"Fuori è quasi giorno,
sto pensando a te
disperato vuoto dentro me."
Marco Mengoni - Tanto il resto Cambia
" Gabri non voglio uscire. " - sbraitai per l'ennesima volta nel giro di pochi minuti, mentre il bruno mi trascinava con la forza fuori dal dormitorio.
Strano a dirsi, ma proprio io non avevo più voglia di uscire dopo aver notato che a nessuno interessava realmente come stessi, dopo aver preso coscienza del fatto che il mio migliore amico non voleva rivolgermi parola, che le mie migliori amiche avevano una vita in cui non venivo compresa.
Mi sentivo tagliata fuori dal mondo e l'unica cosa che avrei voluto era sparire, andare via dal quel paese, partire per un viaggio senza ritorno.
Un viaggio che mi avrebbe aiutato a dimenticare. Dimenticare una mancanza che stava rendendo la mia esistenza una tortura. Mancanza di cui un ragazzo in particolare faceva parte.
Mattia Bellegrandi mi mancava e, comprendendolo, mi ritenevo maledettamente stupida.
- " Smettila di lamentarti. " - mi zittì una volta fuori dal dormitorio. In quella terza settimana 'lontana' dagli affetti, avevo cominciato ad apprezzare Gabriele per ogni sua qualità.
Era stato lui a farmi compagnia giorno dopo giorno, rinunciando spesso ad uscire con la sua comitiva per restare con me. Sapeva che ogni mia domanda, ogni mio gesto rivolto nei suoi confronti, ogni sguardo, sorriso o espressione che nascevano in sua presenza erano frutto di prove. Lo stavo mettendo alla prova e lui, con una facilità impressionante, le superava tutte, una ad una.
Sapeva pure che non mi fidavo completamente, che avevo iniziato ad affidarmi a lui e che, al minimo sospetto, lo avrei allontanato dalla mia vita.
Ciò che non sapeva, però, era che quel mio chiudermi in me stessa in quel periodo, essere tanto sospettosa nei suoi confronti e non riuscire a mostrarmi forte e determinata come al solito, era causa di uno dei suoi migliori amici, del vuoto che aveva lasciato in me senza una spiegazione e della delusione che ne era scaturita.
Mattia Bellegrandi mi faceva del male e, comprendendolo, mi sentivo davvero stupida.
Non ero riuscita a confidarmi con Gabriele, per paura che anche lui mi desse della demente, che non comprendesse il mio stato. Avrei voluto parlare di quella situazione con Virginia o con Francesca, magari con entrambe nello stesso identico momento, ma loro non erano mai disponibili per una chiacchierata di anche soli pochi minuti.
Ed io, nuovamente, non comprendevo il perché della mia esistenza, se questa dovesse essere tanto sofferta e priva di qualsiasi amicizia nella sua durata.
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Passammo quel pomeriggio in uno degli infiniti bar di Roma che si trovavano nei pressi di Piazza del Popolo a ridere come amici di vecchia data.
- " Credo di poterti definire mio amico. " - Gabriele sbarrò gli occhi, probabilmente non credeva alle sue orecchie. - " Beh sì, dai. Un amico si riconosce nelle difficoltà. Tu, senza sapere il perché, hai capito che non sto bene e mi sei vicino, mi fai sorridere, m'induci ad alzarmi e ad andare avanti. Sei un amico.. un amico speciale. " - ammisi. Gabriele mi fissò ancora qualche istante, in silenzio. L'avevo sconvolto, ne ero consapevole. Ma non avevo mai avuto peli sulla lingua, ero schietta per indole. Quindi ritenevo stupido frenare pensieri che mi assillavano da giorni.
Fu un attimo e percepii le sue braccia stringersi attorno al mio corpo e unirmi al suo corpo, trasmettendomi calore.
Non un calore fittizio. Era segno di bene, di premura. Lui mi voleva bene, come se ne può volere ad un'amica particolare.
- " Finalmente l'hai capito." - mi sussurrò in un orecchio, ancora avvolta tra le sue braccia, mentre sentivo il cuore scoppiare. - " Sappi che sei lo stesso per me. " -
- " Vuoi dirmi perché stai male? " - mi domandò, giocherellando con una ciocca dei miei capelli.
- " E' una storia lunga. " - lo avvertii, sapendo che mi avrebbe lasciata parlare.
