5. Per Amore.

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"Non peccano affatto coloro che peccano per amore."
Oscar Wilde.

Pausa pranzo.
Amavo la pausa pranzo. No, non per il cibo scotto e insapore che serviva la scuola, ma per il modo in cui ci ritrovavamo tutti casualmente in un tavolo della caffetteria.
Uscii dall'aula di storia e cercai attorno a me visi familiari. Non ne scorsi nessuno, fin quando non sentii un paio di mani calde posarsi sui miei occhi.
- " Chi sono? " - chiunque mi avesse posto quella domanda, aveva camuffato la voce. Ma ero fin troppo brava in quello genere di scherzi, smascheravo tutti senza problemi.
- " Forse.. Superman? " - stavo tirando il gioco per le lunghe. In realtà conoscevo l'identità della persona che mi copriva la vista.
- "Errato. " - rispose la voce.
- " Beh, allora sei Peter Pan. Io amo Peter Pan. " - il paio di mani si sollevò dai miei occhi e mi comparve davanti un ragazzo con i capelli neri e il ciuffo lunghissimi però furono i suoi occhi a rapirmi.
- " Errato! "- esclamò Stash. Ridendo, mi attirò a se per abbracciarmi forte, come sapeva piacermi.
- " Come stai, vecchio rompi scatole? "- gli chiesi.
- " Non chiamarmi vecchio, mi offendi! " -cominciammo così a discutere sul perché lui potesse sentirsi offeso.
La sua scusante era una risposta simile a 'Mi sento un deficiente che frequenta ancora l'ultimo anno.' non potevo credergli. A Stash non interessava il parere della gente, non ne aveva mai tenuto conto perché considerava necessario che solo le persone realmente importanti nella sua vita avessero una buona considerazione di lui.
- " Non ci credo. E' una balla. " - continuai a ripete quest'ultima frase ogni qual volta Stash tentò di opporsi.
Stavamo per entrare nella mensa, quando Silvia mi saltò addosso. Adoravo quella ragazza.
- " Hi guys! " - salutò, imitando un accento vagamente familiare a quello americano.
- " Ritenta, Silvi. " - le consigliai. La sua risata allegra fece sorridere sia me che Stash, in particolare notai su quest'ultimo uno strano luccichio negli occhi, mentre la guardava.
Diedi poco peso al gesto, ma avevo già intuito che presto avrei dovuto subirmi ore ed ore di «E se non le piaccio, cosa farò?».
Ci addentrammo nella mensa,paragonabile al delirio universale.
Assicurai a Silvia che l'avrei trovata e raggiunta al nostro tavolo, per poi accompagnare Stash al suo. «Pranzo con la squadra» aveva detto, di conseguenza nemmeno quel giorno avremo potuto pranzare insieme.
Mi consolavo, ripetendomi che l'anno scolastico era ancora lungo e chedi tempo da trascorrere insieme ne avevamo.
Raggiungemmo un tavolo numeroso, in cui intravidi la testa di Giorgio e quella di Cristian. Ad attirare la mia attenzione fu il fatto che il loro tavolo era composto di soli uomini, senza comprendere cheerleader o ragazze dei giocatori.
- " Acclamatemi, sono arrivato! " - Stash si annunciò e prevedibilmente dopo pochissimo lo persi di vista. Il perché? A quanto pare fiondarsi su Gabriele Tufi era il massimo per lui.
Ai miei occhi sembravano così diversi, eppure erano così uguali.
Rimasi immobile a qualche passo di distanza dal tavolo, fin quando Giorgio non mi fece un cenno per avvicinarmi. Mi ritenevo stupida.
Io ero Paola Marotta e non una ragazzina smemorata e timorosa. Non avevo mai avuto paura di avvicinarmi a quel tavolo.
Quel giorno però accadde.
Feci come chiesto per poi ritrovarmi stretta tra le braccia di mio cugino. Alla destra di Giorgio c'era Cristian, seguito da Mattia. Alla sua sinistra c'era un posto vuoto, riservato a Stash che avrebbe preso posto vicino a Gabriele. Il resto della squadra era piazzato casualmente.
- "Hey Marotta, perché non rimani a pranzo con noi? " - la domanda di Cristian mi spiazzò. Spesso mi era capitato di pranzare con alcuni componenti, ma mai con l'intera squadra. E tra l'altro c'era lui.
