3. One In A Million.

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"Tutte le ragazze con cui sono stato
Le cose che ho visto, ci vuole molto per impressionarmi
Ma sono sicuro che la tua anima ti fa distinguere da tutto il resto."
Ne Yo - One in a Milion.


Quel sabato, dopo l'arrivo di Cristian sonounfigo Lo Presti, decidemmo che, avendo a disposizione ancora due giorni di vacanza, avremo potuto pranzare in un fast food, concedendoci al freddo di Roma.
Girammo l'intera città a piedi.
In alto nel cielo risplendeva un sole i cui raggi erano evidentemente inesperti e ancora troppo fragili, ma necessari perché sui nostri volti comparissero sorrisi piccoli, ma appagati.
Pranzammo in un McDonald's, consapevoli che con la ripresa delle lezioni non avremo avuto tempo per panini, bevande gassate e tanti, troppi grassi.
Guardandoci, provavo uno strano senso di perfezione.
Lì al mio fianco c'erano tutte le persone a cui più tenevo e che da anni facevano parte della mia vita rendendola certamente non perfetta ad occhi altrui, ma la migliore per me.
Stash, Giorgio, Francesca,Cristian e Virginia.
Persone con le quali avevo instaurato grandi amicizie sin da quando ero una marmocchia e con le quali mai avrei creduto di poter passare gli anni migliori della mia vita.
Il braccio di Stash intorno alla mia spalla, le occhiate con Francesca,le risatine trattenute e complici con Virginia, i piani contorti con Giorgio, le prese in giro con Cristian. Ecco cosa amavo. E credevo che mai nessuno sarebbe stato in grado di distaccarmi da ciò che più trovavo bello nella mia vita.