- " Abbiamo tutto il pomeriggio. " - mi rassicurò.
- " Alloooooooora.." - cominciai, con fare teatrale. - " Virginia non ha più tempo per me, troppo presa dalle cheerleaders e dalle prove per le partite d'inizio campionato. Cristian, povero, mi fa tanta tenerezza è stremato dai vostri continui allenamenti. Non ha tempo da perdere con me. Mio cugino non mi considera più di tanto, credo giustamente, perché è preso da Francesca che a sua volta non si ricorda neppure che esisto. Non sono gelosa, vorrei solo che loro trovassero un angolino per me, nelle loro vite così frenetiche. " - divenni improvvisamente seria. Avrei versato qualche lacrima da un momento ad un altro. - " Stash, che dovrebbe essere il mio migliore amico, mi evita letteralmente. Vorrei sapere il perché, ma non mi permette d'incontrarlo. Non chiedo a te se sei a conoscenza di qualcosa, perché so che non parlerai. Silvia fa ugualmente, con la differenza che ogni tanto risponde alle mie chiamate. E in tutto questo, Mattia non si fa vivo da ben tre settimane e credo che darò di matto perché più i giorni passano, più capisco che.. " - presi a respirare con affanno, ormai in preda alle lacrime. Gabriele mi strinse una mano, intenerito. Stavo crollando di nuovo, tutto a causa di quelli che, in teoria, avrebbero dovuto volermi bene.
- " Che? " - mi spronò.
- " Che.. probabilmente sono troppo affezionata a lui. E' bastato davvero poco perché Mattia diventasse per me un amico, poi un grande amico ed ora.. non so, io.." -
- " Te ne sei innamorata. " - terminò Gabriele, indurendo la mascella. Non sembrava arrabbiato, era più che altro arreso all'evidenza.
- " Io.. spero di no. " - bastò un suo sguardo perché crollassi sul serio e dicessi tutta la verità. - " Sì. " - sussurrai a capo chino.
Restammo in silenzio. Un silenzio che infastidiva tutti e due, ma da cui non trovavamo scampo.
- " E in tutto questo, sai qual è l'unica cosa a rendermi felice? " - Gabriele scosse la testa, ad indicare un no.
- " Tu. " - dissi infine, asciugando le lacrime e rifugiandomi tra le sue braccia. - " Sei l'unico amico rimastomi. " - e fu in quel momento, quando la presa delle sue braccia divenne più precisa che capii.
Lui non mi avrebbe fatta soffrire e, sconfiggendo i pregiudizi che fino a pochi giorni prima avevo avuto, Gabriele sarebbe potuto divenire una delle persone più importanti della mia vita.
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Narratore Esterno
Mattia sedeva su un muretto, all'esterno del dormitorio, certo che nessuno in particolare lo avrebbe visto. Fumava la sua sigaretta con estrema calma, segno di nervosismo nel suo caso. Rifletteva da giorni ormai sulla scelta intrapresa. Aveva la vaga idea di aver commesso un errore, di aver sbagliato ad aver scelto di allontanare l'unica ragazza a cui avesse mai voluto bene, senza tener conto della madre e delle sorelle.
Gli mancava come l'aria che necessariamente si respira per vivere.
Mattia aveva un pensiero costante per la testa e portava il nome di Paola. Ma più se le immaginava sorridente, più si convinceva d'aver agito nel migliore dei modi per lei, per la felicità della ragazza che trovava più bella e speciale al mondo.
Scegliendo 'la selva oscura', aveva fatto in modo che lei non soffrire per lui, per gli errori che aveva commesso, che stava commettendo e avrebbe commesso con sicurezza in futuro. Aveva permesso a Giorgio di credere ancora in lui, in qualche modo, o almeno sperava. Sperava che il suo migliore amico, esaminando quella distanza tra lui e la cugina, avrebbe ripreso a fidarsi davvero di lui.
In quel mare di confusione, alzò all'improvviso lo sguardo quando percepii delle risate. Il cielo era scuro e l'unica luce esistente era quella fiocca di un lampione nei pressi del dormitorio.
Ma nonostante tutto individuò due figure e immediatamente le focalizzò: Gabriele e Paola. Ma cosa ci facevano insieme?
I due entrarono nell'edificio e subito, senza pensarci troppo, Mattia gettò a terra la sigaretta e corse dietro a quelli che ai suoi occhi non parevano neppure più semplici amici e che, nel frattempo, erano un passo avanti a lui.
