino e poi mi invia sms pieni di minacce, spaventandomi a morte?

Qualunque opzione non mi va bene. Tutte hanno quel lato che io non riesco ad accettare, perché non posso nemmeno pensare che Zayn ha fatto qualcosa di simile.

Qualcuno, ma è facile intuire di chi si tratta, bussa con insistenza alla porta in legno della mia camera.

« Sparisci. » urlo, affondando la testa nel cuscino. E la cosa più strana è che adesso non sto male né per la scuola orribile che frequento, né per i miei genitori assenti, né per l’odio che provo verso me stessa.

Sto male per quello che mi ha fatto un’altra persona. Una persona della quale avevo imparato a fidarmi tantissimo, che però aveva solo lo scopo di divertirsi con i sentimenti degli altri.

Mi fa schifo. Zayn, a questo punto, mi fa solo schifo.

« Fra, per favore, apri. » dice, continuando a dare mezzi pugni alla porta.

Scuoto la testa, mentre gli occhi mi pizzicano e prima che possa formulare mentalmente l’ordine di non piangere, le lacrime scivolano giù per le mie guance, come sempre.

« Apri, diamine, non fare la bambina! » continua, evidentemente scocciato.

Sì, è lui quello che dev’essere annoiato, già. Non io, che ho tenuto in casa per non poco tempo un simile bastardo.

« Oh, sarei io la bambina?! Ma vaffanculo, Zayn! » urlo, cercando di non far tremare la voce, che però viene sfocata leggermente dalle lacrime.

« Dio, Fra, apri questa fottutissima porta! » urla di rimando.

« No! Vattene! » continuo io, a voce fin troppo alta. Dopo questa, finalmente, si decide a lasciarmi sola, e appena non sento più i suoi passi fare eco per il corridoio, inizio a singhiozzare, con lacrime ancora più persistenti che scendono giù.

Dolore.

Provo solo tanto, ma tanto dolore.

Non so cosa mi succede, so solo che fa male.

E non penso di meritarmelo. Insomma, che cosa ho fatto?

Dovrei subire le conseguenze di qualcosa che ho fatto io, non dovrei pagare le stronzate degli altri.

Mi sento morta, morta dentro. Perché, la morte, di sfumature ne ha tante. C’è chi muore per una malattia, chi per un tumore, poi c’è chi muore dentro. E io lo sono, lo sono sempre stata. Solo che non l’ho mai notato.

Ho ancora bisogno dei suoi ‘va tutto bene’. Dei sorrisi che mi strappava, delle ore scolastiche passate a stringere la sua mano, delle stupide battute che però mi facevano ridere tantissimo. Ho bisogno di lui, fine. Ma, a quanto pare, non sono mai contata nulla per Zayn. Ero meno di zero, e da una parte non gli do torto.

La mia scuola è piena di ragazze bellissime, perché accontentarsi di una delle tante, che poi non ha né i capelli biondi, né delle forme perfette?

Non posso dargli torto, sarebbe meschino da parte mia.

Lui ha ragione, ma perché fingere così tanto e inventare tali cazzate? Che senso ha?

Il giorno dopo.

Vedo i miei occhi, completamente rossi, riflessi nello specchio.

Le occhiaie accentuate per la notte passata fra le lacrime e i singhiozzi, la pelle più chiara del solito e solo un viso orrendo.

Mi do una sistemata, assumendo un’aria più decente, visto che a scuola mi ammazzeranno come al solito. Ne sono sicura. Più stai male, più si divertono a massacrarti di botte.

Esco dalla stanza, cercando di non fare rumore, afferro lo zaino per portarmelo sulla spalla, ma la voce di Zayn mi fa sobbalzare. Stringo le palpebre, cercando di farmi forza e affrontare una discussione che, lo so perfettamente, prima o poi lo dovrò affrontare.

« Adesso mi ascolterai. » dice. Scuoto la testa.

Lui, per tutta risposta, sbuffa sooramente e si avvicina. Trattengo l’istinto di aprire la porta e scappare via, perché prima o poi mi toccherà affrontare l’argomento.

« Che vuoi? » chiedo, voltandomi ma trattenendo lo sguardo basso, visto che probabilmente non sarei capace di incontrare i suoi occhi.

« Lo so, ho sbagliato, ma non doveva durare così tanto! » dice a bassa voce. Sembrerebbe pentito, ma non mi commuove nemmeno un po’. Questo è il suo obiettivo e non intendo cascarci di nuovo.

« Non ti sei mai realmente fidata di me. Dicevi che andava tutto bene, e in teoria nei cambi dell’ora o durante la ricreazione non ti succedeva nulla. Ma nessuno mi assicurava che durante le lezioni tutto andava per il verso giusto, quindi ho pensato di provare a vedere se, inviandoti degli sms pieni di minacce, riuscivi a parlarmene. » spiega lentamente, in realtà nemmeno lui sembrerebbe avere le parole pronte.

« Eppure ti sei tenuta tutto dentro, come sospettavo. Ho provato ad aumentare con le minacce, però non pensavi nemmeno di avvisarmi. » alza le spalle.

Un nodo mi si è formato nella gola.

In realtà, da una parte è vero: non ho nemmeno pensato di parlargliene, ma avevo paura che comunque non avrebbe risolto nessun problema. In oltre, penso di aver già complicato abbastanza la vita di Zayn con la mia, non mi andava di dargli ulteriori pressioni.

In oltre, lui che cos’è per me?

Un... mh, amico? Coinquilino? Beh, perché mai dovrebbe aiutarmi? Non ho mai capito e mai capirò il suo comportamento nei miei confronti.

« Sei un coglione. » affermo.

E doveva farmi preoccupare terribilmente, continuare il suo inutile gioco per così tanto tempo? Dio, è per colpa sua se quasi mi sono ribeccata le botte di Josh, se ogni fottutissimo giorno dovevo nascondermi alla ricreazione e a ogni rumore che sentivo quasi morivo d’infarto.

No, non posso perdonare un comportamento simile... in realtà, sono completamente delusa da qualcosa di così stupido e immaturo.

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