16. Tanto Il Resto Cambia; 2 parte.

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"Quanto male ci starò che sarai di un altro. Lo so ma è giusto così."
Marco Mengoni - Tanto il resto Cambia.



Mandai giù un groppo che, fermo nella gola, non era intenzionato ascendere.
Quel bacio mi aveva del tutto spiazzata.
Mattia l'aveva baciata, aveva baciato Shaila. Non era assolutamente possibile che fosse vero. Purtroppo non avevo problemi di vista. Era tutto così schifosamente reale.
Mi ero illusa di potergli interessare, ma lui non aveva fatto nulla per impedire che io potessi interpretare un'occhiata in modo, piuttosto che in un altro.
Non potevo neppure incolparlo, pur avendocela amorte con lui. Se l'amore l'avevo condotto a Shaila, ero contenta per Mattia. Restavo comunque certa che nel loro caso non poteva trattarsi d'affetto. Quei due, a mio parere, non avevano mai provato il brivido dell'amore reciproco.
Evitai di soffermarmi ancora sulla nuova e 'amatissima' coppietta, spostando lo sguardo su Giorgio e facendolo scorrere da quello che credevo essere, oltre mio cugino, il mio più fidato amico a Francesca, Virginia, Cristian, Stash e per finire Silvia. C'erano tutti, persino Gabriele.
E ripensando proprio a quest'ultimo e al messaggio che circa mezz'ora prima mi aveva inviato, divenni rossa di rabbia.
Ingannata ancora, pensai.
Non riuscii più a trattenere e ridurre il rancore che riservavo perognuno di loro e mi scaraventai a parole verso il primo che il mio sguardo aveva inchiodato. Gabriele.
-" Come va la "ricerca di gruppo"? " - domandai, attirandol'attenzione dell'intero gruppo. La mia voce rimbombava nel teatro, infastidendomi a tal punto da provocarmi ulteriori brividi.
-" Poli.." - sussurrò Gabriele, guardandomi. Che fosse nel panico, fu chiaro a me come agli altri che a loro volta tremavano immaginando cosa sarebbe successo di lì a poco.
- " Cosa studiate? Storia? Lettere o forse una materia alternativa? "Come prendere per culo una povera cretina che nessuno più si fila"." - cominciai a scendere le scale che portavano all'interno delteatro, ai piedi del palco. Tremavo, il che non suggeriva nulla di buono.
- " Ascoltami.." - Gabriele provò invano a pormi qualche spiegazione, ma non gliene diedi modo. Non volevo essere soggetta a scuse.
- " No, ascoltami tu. Mi sono fidata di te, ti ho confidato segreti che, cazzo, avrei detto solo alle mie migliori amiche, se ne avessi.." - e rivolsi un veloce sguardo alle due che, in contemporanea chinavano il capo, colpevoli. - "..e tu seistato in grado di mandare tutto a puttane con una bugia. Chissà, mi avrai mentito sin dall'inizio. " - persino le labbra mi tremavano. Solitamente non ero emotiva, solitamente mi perdevo in strani vortici in cui il pensiero annebbiava completamente la miacapacità di comprensione. Ma ad ogni azione, equivale una reazione. E, quella volta, con mio dispiacere, io diedi in escandescenza.
-" Chi altri abbiamo qui? " - domandai ironica, voltandomi aguardare Giorgio. - " Oh guardate, c'è Giorgio. Ciao Giorgio, tutto bene? Sai sono tre settimane che non ci vediamo, non so sel'hai notato.. o forse sei troppo preso dalla tua vita di popolare per badare a me? " - senza neppure permettergli di controbattere, passai a Virginia e Francesca. Dovevo sfogare la mia rabbia, nessuno mi avrebbe fermata.
- " E voi? Avete tempo per stare insieme, ma per dirmi un 'ciao' alla mattina, no? Chi cazzo state diventando?" - fu forse la strafottenza che impiegavo in ogni mia frase a convincerle degli errori commessi nei miei confronti e per i quali non vedevo rimedio.
