"E non fermarti a quest'attimo
Che non ritornerà
E dimmi che ogni momento per noi
sarà fantastico."
Marco Mengoni - Dove si vola
Narratore Esterno
Poli sfregò le mani, indolenzite.
Roma gelava, eppure nessuno osava rientrare nella propria abitazione. Il centro, in particolare, era affollato. Il tutto rendeva la città romantica, sebbene il freddo, il rientro nelle scuole e la ripresa dei lavori potessero far mutare l'umore degli abitanti da gioioso a nero.
L'azione della ragazza non passò inosservata al moro al suo fianco che si apprestò a porle qualche domanda a riguardo.
- " Hai freddo? " - Mattia portò la sigaretta tra le labbra e l'aspirò a pieni polmoni, nell'invano tentativo di provare calore. In realtà si sentiva spesso accaldato, quando portava lo sguardo sulla mora. Osservava i suoi lineamenti e formulava pensieri su quanto fosse fortunato a poter passeggiare al suo fianco. E le sue teorie riscontravano basi di verità quando, guardandosi attorno, poteva vedere molti ragazzi fulminarlo, per poi dare importanza solo a lei che sembrava non accorgersi di nulla.
- " Sto gelando, a dire la verità. " - ammise Poli.
Mattia aspirò un'ultima volta quel poco che rimaneva di un'intera sigaretta e gettò via il mozzicone, per poi prendere la ragazza per mano e trascinarla in un vicolo. Lo attraversarono per interno, senza fiatare, e quando giunsero alla fine, svoltarono a sinistra e ne intrapresero un ennesimo, più piccolo, grazie al quale sbucarono proprio davanti il pub in cui avevano cenato.
- " Vuoi ritornare al pub? " - gli domandò.
- " Che?! No. " - rispose lui che poco la stava ad ascoltare. Aveva un idea che gli ronzava nella testa e voleva portarla a termine.
In men che non si dica si ritrovarono a sfrecciare fra le vie di Roma, all'interno dell'ormai conosciuta Porche che Paola amava. Mattia aveva acceso i riscaldamenti e si preoccupava di chiedere ogni minuto alla ragazza se si sentisse meglio. Questa rispondeva di sì, trovando divertente il modo in cui il ragazzo si prendeva cura di lei. Non era affatto un comportamento alla Briga, cose che le piaceva in modo impressionante.
- " Va meglio? " - le chiese, per la centesima volta in pochi minuti.
-" Si. " - sbuffò. - " Ti preferivo maschilista e poco rompicoglioni. Ripensandoci.. sei sempre stato un rompipalle. " - Mattia rise. Trovava buffo quel lato rozzo della ragazza. La finezza che sapeva possedere spariva e ricompariva a suo piacere, diventando scaricatore di porto prima, principessa d'Inghilterra dopo.
- "E io ti preferivo fine. Ripensandoci.. non lo sei mai stata. " -
-" Stai perdendo punti, Mattia. " - ci tenne a fargli notare.
-" Tu non ne hai mai acquistati. " - non riteneva di essere quel tipo di ragazza pignola che con poco se la prende. Ma inevitabilmente, le parole che Mattia le rivolse non le rimasero indifferenti, cosa che la spiazzò non poco.
Rimase in silenzio qualche istante, prima di accomodarsi al meglio sul sedile e concentrare l'attenzione sulla vista del finestrino. Stavano uscendo fuori città, dettaglio irrilevante per chiunque non fosse stato Paola Marotta. Per lei intraprendere un certo tipo di strada, equivaleva ad un input per generare riflessioni e pensieri sulle destinazioni, sugli svariati tipi di situazioni che avrebbe trovato al suo arrivo.
Entrava con facilità a far parte di un universo parallelo, solo suo, in cui era obbligo escludere chiunque conosceva, per poter vivere in pace qualche minuto.
- " Non dirmi che te la sei presa. " - esclamò Mattia, all'improvviso. Scrutandola attentamente con la coda dell'occhio, il ragazzo era rimasto impressionato dalla bellezza che emanava Paola. Gli parve d'avere al suo fianco un angelo. Un angelo imbronciato, ma pur sempre un angelo.
- " No. " - fu semplicemente la sua risposta della bionda, intenta ad intrappolare nella memoria flash dei diversi panorami.
- " Sicura? " - riprovò.
- " Assolutamente." - disse solo.
Per interrompere quel silenzio così fitto, Mattia scelse una stazione radio che accese. Le prime note di Because Of You di Ne Yo proruppero nell'auto, scatenando un sorriso sui volti dei ragazzi che non parvero volerli mascherare.
