24. Waiting For You

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Comunicazione di servizio: ultimo capitolo di questa storia. Sarà lungo e la canzone "scritta" da Paola, è in realtà di Giorgia, intitolata Dove Sei.

Giugno, fine dei corsi.

Osservavo la squadra di calcio della scuola gareggiare nell'ultimo importante incontro della stagione, quello che avrebbe decretato il vincitore di un susseguirsi infinito di partite che Giorgio e la squadra avevano vinto una ad una.
Esultavo ad ogni punto guadagnato e sfottevo di tanto in tanto i miei amici, divertendomi in modo assurdo quando la gente che mi circondava godeva delle mie battute, tornando poi a prestare attenzione ai loro beniamini.
Al mio fianco sedevano Francesca e Silvia, mentre Virginia era intenta a mettere in pratica tutti quei tifi ideati appositamente per la partita, insieme alla squadra delle cheerleader.
Erano buffi.
Cristian grondava di sudore e di tanto in tanto dava di matto, quando qualcuno osava spintonarlo. Gli avversari lo temevano in modo sconsiderato. Al loro posto non avrei potuto che fare altrettanto. Il ragazzo era un angelo con chiunque, ma in campo la sua personalità evolveva.
Gabriele riusciva a presentarsi in modo provocante persino con una divisa da giocatore, ed era facilmente distinguibile, nonostante vestissero tutti allo stesso medesimo modo. C'era chi, tra il pubblico, emetteva urli e coretti a lui indirizzati ed i miei sfottò miravano proprio quel genere di ragazze, uno dei più diffusi in quel particolare evento, ed il diretto interessato.
Stash rappresentava la scheggia della squadra. Volava a destra e a manca in aiuto dei suoi compagni o in difesa del territorio. Vedevo di tanto in tanto sbucargli qualche capello castano sulla fronte e lo immaginavo sbraitare, al pensiero che i suoi capelli fossero orrendi da dover guardare, cosa più che certa dopo una partita tanto impegnativa e a quelle temperature.
Giorgio era il mio orgoglio. Nonché a lui venisse riservato un trattamento preferenziale, rispetto agli altri tre, mettiamolo in chiaro, ma lo incoraggiavo maggiormente perché aveva svolto e stava svolgendo un lavoro eccellente. Ogni tifoso della squadra non faceva che ripetere a voce quel pensiero che rimaneva intatto, racchiuso nella mia mente dall'inizio della stagione.
Ed infine Virginia, con la gonna bianca e blu ed il top che copriva solo la parte superiore del busto, era da considerarsi tremendamente bella. I capelli biondi le ricadevano dolcemente lungo le spalle e gli occhi color miele brillavano alla vista di ogni nuovo goal.
Mancava una sola persona, la stessa che non avevo avuto modo d'incontrare da metà aprile. Mi mancava, certo, ed il mio amore nei suoi confronti cresceva a dismisura, ma avevo concesso del tempo a lui e ne avevo preteso persino per me.
Era bastato impormi il pensiero costante che mi amava, che mi avrebbe attesa e che, per finire, non restava che far chiarezza in me e tornare alle origini, salvare i ricordi di un anno funesto, intenso, ma che mai avrei voluto dimenticare e, semplicemente, non dar loro peso, poiché ne avevano già avuto fin troppo.
Non più una lacrima aveva solcato il mio viso, la notte avevo sviluppato una particolare tecnica che permetteva al mio instancabile sonno di avvicinarsi alla costa senza alcun ostacolo,smettendo di sognare Mattia, la sua partenza o un probabile ritorno.
Lo amavo con il cuore, componevo e cantavo grazie a lui, era la mia musa, la mia fonte d'ispirazione, ma mi limitavo ad esprimere ogni genere disentimento per mezzo della musica, senza causarmi necessariamente del male.
Ne stavo dando prova anche in quel momento. L'intera scuola stava assistendo alla partita e ad ogni altra attività promossa dalla scuola per chiudere in bellezza l'anno. Ed io avrei partecipato al concerto finale, nel pomeriggio, in cui si esibivano tutti i corsi musicali presenti nel college.
Avremo portato cover,arrangiamenti vari e, per chi era compositore, persino canzoni originali. Io sarei stata tra questi.
Eravamo tutti attratti dal campo da minuti: Antonio, uno dei giocatori della nostra squadra, era caduto a terra e sembrava non riuscire a rialzarsi. Rimasi con il fiato sospeso, proprio come il resto del pubblico. Il mister era entrato più volte in campo, mentre tutti attendevano l'arrivo della sostituzione che, sembrava, non fosse prevista.
- " Paola." - la voce di un ragazzo poco più in là che, a quanto pare, infastidiva parecchie persone con i suoi lunghi dred, attirò la mia attenzione.
- " Simone. " - lo salutai. - " Che succede? " - domandai.
- " Ti stanno cercando tutti da un'infinità di tempo! Dobbiamo prepararci per il concerto, ormai manca poco. " - battei con forza una mano sulla fronte, trascinandola poi lungo il viso che aveva assunto un'espressione mista tra il dolorante e lo scocciato: avevo dimenticato l'appuntamento per le prove, con l'effimero intento di assistere all'intero svolgersi della partita di cui avrei conosciuto il risultato non prima di mezz'ora.
Accennai un saluto alle mie amiche. Esplicare quanto queste fossero divertite dalla mia reazione, credo sia piuttosto futile, trattandosi di un'ovvietà.
Scendendo le scalinate degli spalti e comparendo magicamente all'esterno dello stadio del college, posi qualche quesito al ragazzo:
- " Come hai fatto a trovarmi? " -
-" Immaginavo ti trovassi qui. Non fai che parlare di questa partita da settimane, ormai. " - scrollai le spalle, sospirando. Ero talmente prevedibile.
- " E' una partita importante questa. "- tentai di difendermi.
- " Non lo metto in dubbio. Ma anche il concerto lo è. " - ammisi tra me e me che il tipo aveva ragione e, riflettendo su quanto detto, rimasi completamente in silenzio fin quando non fummo giunti dinanzi l'enorme parco allestito per l'occasione.

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