- " Stash Fiordispino è tra noi. Cos'è successo Stash? Perché non ti sei fatto sentire? Sei stato vittima di un altro rapimento alieno? Sicuramente è così, non avresti avuto motivo per evitarmi altrimenti! " - sbottai, frenandomi dal mettergli le mani addosso. Non ero una violenta, ma in quegli istanti non ragionavo più per me stessa. Il mio corpo impartiva ordini da sé, senza tener conto dei comandi trasmessi dal cervello.
-"Silvia! Tu e Stash avete fatto la stessa fine.. non vi sarete accoppiati durante il rapimento alieno?! " - borbottai.
Ero fuori di me a tal punto da non avvertire più il corpo, il pavimentoal di sotto, le articolazioni muoversi spostando un braccio o una gamba.
Ero incapace di proferir parola. Per quel motivo avrei volentieri messo fine alla mia predica, se solo qualcuno non mi avesse fatta irritare ancora una volta.
- " Non avrei voluto evitarti. " - sussurrò Stash.
- " L'hai fatto con molta facilità. " - sottolineai.
- " L'ho fatto perché sono stato costretto. " - il tono della sua voce aumentava, con esso il mio.
- " MA DA CHI?! " -
- " DA.." - le urla cessarono e un nome venne sussurrato. - "Silvia."- per me, il mondo crollò, con esso ogni certezza. Quello dovevaessere un incubo. -" Stiamo insieme da un paio di settimane e lei teme che io sia innamorato di te. " - fuori di senno, portavo lo sguardo da Stash a Silvia, incredula. Non ero disposta a credere che lei realmente avesse allontanato da me una delle poche persone per le quali avrei dato tutto e su cui riponevo tutta la fiducia delmondo.
Lei era mia amica.
-" Non è vero. " - provai a non dargli retta.
- " E' così." - e nel momento in cui Silvia lo appoggiò, la odiai. Mai ero stata capace di provare un sentimento anche soltanto affine all'odio, ma in quel momento era anche l'unico sentimento che m'invadeva le vene, il cuore e l'intera anima.
- " E tu hai rinunciato alla nostra amicizia per lei? " - quando Stash spostò lo sguardo dai miei occhi, ebbi conferma della stupidità che lo caratterizzava. Mi aveva lasciata andare, perdendomi. E non mi avrebbe riconquistata, lo sapeva.
- " Perfetto, uscirò dalla tua vita se è questo che vuoi. " - lo dissi sul serio, ma in cuor mio speravo che Stash mostrasse un minimo di compassione e m'impedisse di porre definitivamente tra di noi una barriera imbattibile.
Feci per andarmene, quando ancora una volta inchiodai i piedi a terra, bloccata dall'affluire di parole nel mio udito così sensibile in quei momenti.
- " La stai facendo grande. "- non sentivo quella voce da ben tre settimane e solo allora capii quanto realmente mi era mancata.
Mattia, con sguardo impassibile, si trovava al fianco di Shaila che mi osservava divertita.
Tremai, ancora. Ma questa volta il dolore si fece più inteso e insopportabile.
- " Hai il coraggio di rivolgermi la parola? Ma non ti vergogni? " - urlai con tutta l'aria che avevo in corpo.
- " Smettila. " - sibilò a denti stretti.
- " Io non la smetto di fare nulla. Sei proprio come immaginavo, il giorno in cui mi sono fidata di te ho commesso il mio più grande errore, Briga."- gridai, all'estremo delle forze.
Non rispose, dimostrandomi di aver ragione a non reputarlo abbastanza coraggioso o uomo, tanto da affrontarmi.
Stremata, dovevo andare via di lì. Presi a correre, per quanto potevo, sulle scale che ricordavano una salita infinita, ma che scalai il più velocemente possibile, ostinata a non mettere più piede in quel posto in loro presenza.
- " Ah, Mattia.. la scommessa è finita. " - urlai in cima alla scalinata, vicino le porte bianche. - " Ed indovina perché.."-
- " Non so, perché? " - domandò, con voce rauca.
-" Ricorda il motivo per il quale sarebbe finita. " - bastarono quelle poche parole, perché quegli occhi che sfuggivano ai miei, li ricercassero immediatamente sbarrandosi.
Gli avevo indirettamente rivelato di essermi innamorata di lui.
Giunta al limite, corsi via.
E una volta ritrovatami sotto la pioggia, non tornai nel dormitorio.