Poli prese a canticchiare, un po' per voglia, un po' per mostrarsi talentuosa.
Dal canto suo, Mattia l'ascoltava sorridendo. Grazie a lei, qualsiasi occasione era buona per lasciarsi andare ad un sorriso, una risata, provando emozioni che in passato di rado aveva sperimentato.
Poi fu la volta del ragazzo, che la interruppe appena in tempo per poter dare del suo meglio, privando di parole Paola, al suo fianco.
Per l'ennesima volta, Mattia le aveva permesso di sentirlo cantare e, per l'ennesima, volta Paola era giunta a conclusione che Mattia possedeva una voce sensazionale, con una certa tendenza per i virtuosismi arabi. Ma nell'insieme, amava le melodie da lui riprodotte, amava il modo in cui si lasciava andare, picchiettando i pollici contro il volante, stretto tra le mani forzute. Amava persino quando socchiudeva gli occhi, senza perdere il controllo della strada, per scuotere la testa, a ritmo di musica.
- " Sai di avere una bella voce? " - improvvisò Paola, durante una pausa del moro.
- " Lo so. " - si pavoneggiò Mattia. - " E tu sai di essere bellissima? " - la ragazza avvampò in modo evidente ed evitò di rispondere. Istintivamente, non riusciva a ritenersi una gran bellezza, ma non lamentava mai difetti fisici. Aveva poca autostima, quando in realtà era di una bellezza sconvolgente.
- " Siamo arrivati. " - disse Mattia, spegnendo il motore dell'auto. Poli si guardò bene attorno. Si trovavano davanti il college, non nei pressi del dormitorio. Che Mattia avesse commesso un errore?
- " Perché siamo qui? " - domandò.
- " Voglio portarti in un posto. "- le rispose.
Le prese una mano, gesto che gli veniva naturale, e la condusse nella strada scura, per un breve tratto, fin quando non giunsero dinanzi quello che parve a Paola una gelateria, ma Mattia sapeva essere un bar particolare, in cui era data la possibilità a piccoli artisti di farsi sentire, anche solo per divertimento.
La fece entrare poi, mentre salutava qua e là conoscenti.
Il locale non era immenso, ma neppure piccolissimo, accogliente e intimo. Poco illuminato per conferire un tocco di relax. Si stava decisamente bene.
Le propose di sedersi in un piccolo tavolo circolare, arredato con sedie nere in plastica. Poli scrutava, affascinata, ogni cosa, persona, dettaglio che l'occhio attento coglieva.
- " E' bello qui. " - mormorò a Mattia, mentre questo le si sistemava accanto.
- " Già. " -
- " E vedo che sei molto conosciuto. " - continuò la bionda quando un gruppetto composto da tre adolescenti, che dimostravano suppergiù sedici anni, presero a salutare Mattia in modo piuttosto enfatizzato.
- " Questo posto mi piace. " - ammise il ragazzo, passandosi una mano sul collo, impacciato.
- " Immagino. " - ridacchiò Poli, per niente sconvolta. Stava prendendolo in giro. Conoscendo Mattia, con delle "marmocchie", da lui così definite, si sarebbe limitato ad uno sguardo sexy, azzardando una mano tra i capelli mori, se aveva voglia di divertirsi davvero.
Non sarebbe arrivato ad un bacio o ad un flirt accentuato.
- " Sei così pervertita! " - sbottò il moro, facendola ridere di cuore. - " Sei persino peggio di Gabriele. " -
- " Questo sì che è un complimento." - commentò Paola, trascinando Mattia in una dolce risata, interrotta solo dall'arrivo di un'ennesima adolescente. Questa, però, era diversa. Aveva dei lunghi capelli mossi, tendenti al riccio, portati di lato. Vestiva con una maglia a mezza manica nera, decorata con la scritta 'New York', una camicia sbottonata, di un colore misto tra l'azzurro chiarissimo e il bianco, un paio di jeans stretti alle caviglia e aderenti sulle gambe, ed un semplice paio di Vans. Due dettagli catturarono l'attenzione di Paola: gli occhi, marroni e profondi, dolci ed innocenti, ed una collana che portava lungo il petto, con una nota musicale come ciondolo, simile ad uno dei suoi.
Più la osservava, più si rivedeva in lei a quindici anni.
La trovava fottutamente bella. Si sa che la bellezza è soggettiva all'occhio umano, ma Paola trovava che in quella ragazzina ci fosse del buono, si rivedeva in lei e le bastava per capire cosa provasse ogni minimo secondo.
In quel momento, ne era certa, era terrorizzata. Eppure sul suo viso non trapelavano emozioni, cosa che persino Paola aveva preso il vizio di non far notare, a quell'età.
