Capitolo ventiquattro.

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Angolo autrice;

Inutile dire che mi scuso -di nuovo- per il ritardo, e che vi ringrazio per la pazienza, per i voti alla fanfiction, per le visite e i commenti! :)

Sono felice di vedere che c’è qualcuno che la segue, ovvio, e proprio per questo devo chiedervi scusa tantissime volte.

Volevo anche precisare che questo capitolo l’avevo già scritto, semplicemente era andato a farsi benedire il carica batterie del computer, quindi mi è tornato impossibile aggiornare. Vedrò di farmi perdonare e postare in questa settimana il prossimo, e questa volta è una promessa.

Ah, e ditemi ‘buona fortuna’, domani ho l’esame orale. çç

Non ne studiato quasi nulla... mi ci metto stasera credo, e spero D: lol

E poi, per qualsiasi cosa, vi lascio i miei contatti, magari vi interessano lol.

Twitter: @xconorsmile

Ask: @xxconorsmile

EFP: Pancake__s

***

Mi guardo intorno.

Il pavimento di ghiaccio racchiude un’infinità di sfumature fredde, e mentre Zayn continua a trascinarmi sulla pista di pattinaggio, il mio sguardo saetta dal color ambra dei suoi occhi all’azzurro del ghiaccio. Il gelo supera i miei vestiti e tocca liberamente le ossa, regalandomi continui brividi, ma il calore del suo tocco, delle nostre dita intrecciate mi riscalda e mi fa stare bene. E’ un senso di sollievo, qualcosa che scolgela il freddo che ho dentro. Che riempie quel paradossale vuoto.

Se non fosse per le affilate lame attaccate ai pattini, il momento sarebbe ancora più magico. Guardare le iridi di Zayn mi dà sicurezza, è una sensazione che non riesco a descrivere e che mai ho provato prima. Non sono mai stata così vicina all’amore, mai l’ho sentito pulsare nelle mie vene così.

“Non voglio svegliarmi.” penso, e il moro sembra capire i miei pensieri perché mi appoggia le mani sui fianchi e mi avvicina a lui. Affondo il viso nella sua felpa, ispirando il profumo di Zayn che arriva dritto al cervello, assegnandomi una scossa elettrica e caricandomi di adrenalina. Sto maledettamente bene... e non voglio che tutto questo finisca.

Nessuno dei due sembra intenzionato ad aprire bocca, il momento è così perfetto che potrebbe essere rovinato. E questo è l’abbraccio più vero che in sedici anni di vita ho ricevuto. Le gambe mi tremano e le farfalle svolazzano nel mio stomaco con una carica esagerata, che mi fa mordere le labbra, e automaticamente le mie guance si tingono di un rosso acceso.

- Ti voglio bene, Fra. - farfuglia, poi sento le sue labbra appoggiarsi sulla mia fronte. Sbatto le palpebre, cunfusa fin troppo dalla situazione, non mi sono mai trovata in nulla di simile. E ho paura. Di svegliarmi, di realizzare che questo era tutto uno stupido sogno, di sbagliare qualcosa, di fraintendere, di capire in modo sbagliato e interpretare male il suo ti voglio bene. Forse sono solo confusa, ma è una confusione che mi piace.

- Ti voglio bene anche io, Zayn. - sorrido, mentre sento crescere dentro lo stomaco un fuoco che riesce a riscaldarmi, visto il freddo eccessivo che c’è nella stanza. Delle alte fiamme si alzano dentro chissà quale parte del corpo, e il cuore mi batte con un ritmo irregolare, irregolare proprio come il respiro.

***

E qualche ora dopo, siamo già a casa.

Il cellulare vibra in tasca, premo la cornetta verde e ascolto.

- Ehi, Fra! Sono... - lo fermo, prima che possa aggiungere quello che già so.

- Ciao, papà. - sospiro, mentre mi sistemo una ciocca di capelli dietro l’orecchio e mi siedo sul divano, sistemando un cuscino. Una chiamata dai miei genitori non l’aspettavo, non di recente. Mamma è andata a lavorare in un’altra città per qualcosa che non ricordo, papà è rimasto lì e per la noia fa il doppio delle ore. Nemmeno Zayn se la passa bene, però i suoi genitori sono sicuramente più presenti dei miei. Non fisicamente, okay, ma lo chiamano spesso.