Mi rendevo conto di non essere in me, ma non provavo più quello strano ardore che spinge a vivere giorno per giorno, a ritenere ogni attimo speciale.
Volevo farla finita con quella situazione e in tutti i sensi.


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Narratore Esterno

Alle nove e mezza Giorgio sbatté la porta della stanza, oltrepassandola come una furia per cimentarsi verso un paio di scarpe, posizionate in un angolo della stanza.
Mattia lo osservava, stanco, indossarle al posto di quelle che precedentemente portava ai piedi. Il tutto con molta frenesia.
- " Qualcosa non va? " - domandò Cristian, mettendo in bocca un ennesima patatina. Mattia non aveva neppure la forza di parlare. Quella era da classificarsi tra le dieci giornate più brutte in vita sua. Una volta lasciata andare Paola, lui e Giorgio avevano discusso. Stash aveva fatto lo stesso con Gabriele che a sua volta se la prendeva con tutti. E probabilmente era l'unico che poteva davvero rimproverare gli amici di aver commesso degli errori, visto che era stato anche l'unico a rimanere al fianco della ragazza, cercando in tutti i modi di proteggerla.
Cristan, invece, era rimasto in silenzio, guardandoli uno per uno con ribrezzo. Era arrabbiato, lo testimoniava il suo silenzio.
- "Poli."- disse solo Giorgio, afferrando un giubbotto nelle vicinanze che poi s'accorse non essere suo.
- " Cosa le è successo? " - chiese ancora Cristian.
Giorgio che cercava di mantenere la calma, si sedette di slancio sul letto del moro e scoppiò in lacrime. Furono proprio quelle ad allarmare Mattia. Giorgio non piangeva mai, se non quando la pressione e la stanchezza, legandosi allo stress e alla preoccupazione, lo avvilivano.
- " Hey, bro. Calmati. " - disse il moro, precipitandosi su di lui e avvolgendolo tra le sue braccia. Sentiva il cuore dell'amico scoppiare a ritmo del suo che faceva altrettanto.
- " Dicci cosa succede. " - lo spronò Cristian.
- " Non è rientrata in camera, per il dormitorio non si trova, non risponde alle chiamate e Gabriele dice che stamattina aveva la febbre.. " - Mattia trattenne il respiro, sentendosi colpevole di tutti quei disastri.
- " Okay, calma e sangue freddo. Pensiamo ad un posto in cui lei andrebbe in situazioni simili. " - propose Cristian, preparandosi.
Mattia lo ammirava. Pur avendocela a morte con ognuno di loro, era stato capace di mettere da parte ogni rancore, di dimenticarsene e di supportare il suo migliore amico.
- " Non so, adesso non mi viene in mente nulla. " - disse Giorgio, nascondendo il viso tra le mani.
Mattia guardò Cristian che, con viso implorante, lo pregava di trovare una soluzione. Mattia era quello che in certe situazioni riusciva atrattenere una certa compostezza e un sangue freddo sufficienti perché potesse escogitare qualcosa. Lo sapeva lui, come ne erano consapevoli gli altri.
In quel caso, però, neppure Mattia riusciva a mantenere la calma, atteggiamento evidenziato dalla mascella contratta e dagli occhi spalancati.
Ma, per non far perdere d'animo nessuno, si alzò in piede, infilò anche lui un paio di scarpe, afferrò la stessa giacca che prima Giorgio aveva confuso con la sua e rianimò i suoi coinquilini.
- " Radunate Gabriele e Stash. Ci vediamo fra cinque minuti davanti l'ingresso." - e a passo veloce, si condusse fuori da quella stanza, sentendo il respiro venirgli meno.
Se le fosse successo qualcosa, non se lo sarebbe mai potuto perdonare.


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-" Stash e Cristian, voi andrete verso la periferia. Giorgio e Gabriele cercherete nei dintorni, io andrò in centro. " - ordinò in fine Mattia, stringendosi nella giacca rossa.
Era ansioso, voleva solo andare a cercarla e ritrovarla immediatamente.
- "Sicuro di non aver bisogno di aiuto? " - gli domandò Virginia che sentiva la responsabilità di tutto riversarsi su di sé, come accadeva anche agli altri.