Mattia, intanto, fissava la ragazzina, trovandola familiare. Anche lui aveva notato due cose di lei: il taccuino stretto tra le mani, doveva quindi essere lì per prendere qualche ordinazione, e gli occhi. Anche lui li trovava talmente belli da renderlo sicuro che, negli anni a seguire, quando avrebbe avuto la sua età, qualunque ragazzo le avrebbe chiesto di uscire.
- "Sono qui per prendere le ordinazioni. " - disse concentrando l'attenzione, riposta poco prima su dei comici che si esibivano e che facevano ridere l'intero locali, sui due ragazzi. Tentava di mantenere ferma la voce, ma le era difficile. Che fosse spaventava, parve davvero chiaro a tutti e due.
- " Come ti chiami? " - le chiese Paola, porgendole un sorriso di conforto che funzionò. La quindicenne sembrò più rilassata.
- "Jade." - i due ragazzi sorrisero. Era un nome strano per un'italiana. E a giudicare dalla faccia, persino la ragazzina lo pensava. - "E' inglese, strano e insolito per un'italiana. Lo so. " - ammise.
- " E' grazioso, invece. " - la rincuorò Paola.
-" Grazie. " - rispose l'altra, arrossendo. Sì, era decisamente lei da piccola, pensò Poli. La ragazza, Jade, portò per un attimo lo sguardo su Mattia e divenne una pietra. Questo se ne accorse e non poté non cedere ad un sorriso divertito. Credeva di aver fatto breccia nel cuore di un'ennesima ragazza.
- " Non mordo, tranquilla. " - Jade non sembrò tranquillizzarsi, però.
-" Abbai troppo, infatti. " - Mattia osservò con attenzione la ragazzina, per poi rendersi conto della famigliarità con cui la ricordava. Sembrava l'avesse già vista, cosa probabile visto che lui amava passare serate segrete in quel locale, ma perché lo odiava a priori?
In un lampo un sorriso sghembo si posò tra le sue labbra, abituate a quell'espressione. Pensò che doveva certamente averla illusa con qualcuno dei suoi atteggiamenti 'terribilmente sexy e hot'.
- " Cosa ti ha fatto? " - domandò con neutralità Paola che, a differenza del ragazzo, era giunta ad una conclusione differente: Mattia doveva aver commettere un torto grande, per indurla a reagire in quel modo. Torto che non aveva niente a che fare con atteggiamenti da playboy, soliti in Briga.
-" Tutti i sabati io servo qui, per aiutare mia madre.." - bastarono quelle parole per far intendere al moro di cosa stesse parlando.
- " La figlia di Maria. " - sussurrò, portando la testa tra le mani.
" ..e proprio lei mi aveva chiesto di prendere le ordinazioni. C'era anche lui.." - continuò, alludendo poi al ragazzo. - " ..sono andata a chiedergli cosa desiderava prendere e lui, prima mi ha guardata schifato, poi mi ha detto di levarmi dalle palle perché doveva 'ammirare' quattro oche che facevano uno spogliarello ed infine mi ha lanciato una serie di minacce. E a pensare che mia madre lo reputa un bravo ragazzo. " - Paola rimase in silenzio qualche secondo, proprio come Jade. Non voleva guardare Mattia, sarebbe stata capace di prenderlo a sberle. Lui, invece, si sentiva tremendamente in colpa. Era stato rude, maleducato e bastardo con la ragazza la cui unica colpa era quella di aver fatto il suo lavoro.
- " Ti chiedo scusa. " - le disse allora, vedendo che nessuna di loro osava parlare. - " Sono stato uno stronzo e sì, mi sono comportato male." - Poli sorrise nell'ombra. Mai lo aveva sentito scusarsi prima con qualcuno.
La ragazza rimase per qualche secondo sulle sue, diffidente.
- "Non farai più il bastardo? " - chiese Jade, senza alcuna paura.
- " Mai più. " - le sorrise, prima di farla avvicinare e sussurrarle qualcosa all'orecchio, qualcosa che l'imbarazzò, ma che, come Poli si aspettava, mascherò.
- "Non funziona con me. " - disse ridendo. - " Cosa vi porto? "- ripeté, tra le risate sue e di Mattia. Risuonavano dolcemente nella testa della bionda che, seduta al fianco di Mattia, li contemplava soddisfatta.
I due ordinarono, prima di congedarla. Fu a quel punto che Poli prese ad ammirarlo, affascinata.
- " Cosa le hai detto? " - domandò, curiosa.