Lì pedinò fin quando non giunsero davanti la camera della ragazza che, con sorriso raggiante stampato sulle labbra, continuava a parlare con il ragazzo.
Nascosto dietro il muro, all'angolo, alla fine del corridoio, li osservava e sentiva le guance ribollire d'invidia e di rabbia.
Gabriele, nonché uno dei suoi migliori amici, le stava affianco e tentava di allontanarla maggiormente da lui, Mattia.
Poli, la ragazza che gli mancava, non provava niente di simile a ciò che invece lui sentiva. Non stava soffrendo per Mattia e non aveva neppure notato la sua assenza.
Sospirò, vedendo come Paola stampava un dolce bacio sulla guancia di Gabriele che, a sua volta, sorrideva come un cretino, a suo dire.
Poi si abbracciarono e con certezza fu quel gesto a lasciarlo senza parole.
Si voltò, per non guardarli, con le spalle contro il muro e passò le mani sul viso. Non ne poteva più.
Decise di tornare in giardino, nello stesso punto in cui li aveva visti entrare e, giunto lì, inviò un messaggio a Gabriele.
Doveva parlargli.
Doveva mettere un punto alle questione.
Quando in lontananza vide Gabriele avvicinarsi, gettò a terra con violenza l'ennesima sigaretta fumata solo in parte e si preparò mentalmente un discorso. Il problema era che quel discorso non aveva né capo né coda.
- " Hey Bro, tutto okay? " - esordì Gabriele, avvicinandosi a Mattia per una stretta di mano che non venne ricambiata, tant'era la frustrazione nel moro.
- " Che facevate insieme? " - domandò schietto.
- " Non ti seguo.." - esclamò Gabriele, la cui espressione facciale prese a variare senza trovare mai pace.
- " Ti ho visto rientrare con Poli. " - la freddezza nella voce di Mattia lasciò di stucco il ragazzo che cominciò a dubitare dell'interesse dell'amico provato per Shaila con cui aveva deciso d'intraprendere una relazione.
- " E con questo? " - ribatté, mettendolo alla prova.
- " Cosa facevate insieme. " - ripeté Mattia a denti stretti. Da freddo, il suo atteggiamento stava diventando violento. Gabriele non aveva paura di lui, sapeva tenergli testa.
- " Le sto vicino da settimane e te ne accorgi solo ora? " - Mattia rimase a bocca aperta. Non era al corrente dei rapporti instaurati tra la ragazza e Gabriele, non aveva notizia di Paola da settimane, proprio come aveva voluto che fosse.
In quel momento, però, era sconvolto come mai lo era stato.
- " Non te n'è mai fregato un cazzo di lei. " - il tono della voce del moro elevò in modo notevole, spingendo il riccio a fare altrettanto.
- " Neppure a te e lo hai dimostrato ancora una volta. " -
- " Perché spari stronzate, se non sai neppure cosa sta succedendo? " - sbraitò Mattia.
- " E tu perché non ammetti a te stesso di esserne innamorato? " - gli urlò contro l'altro.
Quella di Gabriele si trattava dell'unica domanda a cui Mattia non riusciva a dare risposta, anche l'unica a cui non voleva rispondere. L'unica a cui non voleva essere sottoposto. Rimase quindi in estremo silenzio, guardando ancora per poco l'amico negli occhi, prima di calare lo sguardo e proferire poche ultime parole:
- " Trattala con riguardo e non ferirla. " -
- " Non venirmi a fare la predica, se sei la causa principale del suo malore in questi giorni. " - sussurrò Gabriele, concedendo un ultimo sguardo a Mattia prima di ritirarsi nel college, certo d'aver dato inizio al principio del cambiamento della sua vita, come a quella di Mattia.
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Paola's pov.
Starnutii.
Quel mattino non mi sentivo in forma. Già dalla sera precedente, rientrando in camera dall'uscita con Gabriele, avevo percepito strani brividi percorrere in lungo il mio corpo, seguiti da un fortissimo raffreddore.
Ed in quel momento avvertivo la testa scoppiare, in attesa che l'antidolorifico ingerito facesse effetto.
Mi diressi, strusciando i piedi in terra, fin davanti il mio armadietto, tentando di passare inosservata. Per l'appunto, non avevo una bella cera e le occhiaie che circondavano i miei occhi erano ben visibili.