- " Non preoccuparti. Voi attendetela qui e avvertiteci per qualsiasi cosa. " - le rispose Mattia, cominciando ad avviarsi in strada, accompagnato da Gabriele e Giorgio, mentre Cristian e Stash si dirigevano in periferia in auto.
- " Occhi aperti. " - si raccomandò per l'ultima volta.
Correndo, si allontanò dal dormitorio, poi sorpassò la scuola, il quartiere e così via.
Correva, cercando un modo per frenare i pensieri che lo assillavano.
Riproponeva nella sua mente le poche parole che gli avevano rivolto prima di scomparire fuori dalla porta bianca del teatro "ricorda il motivo per il quale sarebbe finita."  in riferimento alla scommessa.
E quel gioco tra di loro avrebbe avuto fine solo se uno dei due si fosse innamorato dell'altro e lo avesse ammesso. Lei lo aveva fatto.
Fu risvegliato dai pensieri, grazie ad una goccia d'acqua che lo aveva colpito in pieno viso. Alzò appena in tempo la testa prima di ritrovarsi completamente travolto dalla pioggia.
Doveva prevederlo, non smetteva di piovere dalla mattina stessa, il ché lo rendeva ancora più preoccupato per Paola.
Dove poteva trovarsi? La conosceva abbastanza per individuare un posto in cui cercarla?  E ponendosi quelle domande, il primo ed unico posto a cui pensò fu il centro commerciale, con esattezza il negozio di dischi in cui quell'Andrea lavorava.
Si ritrovò dopo pochissimo in centro, essendo praticamente nei paraggi della scuola e in breve nel centro commerciale vuoto, vista l'ora. Stavano per chiudere, ma Mattia non se ne curò. Al contrario, s'intrufolò nell'edificio e si recò immediatamente nel negozio di dischi in cui, per sua fortuna, non trovò Andrea.
Voleva passare inosservato, ma sapeva di non riuscirci agli occhi dei commessi che scrutavano un ragazzo bagnato da capo a piedi, con viso stravolto. Gli chiesero più volte se esisteva un modo per aiutarlo, ma più volte lui rispose, anche in modo brutale, di essere lasciato in pace.
Era nervoso. Non la trovava e aveva compiuto il giro del negozio per ben tre volte, senza scoprire traccia del passaggio della ragazza.
Quando si avvicinò nuovamente nei pressi della cassa, sentì le due commesse rimaste chiacchierare tra loro, alternando discorsi a risate:
- " Poco fa ho visto una matta seduta sul cornicione esterno del secondo piano, pioveva a dirotto, ma lei continuava a stare lì." - ridette una delle due.
- " E nessuno le diceva nulla? " - chiese l'altra.
- " Nessuno la notava. Io l'ho vista per pura causalità. Non sembrava stare bene. " - Mattia spalancò ancora gli occhi. Era indignato per ben tre motivi: quella 'matta' poteva essere Poli. La commessa aveva definito 'matta' la ragazza per cui stava morendo di terrore. Se Poli si trovava in quel posto, non osava immaginare quale pazzia avesse potuto commettere.
E come un fulmine, uscì dal negozio facendo cadere un intero scaffale e senza preoccuparsi minimamente delle proteste e gli insulti che le commesse presero a lanciargli.
Badava solo a ritrovare Paola.
Scivolava, avendo le suole delle scarpe fradice, ma correvaa più non posso. E recatosi al secondo piano, uscì all'esterno, sperando di trovarla.
La pioggia metteva a dura prova le sue capacità visive. La notte peggiorava la situazione. Neppure la luna recava un minimo di luce.
Cominciò ad urlare il nome della ragazza a pieni polmoni. Era certo si trattasse di lei, qualcosa glielo suggeriva. E qualcosa ancora gli assicurava che Poli era lì, che lo sentiva, lo vedeva, ma nello stato in cui si trovava, non poteva permettersi di farsi scovare.
Mattia la chiamava. Nella sua voce si riscontravano tracce di paura, di vero e proprio terrore. E quella stessa voce era spezzata talvolta da singhiozzi che, involontariamente, il moro emetteva, in preda alla consapevolezza che senza un aiuto della ragazza, non l'avrebbe trovata se non morta.