- " Gelosa? " - controbatté, avvicinandosi a lei che scoppiò a ridere.
- " No, sono solo curiosa. " - Mattia fissò gli occhi in quelli di Poli, stringendo le loro mani in una solida stretta, prima di parlarle.
-" Le ho detto che ha degli occhi bellissimi e che, sono certo, diventerà stupenda alla tua età, perché.. ti somiglia molto. " - quindi quella famigliarità non era stata solo frutto della sua immaginazione, convenne Paola che arrossì.
- " Quindi, io sarei bella. " - tentò d'incastrarlo.
- " Tu sei bellissima. "- non s'imbarazzò. Non perché non trovò del romanticismo nel complimento. Semplicemente sentì per la prima volta che quel complimento, da parte di Mattia, era dettato dal cuore, non da un astuto piano per incastrarla nella sua ragnatela.
Risero ancora, presi dal momento. Insieme erano perfetti, insieme erano loro stessi ed entrambi cominciavano a rendersene conto.
Jade tornò dietro al bancone, dopo aver portato ai clienti le ordinazioni, e si focalizzò su due di loro in particolare, mentre cominciava ad asciugare con una pezza alcuni bicchieri lavati poco prima. Paola e Mattia, ecco chi contemplava.
Sorrise. Lei era gentile, non sembrava quel tipo di ragazza fissata con trucchi e robe del genere, eppure era bellissima. Soprattutto, non era la solita 'puttanella' con cui il ragazzo se la spassava ogni sabato sera.
Mattia le pareva cambiato. Era sempre stato un maniaco, a suo dire. In quel momento le ricordava un ragazzo innamorato.
- " Sono carini, eh? " - le domandò sua madre, sbucando dalla porta che, dalla cucina, portava direttamente dietro il bancone del bar.
- " Lo sono. " - rispose, sorridendole. - " Fin quando lei non capirà com'è lui davvero. " - sospirò infine.
Sua madre la guardò per un attimo interdetta, poi prese a fissare il ragazzo e capì. Mattia non era tipo da relazione seria o da innamoramenti e, se si era spinto a tal punto da cambiare per lei, qualcosa doveva esserci sotto.
Posò una mano sulla spalla della figlia che accennò un sorriso amaro.
-" Quanto pensi durerà questa pantomima? " - chiese alla madre.
- " Durerà. " - rispose la donna, dopo aver lanciato un'occhiata alla coppia. - " Non credo che sia ancora iniziata, ma durerà.. " -
- " E io ti dico che quella ragazza soffriva come nessuno. " - Jade sembrava fermamente convinta del suo pensiero, cosa che lasciava perplessa la madre. Perché tanta sicurezza?
- " Non portare sfiga. " - bofonchiò.
- "Oh, credimi. Non voglio portargliene. Lei mi è simpatica. Ma quel tipo.. Mattia.. chi lo capisce è bravo. Com'è realmente fatto e cosa nasconde, lo sa soltanto il cielo. " - madre e figlia si guardarono, prima di lasciar cadere il discorso.
Una voce interiore suggeriva ad entrambe che il ragionamento della quindicenne era più che giusto.
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Correva nei corridoi del dormitorio, sentendo il fiato corto. E un ricordo si espandeva nella sua mente. Ripensava a quando pochi minuti prima aveva lasciato Paola davanti la sua stanza, a quando le aveva stampato un ennesimo bacio in prossimità delle labbra, consapevole di quanto avesse voluto spostarsi di pochi millimetri e lasciare un segno sulla bocca rossa della ragazza.
Poteva percepire ancora l'odore dei suoi vestiti penetrargli le narici, giungere al cervello e mandarlo in tilt. Un certo tremolio nelle gambe, gli fece ricordare persino le poche parole che si erano rivolti mentre si salutavano.
"-" E' stato bello. " - ride lei.
-" Già. Dovremo replicare. " - si affretta a dirle lui, trovando un'ennesima scusa per giustificare questa strana voglia di lei e dei momenti trascorsi in sua compagnia.
-" Perché no. " - termina Poli, allargandosi in un sorriso. Poche parole che lo lasciano perplesso. Lei è felice di ricevere un altro invito da lui, contrariamente a quanto si aspettava. Lei ama le loro risate e Mattia se ne rende conto.
Non è normale, non è assolutamente normale.
-" A domani allora. " - l'avvicina a sé e le bacia una guancia, prima di avvolgerla in un abbraccio inaspettato. Un abbraccio che nella sua mente tramuta in ben altro. Un abbraccio che stava a significare un "Ti voglio".