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Infagottati nei nostri cappotti, seduti sulla scalinata esterna alla scuola,deserta se non per la nostra presenza, trascorrevamo il pomeriggio.
Chiacchieravamo degli argomenti più assurdi, spesso dei gossip interni al college, sfottendo chi ne era protagonista.
Ma con precisione, stavamo attendendo l'arrivo di qualcuno. Stash era restio in tema. Non voleva assolutamente dirmi chi stesse per arrivare e, come me, neppure Virginia e Francesca conoscevano l'identità di chi stavamo aspettando con impazienza.
Gli altri tre, invece, spesso parlavano in codice, evitando di farsi capire da noi altre. Quel loro atteggiamento mi fece intuire che ci fossero buone probabilità che le persone attese fossero amici comuni a tutti e tre e che non fossero poi tanto apprezzate da me, Virginia e Francesca.
Ma non volevo tirare conclusioni affrettate, perciò evitai d'indagare e mi limitai a trascorrere un pomeriggio invidiabile, sistemata sulla spalla del mio migliore amico.
Fu un messaggino che ricevette Stash a capovolgere la situazione.
«Woho, stiamo arrivando macho.» Stash lesse il messaggio e si fermò a guardarci uno ad uno, contenendo l'entusiasmo che traspariva in ogni angolo del suo viso.
- " Non sto nella pelle!" - esclamò Cristian che non riusciva più a controllarsi.
-" Sta arrivando un circolo di spogliarelliste? " - domandai,non capendo la loro euforia.
- " Meglio.." - rispose Stash, prima che fosse Cristian a farlo. Questo infatti avrebbe spifferatola verità da un momento all'altro, se Giorgio non l'avesse trattenuto, ponendogli una mano davanti alla bocca.
- "Svegliatemi quando questa sceneggiata sarà finita. " - sbottai all'improvviso, distendendomi sopra un gradino ad occhi chiusi. Percepii delle risate che scaturirono un sorriso in me, ma evitai dimostrarlo.
Trascorsero una manciata di secondi e sussultai a causa di grida di benvenuto, mentre al mio fianco, Stash si alzava rapido per avvicinarsi agli arrivati.
- " Sono arrivati? " - chiesi alle ragazze al mio fianco.
- " E non immagini chi è arrivato!" - sussurrò Francesca. Aprii appena un occhio per dare un'occhiata a Virginia, che se la rideva sotto i baffi, e a Francesca che avrebbe dato di matto in meno di un minuto.
Le loro facce m'intimorirono e non potei fare a meno di esclamare:
- "Ma chi.." - voltandomi, desiderai non averlo mai fatto.
Mi ritrovai ad osservare Gabriele Tufi e Mattia Bellegrandi, entrambi migliori amici di Stash, Giorgio e Cristian, entrambi parte della squadra di calcio, entrambi ambiti.
Li detestavo, non tanto Gabriele, quanto Briga.
Il primo era compagno di stanza di Stash e mai ci eravamo rivolti la parola, se non per salutarci, quando eravamo messi alle strette.
Possedeva una bellezza sconvolgente eppure, non mi era mai parso così simpatico.
Consideravo il secondo uno spaccone perché, a differenza del primo, parlavo spesso con lui. Più che parlare, discutevamo o battibeccavamo fin quando non ce ne dicevamo di tutti i colori, provocandomi un irritante fastidio alla bocca dello stomaco.
C'era qualcosa in quei suoi occhi così verdi che generava in me una strana sensazione,sensazione piacevole e odiabile.
Per questo, se e quando mi era possibile, evitavo Mattia Briga.
L'unico hobby di quel ragazzo consisteva nel tormentarmi con battutine, spesso squallide, nel prendersi gioco di me e di chiunque lo circondasse e non fosse ritenuto all'altezza del grande Bellegrandi.
Odiarlo non richiedeva una laurea, quindi per me era un gioco da ragazzi mostrargli quanto poco fosse gradevole e simpatico il suo modo di fare e non perdevo occasione di farglielo notare, quelle tante volte in cui avevo voglia di non lasciargliela passare. A suo favore andava il suo apparire un dio dell'olimpo ai miei occhi.
Il problema,in quel momento, era un altro. Stash, come Giorgio e Cristian, sapeva quanto odiassi quei due. Se Virginia e Francesca riuscivano a trattenersi nei loro confronti, io non ne ero capace, per questo avevano mantenuto il segreto fino alla fine.
Però, a vederli,quei cinque formavano un bel quintetto. Difficilmente ero stata spettatrice di amicizie simili alla loro, sentivo quindi il cuore scaldarsi alla vista degli abbracci che scambiavano tra di loro.
Se poi consideravo i singoli elementi, allora permanevano i pregiudizi.
Non che gli ultimi due arrivati avessero una cattiva media scolastica o la reputazione di mentecatti. Insomma, erano stati spediti per l'intero mese precedente alle vacanze natalizie in un viaggio di studio in Spagna per essere tra gli allievi che più spiccavano in diverse discipline, ritornando giusto in tempo per l'ultima festa.
Con sincerità, non sapevo cos'altro studiassero, oltre che frequentare i corsi di calcio. Ma poco m'importava.
La realtà era che quel quintetto era rispettato da chiunque perché a chiunque incutevano timore.
La realtà era che se non li avessi conosciuti, li avrei potuti definire bulli. Ma non lo erano, almeno non tutti e cinque.. Giorgio e Stash erano i più bonaccioni, Cristian era una mina vagante, basta poco per renderlo felice, altrettanto poco per farlo esplodere. Tra i due restanti c'era poca differenza, tranne per il fatto che Briga era decisamente più propenso alla lotta, se non era servito e riverito.
La realtà era che la vera essenza di quei cinque, era presente solo a loro cinque. Per gli altri potevano apparire, bulli,a volte bravi ragazzi oppure studenti modello.
Ma, come già detto, il loro vero essere era conosciuto solo in quel quintetto.
I ragazzi erano concentrati nei loro saluti. Li osservavo in silenzio, prevedendo una ritirata in pochissimi secondi. Conoscendo Briga, ero certa che gli sarebbero bastati altrettanti pochissimi secondi per far nascere in me una voglia matta di prenderlo a sberle.