Un paio di braccia avvolsero la mia vita, facendomi sorridere. Gabriele.
- " Buongiorno. " - sussurrai con voce roca.
- " Buongiorno splendore, cos'hai? " - domandò voltandomi per potermi osservare.
- " Giusto un po' d'influenza. " - lo rassicurai, poco convinta.
Sfortunatamente, non credendomi, mi posò una mano sulla fronte per poi ritirarla subito.
- " Scotti! Tornatene in camera. " -
- " Gabri non scocciare. Non ho nulla e ho preso qualcosa per sentirmi meglio. Un'ora e passa tutto. " - tentai di convincerlo ancora, stavolta con un tocco di allarmismo nella voce. Non credevo neppure io nelle mie parole.
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Chiusa in camera, per l'ennesima volta. Ma stavolta c'era di diverso che sentivo persino le ossa del corpo irrigidirsi. Non stavo bene, ma provavo ad auto persuadermi del contrario.
«Usciamo?» inviai il messaggio a Gabriele, sperando rispondesse in modo affermativo.
Il martedì, solitamente, non aveva allenamenti pomeridiani ed era assai strano non averlo ancora in giro per la camera alle quattro e mezza del pomeriggio.
«Stai male. Mettiti sotto le coperte, dormi e fai la brava. (:»
Quella presa per il culo non fece altro che scaturire l'ira che covavo in me, che nascondevo avidamente e che a causa dell'influenza non riuscivo a controllare.
«Fottiti.»
«Sei arrabbiata?» rendendomi conto della macabra figura che stavo facendo, m'indussi una certa calma prima di rispondergli.
«No, ma sono curiosa di sapere il motivo per il quale non sei qui a fracassarmi le palle. (:» la sua risposta fu un semplice e ristretto «ricerca di gruppo.» al quale, con difficoltà, dovetti credere e arrendermi.
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Imbacuccata fino alla punta dei piedi, uscii dalla camera.
Non riuscivo proprio a stare chiusa nuovamente, pur sentendomi uno straccio.
Mi diressi fuori dal dormitorio e, una volta in giardino, mi guardai un po' attorno non avendo idea di quale strada scegliere.
La pioggia invadeva ogni angolo della strada, impedendomi di guardare ad un palmo di naso.
Di andare in centro non avevo voglia, di passeggiare a vuoto neppure, di rimanere nel dormitorio ancora meno.
Alzai lo sguardo sulla scuola e, come un lampo di genio, fui indotta a recarmi proprio in quel posto. Non comprendevo quale forza maggiore mi spingesse ad entrare lì dove nessuno voleva restare. Eppure, essendo aperta anche il pomeriggio, la scuola sembrava il posto più adatto per un pomeriggio di pioggia.
Correndo, varcai la soglia scolastica e presi a guardarmi attorno con insistenza, percependo un'aria particolare, una sensazione premonitrice.
La scuola era del tutto vuota, eccetto per la presenza di qualche bidello che qua e là faceva pulizie, sperando in un trattamento migliore nei giorni successivi.
Girovagando, arrivai davanti il teatro della scuola. Ne osservai le porte bianche apparentemente chiuse, prima di decidermi a superarlo. Ma non lo feci. Fu il rumore di risate unisone ad impedirmi di passare oltre e ad inchiodarmi in quel punto. Io dovevo guardare all'interno di quel teatro.
E non mi feci scrupoli, in buona fede.
Scostando appena una porta bianca, infilai la testa pronta a ammirare un gruppo di teatranti che riproducevano un'opera amata per una qualche esibizione imminente.
Ma ciò che vidi fu tutt'altro.
Ciò che vidi comprendeva tutti quelli che consideravo i miei migliori amici. Ciò che vidi fu Gabriele lì con loro. Ciò che vidi fu Mattia affiancato da una ragazza che poi distinsi essere Shaila e che prendeva il mio posto.
Ciò che vidi fu un bacio che spezzò in mille pezzi il mio cuore sofferente.
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Scommettiamo. Ti piace giocare?
Romancecopertina: @xEdenB - “ Se lo credi, scommettiamo. Ti piace giocare? “ – sul mio volto si stampò un enorme punto interrogativo che lo indusse a sorridere ancora. M’imbestialiva il fatto che lui fosse così calmo, così pacato e non si scomponesse mai...