E riflettendo su quanto ha pensato, si allontana in modo brusco da lei, facendo poi finta di essersi ricordato di dover fare una piccola commissione, prima di andare definitivamente a dormire.
Un occhiolino, un sorriso e via.
Deve dimenticare i pensieri formulati poco fa, ma che solo in questo momento capisce essere stati parte di ogni suo attimo, da quando l'ha conosciuta."
Come un pazzo, arrivò davanti la porta di una stanza, non la sua. Fece per bussare, quasi incerto, ma all'improvviso il suo cellulare emise due bip ad indicare un messaggio.
Giorgio.
«Rientro tra un paio di ore. Cristian si ferma in hotel con Virginia.»
Non ebbe la forza di rispondere, né di mostrare un minimo di contentezza. Si sentiva soltanto sollevato, solo questo.
Stava per bussare ancora, ma si fermò.
Sicuramente in quella stanza c'erano due inquilini, non avrebbe potuto andare fino infondo lì. La sua stanza, fortunatamente, era libera.
Bussò, stavolta. Stropicciò gli occhi, riflettendo su cosa dire, prima che la portasi aprisse.
- " Mattia? Cosa..? " - non le diede tempo di aggiungere altro. La spinse poco più all'interno della stanza, baciandole le labbra fin troppo carnose, evidentemente finte.
- "Preparati, vieni da me per un paio di orette. " - Shaila sorrise, felice.
Stampò un ennesimo bacio sulle labbra del ragazzo, ripugnato. Si cambiò rapida, senza neppure avvisare la coinquilina, Susy, che dormiva beata.
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Gemiti, lamenti.
Era la terza volta che lo rifacevano, dopo ore. E Mattia sentiva che non era abbastanza. Shaila non lo soddisfaceva, perché il suo pensiero puntava sempre qualcun'altra che non immaginava nuda o in pose sconvolgenti.
Bastavano il suo sorriso e la sua voce o i suoi occhi e il movimento con il quale spostava i capelli dal viso.
Poli lo tormentava, e più il suo pensiero lo invadeva, più diventava rabbioso, sperimentava nuove pose, facendo impazzire Shaila che non aveva con lui lo stesso effetto.
I minuti trascorrevano, e con questi aumentavano le preghiere che Shaila gli rivolgeva, implorandolo di farla sua ancora, evitandole lo strazio di piaceri intensi, ma provocatori.
- " Ti prego Mattia." - gemette, alla fine. Il ragazzo si convinse, ormai stanco di starla a sentire. Penetrò in lei e diede inizio ad una serie di gesti che per poco lo liberarono da svariati pensieri.
Ancora gemiti, lamenti.
Alla fine si accasciò su di lei, stremato.
Sentiva il respiro della ragazza farsi più accelerato e probabilmente desideroso. Ma per il momento doveva frenare ogni desiderio, Giorgio sarebbe tornato a minuti.
-" E' ora che tu vada. " - le disse, tentando di essere meno sgarbato possibile.
- " Non posso rimanere con te? " - quel pizzico di dolcezza nella voce di Shaila, lo stravolse. Lo amava? Non doveva amarlo, perché lui non ricambiava nessun tipo di sentimento per lei, se non ribrezzo.
- "Giorgio tornerà a minuti. " - le stampò un bacio sulle labbra, poco convinto a lasciarla andare. Forse un ennesimo giro lo avrebbe saziato per qualche giorno, allontanandolo da pensieri impuri su Poli, ma si ridestò, ricordando il ritorno imminente di Giorgio.
Anche se poi, riflettendoci, erano passate più di un paio d'ore, il suo amico non era ancora rincasato e non era affatto da lui trasgredire un coprifuoco, se così è definibile.
In qualsiasi caso, non voleva comunque permettere alla ragazza di rimanere in sua compagnia.
Aiutò Shaila ad alzarsi, le raccolse persino i vestiti e quando fu pronta l'accompagnò alla porta. Dopo averle regalato un ennesimo bacio poco casto, la congedò.
- " Ciao Mattia. " - sussurrò quella.
- " Ciao piccola."- furono le sue ultime parole per quella notte. Parole che gli lasciarono uno strano sapore amaro tra le labbra.
Quel 'piccola' da lui detto, si addiceva ad una sola ragazza. E non si trattava di quella a cui lui l'aveva rivolto.
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Scommettiamo. Ti piace giocare?
Romancecopertina: @xEdenB - “ Se lo credi, scommettiamo. Ti piace giocare? “ – sul mio volto si stampò un enorme punto interrogativo che lo indusse a sorridere ancora. M’imbestialiva il fatto che lui fosse così calmo, così pacato e non si scomponesse mai...