- " E' un pranzo riservato alla squadra. "- mi giustificai.
- " Ma tu sei sempre ben accetta tra di noi." - nemmeno le parole di Giorgio riuscivano a convincermi. La verità era che io non volevo rimanere a pranzo con loro. Certo, amavo la compagnia di quei ragazzi, amavo ricevere scherzi e farne,ma un motivo mi frenava. Un solo motivo ed era Mattia Briga.
-" Non credo. " - ribattei. Abbassai il tono della voce nellostraziante tentativo di farmi sentire solo da Giorgio, ma a quanto pare non riuscii nel mio intento. Come lo capii? Perché persino Gabriele sentì quello che avevo detto:
- " Hey! Sei Paola Marotta! Non Stash Fiordispino! Tu sì che sei ben accetta. " - commentò Gabriele che mi sorrise.
Fu quella la prima volta che lo vidi sorridermi.
Fu quella la prima volta che mi rivolse parola davvero e non per chiedermi una matita o per dirmi un semplice ciao controvoglia.
E non capivo quel suo atteggiamento.
Nonostante tutto, sentii la guance arrossire.
Vedevo in lui un ipotetico e futuro.. amico?
- " Stai forse dicendo che io sono uno scassa palle? " - domandò Stash, rizzando in piedi. No, non era stato seduto sulla sua sedia. Sedeva con tranquillità sulle gambe di Gabriele. L'avevo sempre detto: quel ragazzo era l'originalità fatta persona.
- " Esattamente. " - rispose Gabriele, sorridendomi un' ennesima volta. Io non c'entravo poi tanto in tutta quella faccenda.
Eppure lui si voltava e mi sorrideva, rendendomi partecipe delle loro finte liti "matrimoniali".
- " Ti lascio, Tufi. Hai sentito? Non provare a chiamarmi mai più. " -
-" Credimi, non lo farò. " - alla risposta di Gabriele, si levò una risata generale.
Risata a cui io presi parte entusiasmata. Quei due erano da considerarsi un solo portento. Riflettendo, mi accorsi che l'unico a non avermi rivolto parola era stata proprio l'unica persona dalla quale mi aspettavo almeno una presa in giro.. o per lo meno un saluto, contraddittoriamente. Fu quel pensiero che mi spinse a portare lo sguardo proprio verso di lui. Sorrideva. Mi stava fissando. Divenni impassibile. Perché mi faceva quell'effetto? Perché mi sentivo sempre nuda quando il suosguardo si posava su di me?
Scossi la testa. Non dovevo creare strane paranoie.
- " Beh, allora io vado. " - esclamai, alzando una mano. Ma a quanto pare, quel saluto molto semplice non per tutti era esaustivo.
- " Hey, Paola. Io voglio un saluto decente. " - lagnò Stash. Mi avvicinai e gli stampai un fine bacio sulla guancia, per poi sorridergli.
- " Ciao Splendore. "- sorrisi a Gabriele, ma non andai oltre. Lui, per me, rimaneva sempre e comunque il nemico.
- " Saluto molto originale, Tufi. Utilizzarlo con tutte le tue prede, fa diventare un onore sentirselo dire. " - cantilenai, una volta allontanatami da lui.
- " Vieni qua! " - due minuscole parole ed una presa conosciuta, mi bastarono per capire che era Giorgio ad avvicinarmiancora a sé. Il ragazzo si era addirittura alzato per rapirmi da quella massa di matti e salutarmi come solo lui poteva e sapevafare.
- " Ciao tesoro. " - mi sussurrò. Lo abbracciai forte. Il bene che provavo per mio cugino batteva ogni limite. Esistevamo solo lui ed io e ciò non accadeva perché Giorgio fosse un gran bel ragazzo o perché io potessi contare solo su di lui.
Ma Giorgio era la mia sicurezza, tutta quella sicurezza che in relazioni passate con i ragazzi era andata a farsi benedire. Le scottature da adolescenti sono palesi, ma una volta subite se non si ha qualcuno su cui contare e che aiuti a raffreddare quelle scottature.. beh, è difficile tornare a sorridere con serenità.
Senza tener conto degli altri, stampai un bacio sulla guancia di Liam e me ne andai.
Le ragazze mi aspettavano.

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