Si spostò in un luogo meno riparato e venne investito da getti d'acqua violenti. La chiamò ancora, piangendo. Non ne poteva più.
Spostò lo sguardo alla sua sinistra, in un angolo poco più appartato, adocchiando tra la pioggia qualcosa.. qualcuno.
Si scaraventò su quello che sin da subito gli parve un corpo, sentendo poi un leggero mormorio che ripeteva il suo nome.
Mattia trattenne ancora il respiro. Era lei. Aveva gli occhi semi chiusi, le labbra violacee, i vestiti fradici. Aveva l'aspetto di un cadavere. Giaceva inerme a terra, boccheggiante e delirante.
L'abbracciò, impulsivamente sentendo il corpo freddo e privo di calore della ragazza stringersi appena al suo. Poli mormorava ancora il suo nome, provocando in Mattia un collasso emotivo da far paura. Il ragazzo piangeva come mai aveva fatto, "solo" per lei.
- " Poli.. Poli mi senti? " - continuava a ripeterle, cercando in tutti i modi possibili ed immaginabili di proteggerla, di farla sentire al sicuro, pur non essendo più sicuro che lei fosse cosciente delle sue azioni.
- " Poli, perché sei venuta qui. " - Paola continuava a chiamarlo. Con le poche forze che le rimanevano lo stringeva. Ma non rispondeva alle sue domande, forse perché implicava energie di cui lei non disponeva, forse perché non aveva risposte.
- " Non piangere. " - sussurrò, soltanto. Mattia smise di farlo perché la richiesta proveniva da lei. Puntò gli occhi in quelli di Paola che solo allora sembrava davvero capire cosa le stava accadendo. Mattia non poté far altro che costatare quanto quegli occhi scuri e profondi fossero belli, nonostante le condizioni in cui Paola si ritrovava. Non poté far altro che ammettere di adorarli più di sé stesso.
- " Sorridi. " - gli impose ancora, tremante. Mattia non voleva farlo, non ne era in grado. Ma viste le circostanze, visto che era lei a chiederglielo, lo fece. Sorrise appena, volendole mostrare quanto amore provava grazie alla testardaggine che di lei lo aveva rapito e affascinato.
- "Fallo sempre. " - gli ordinò, quasi fosse il suo consiglio per la vita. Mattia non riuscì a trattenere le lacrime che ripresero a sgorgare dagli occhi arrossati non dalla pioggia, quanto dal dolore. Paola mosse le labbra per accennare un sorriso.
Nuovamente, Mattia pensò a quanto fossero belle quelle labbra che avrebbe sempre voluto baciare.
Poli aprì appena la bocca per aggiungere qualcosa che Mattia fremeva di sapere, ma Paola divenne una pietra. Improvvisamente, lasciò andare un ultimo respiro e con esso chiuse gli occhi, il corpo perse ogni senso e le labbra si schiusero.
Mattia sbiancò.
Prese ad urlare il nome della ragazza, la scuoteva, la supplicava di aprire quelle magnifiche pietre di un marrone intenso, di non lasciarsi andare sul serio, di rimanere lì con lui.
Si rese improvvisamente conto che imponendogli di smettere di piangere e di sorridere, lei gli stava recando dei consigli, oltre a volerlo ricordare un determinato modo. Capì che quella che tutti avrebbero definito una smorfia, ma che per lui consisteva in un sorriso, era ils uo ultimo sorriso. E quel respiro esalato, era il suo ultimo respiro.
Urlò ancora, con più forza. Questa volta chiedeva aiuto.
Non poteva lasciarla andare, non in quel momento, non allora che aveva finalmente compreso quel che davvero lei significava per lui.
- " Ti prego, Poli. "- la pregava, piangendo sul suo corpo, mentre la pioggia diveniva più impetuosa. - " Non mi lasciare. " - singhiozzò. - "Perdonami. " - non ricevendo risposta, i suoi singhiozzi aumentarono.
Avvicinò appena ad un orecchio di quello che sembrava un cadavere, le labbra che al contatto con la pelle gelida s'intorpidirono, ma non si ritrassero.
- " Poli.. " - sussurrò, prima di smettere di singhiozzare. - "Ti amo." -
Ciò che successe poi quella notte, è tutto da dimenticare.

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