- Ho bisogno di parlarti. - il suo tono è serio, controllato, ma noto un velo di malinconia nella sua voce. Non capisco da dove proviene, ma decido di annuire e con un verso fargli capire che può andare avanti e spiegarmi che succede, di preciso.

- Ma... preferisco dirtelo a voce. Sei a casa? - chiede, poi lo sento deglutire e non silenziosamente.

- Sì, sono già a casa. - annuisco, accendendo la tv con il telecomando per placare i minuti di viaggio che deve fare per arrivare qui.

- Okay, aspettami, arrivo. - dice, poi chiude prima che possa salutarlo. Mi mordo il labbro inferiore nervosamente, mentre ipotizzo il discorso che deve farmi. Non prenderebbe mai una pausa per venire qui e parlarmi, se non fosse un’assurda cazzata.

Quindi, diciamo che sono leggermente spaventata della notizia, chiamiamola così, e mentre mi torturo le unghie fra loro e mi giro i pollici per l’ansia, Zayn nota il mio cambio d’umore strano. In realtà è uno dei soliti, di recente sono abbastanza frequenti e senza una valida motivazione.

- Che succede? - chiede, prendendo posto dall’altra parte del divano.

- Nulla. Mio padre ha chiamato ed era un po’ strano... tutto qui. - alzo le spalle.

- Strano in che senso? - domanda, ancora, corrugando la fronte.

- Beh, non prenderebbe mai una pausa per venirmi a parlare di persona. - sospiro, spostando lo sguardo sulle mie mani, che continuano a tremare leggermente.

- Dai, magari ha solo voglia di vederti. - sorride. E’ decisamente fantastico ricevere degli incoraggiamenti a pensare positivo da Zayn, ed è ancora più assurdo vedere come si preoccupa per me. Andiamo, alla fine è l’unica persona che penso l’abbia fatto negli ultimi anni. Pensavo di non importare a nessuno, eppure, a lui interessa il mio stato d’animo, il mio umore, gli importa sapere quanto dolore provo e come sto. Mi sento... considerata, ecco.

- Tu credi? - domando, stringendo con i denti il labbro inferiore, giusto per provare quel poco di dolore che riesce a svegliarmi, che riesce a far tornare i miei pensieri sul pianeta Terra, collegando di nuovo bocca e cervello.

- Sì. - annuisce, regalandomi un’altro dolcissimo sorriso.

Qualcuno -e credo sia mio padre- bussa alla porta. Zayn decide di lasciare la stanza, per farci parlare in pace e da soli, sa che da molto non ho una conversazione con lui e per me è così strano, quindi ritiene che sia meglio così, tuttavia ha ironizzato sul fatto che se avesse provato a farmi qualcosa, lui sarebbe corso in mio soccorso. E’ straordinario l’ottimismo di quel ragazzo, sul serio.

- Ciao. - saluto brevemente, incrociando le gambe sul divano, incapace di reggermi in piedi davanti a lui. Penso perfino che sia cambiato, la barba è un po’ più bianca e più folta. Eppure non è che non lo vedo da molto, semplicemente sono frequente le visioni di sfuggita, scappa via subito e si ferma solo di notte. Per non parlare di quando rimane praticamente lì. - Cosa devi dirmi? - chiedo, dopo un po’, visto che sembra nervoso e non sa come iniziare il discorso.

- Beh, vedi... due giorni fa... - inizia, con tono lento, e capisco che vuole girare un po’ di più sull’argomento, quindi lo fermo agitando una mano.

- Arriva velocemente al punto. - sospiro, incrociando anche le braccia.

- Tua madre aspetta un bambino. - dice tutto d’un soffio. Un sorriso sta per comparirmi sulle labbra, ma prima che possa formarsi del tutto, continua con la voce tremante. - E non è mio. -

E il mondo mi crolla addosso, ancora.

Non riesco a crederci, mi sta prendendo in giro. Ne sono sicura. Mia madre... mia madre non lo farebbe mai... o almeno credo...

***

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 24, 2013 ⏰

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