Sarebbe bastato un "Ciao Paola" con l'aggiunta di qualcuna delle sue battutine, ritenute da lui stesso formidabili, per me inutili proprio come la sua esistenza, per dare inizio alle mie urla e alle sue risate.
Era divenuta un'abitudine. Un'abitudine senza la quale non vivevo nemmeno più.
Portai per un attimo lo sguardo esclusivamente su di lui e lo trovai intento a fissarmi.
Non un sorriso, non una smorfia.
Mi osservava in silenzio, atteggiamento assai strano per Mattia fammilargoneltuoletto Bellegrandi.
Ipotizzai si fosse incantato, mentre ragionava del più e del meno. Quel ragazzo non poteva davvero avere una chissà quale capacità intellettiva, per ragionare dei grandi problemi del mondo, come il riscaldamento globale, la siccità o le piogge acide.
Nella mia mente si formulavano i più svariati pensieri che nella testa di Mattia avrebbero potuto avere un posto d'onore.
«Chissà se Luana stasera è libera.»
«Devo depilarmi le gambe o il bosco di Hansel e Gretel spaventerà tutti i ragazzi in campo.»
«Woho, quella tipa è proprio una sventola.»
E andai avanti per minuti e minuti, immobile, seduta ancora sulla scalinata con la schiena poggiata al muro, osservandolo incerta su quanto stesse pensando.
Di tanto in tanto spostava lo sguardo, quando uno dei suoi amici lo richiamava all'appello, per poi riportarlo proprio su di me.
Sentivo le guance andare a fuoco e non era normale che fossi io ad arrossire.. non con lui.
All'improvviso lo vidi avvicinarsi, con estrema lentezza, alla scalinata, lasciando tutti di stucco non perché stesse per salirla, ma perché lo stesse facendo per dirigersi verso di me.
- " Hey, emm.. ciao. " - mi salutò. Un attimo.. mi aveva salutata?! Cioè.. perché?
E sembrava fosse imbarazzato visto il suo portare la mano dietro la nuca che grattava con insistenza.
Ci guardavano tutti in silenzio, sorpresi. E lo ero anche io. Non perché mi stesse salutando, ma perché lo facesse con garbo.
- " Tutto ok? " - chiese poi,tentando di sbloccare la situazione, notando che io non avevo ancora accennato ad un saluto anche minimo.
- " Le scopate con le spagnole ti hanno fuso il cervello, Bellegrà? " - feci sbottare un po' tutti in risatine. Lui stesso sembrò più rilassato della mia reazione.
Io non ero calma. Dentro di me un uragano aveva preso il sopravvento, non era affatto normale che Mattia Briga si rivolgesse a me con quei toni e maniere.
- " Non proprio. " - ed era ancora più strano che lui non ribattesse come era solito fare. Non che non mi piacesse, ma non gli si addicevano le vesti da bravo ragazzo.
- " Oh, non dirmi che la mamma ti ha costretto alla cintura di castità." - lo ammetto, questa era crudele.
Ma di Mattia non c'era da fidarsene, ero certa che prima o poi sarebbe venuto fuori il vero motivo per il quale si dimostrava umano, parola che nel suo vocabolario non esisteva. Quindi perché scomodarsi per essere gentile con uno come lui? Non mi piacevano i tipi come lui. Trovavo sciocchi i tipi come lui. Detestavo i tipi come lui.
- " E alla tua è preso un colpo, sapendo che sei ancora una verginella senza speranze? " - lo guardai e sorrisi contro ogni mia volontà. Una parte di me mascherava quel sorriso, ripetendosi che aveva finalmente scovato Mattia, quello che tutti conoscevano. L'altra, invece, rifletteva su quanto fossero belli i suoi occhi.
Erano pensieri sfusi, insoliti. Ma ero solita farne di questo genere su qualunque ragazzo mi capitasse a tiro. Avevo sempre pensato che bastasse osservare i suoi occhi, per capire se un ragazzo fosse apposto o meno. E se s'intravedeva un pizzico di dolcezza in questi, seppur nascosta, allora il suo animo era buono.
In Mattia vedevo tutto ciò, eppure la mia opinione sudi lui non cambiava, anzi peggiorava di giorno in giorno. Non riuscivo, forse non volevo, capire sé quella fosse una mia costrizione o se fosse la semplice, dolorosa verità.
- "Ora ti riconosco! " - affermai, fiera. Sul mio viso comparve un sorrisino fanatico, stile 'io posso, tu no.' perché ero stata capace di scatenare la parte di lui che mi ostinavo a conoscere. Chiusi gli occhi e tornai a poggiarmi con la schiena contro il muro delle scale, ancora con quell'aria superficiale che non mi si addiceva.
- " Tu non ti stanchi mai, Marotta? " - la freddezza nella sua voce, mi costrinse ad aprire gli occhi e a ritornare in me.
- " Di fare cosa? " - chiesi con maniera, proprio a lui.
- " Di discutere.. con me. " - questa volta fui io a ridere e non lo facevo perché mi sentivo colpita, ma più che altro presa in giro.
- " Mai, Briga. " - stetti ad un gioco che probabilmente solo a me sembrava esserlo.
- " E se fossi io ad essermi stancato? " - si chinò per avvicinarsi più del dovuto al mio viso, ai miei occhi. Potetti osservarli così a fondo che scrutai del buono per miglia e miglia, buono che confondevo con bastardaggine.
Sentii le sue mani posarsi sulle mie spalle per stringermi e avvicinarmi ancora di più a se. Ed eravamo talmente vicini che involontariamente le mie narici inalavano il suo profumo e il mio corpo s'inebriava di questo.
Eravamo talmente vicini da non poter abbassare lo sguardo, per non doverlo calare sulle sue labbra che trovavo perfette, maledicendomi per quel pensiero che ritenevo sconcio e inappropriato se in riferimento a Mattia.
Eravamo talmente vicini ed era inevitabile che io sentissi il suo respiro farsi corto a causa di non so cosa, ed il suo cuore palpitare più forte e veloce del dovuto.
Percepii una scossa, perdendomi nei suoi occhi.
Stavo impazzendo, in quel momento ne avevo la certezza. E ne ebbi prova quando pochi istanti a seguire una scena si proiettò nei miei occhi come nella mia mente:

"- "Cerchi qualcuno? " - un tizio ha posato un braccio lungo la mia vita e, con un sussurro, è riuscito a provocarmi una scarica di brividi.
Mi volto e trovo i suoi occhi, tremendamente belli e chiari."

Per un attimo li ricordai. Ma poi subito quell'immagine si dissolse nel nulla.
Rivedevo quegli occhi che stavo osservando da due minuti scarsi, senza proferir parola, pensando ancora a come fosse possibile che fossero neppure simili.. ma identici agli occhi del tipo della festa.
- " P-probabilmente ti sei innamorato. " - risposi balbettante.
- " Di te? " - domandò, accennando un sorriso irritante. - " Pensi che potrei mai farlo?" - annuii poco convinta. Secondo quanto riportavano le mie pagine e pagine di critiche su di lui, Bellegrandi non aveva cuore per innamorarsi davvero. Era un tipo da 'se ti concedo una notte dovresti solo che accontentarti.'
- " Non potresti, tu sei innamorato." - ribattei, con un po' di quella mia strafottenza che sperperavo con lui, per poi non averne in casi più critici del suo.
- " Se lo credi, scommettiamo. Ti piace giocare? " - sul mio volto si stampò un enorme punto interrogativo che lo indusse a sorridere ancora.
M'imbestialiva il fatto che lui fosse così calmo, così pacato e non si scomponesse mai, qualità che mi avrebbe fatto perdere qualsiasi scommessa già in partenza.
- " Si? " -
- " Allora facciamo un gioco:parliamo al telefono, usciamo insieme, ridiamo e scherziamo.." - si fermò proprio sul più bello, lo guardai ancora perplessa per poi chiedergli:
- " E poi? " - lui sorrise quasi con dolcezza,una dolcezza differente dalle altre. Posò una mano sopra una delle mie guance e rispose, quasi fosse la risposta più logica al mondo:
-" E poi niente, il primo che s'innamora perde. " - sbarrai gli occhi, fissandolo.
Era serio.
Credeva di vincere?
Credeva che sarebbe stato così facile conquistarmi?
O forse credeva che fossi già innamorata di lui?
- " E chi s'innamorerà per primo cosa farà? " - chiesi, infine, troppo coinvolta in quella storia.
- " Semplicemente, lo dirà all'altro e metterà fine al gioco. " -
- " Alla scommessa. " - lo ripresi.
- "E' uguale. Allora, ci stai? " - mi tese una mano che guardai con attenzione. Stringerla avrebbe significato dare inizio ad una serie di emozioni, di sensazioni nuove. Avrebbe significato dare vita ad un gioco più grande di me, di noi.
Rifiutarla avrebbe significato rimanere nell'incertezza, senza sapere cosa sarebbe accaduto se l'avessi accettata.
Quindi tra le due optai per la più rischiosa, quella che più suonava nuova alle mie orecchie.
Strinsi quella mano. E non me ne pentii affatto, sapevo a cosa andavo incontro.
Ma non sapevo a quale gioco stessi giocando.


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Narratore esterno

La ragazza strinse la mano di Mattia. Quello sorrise ancora, compiaciuto. C'era riuscito.
Era sicuro di vincere, proprio come programmato.
Era sicuro di avere finalmente una copertura, come programmato.
Si allontanò e le lanciò un occhiolino di cui presunse la ragazza non avesse capito il reale significato. In fin dei conti non l'aveva compreso neppure lui.
Si avvicinò al gruppo di amici che lo guardava esterrefatto, avendo sentito ogni singola parola del discorso fra i due.
Giorgio, in particolare, sarebbe stato capace d'incenerirlo con lo sguardo severo che gli rivolgeva. Ma a Mattia non interessava.
Aspettò che le ragazze si alzassero per entrare e che si formasse del chiacchiericcio per coprire la sua voce. Quando anche Giorgio si fu allontanato con Cristian, chiamato da Virginia, il moro si decise a sussurrare poche parole a Gabriele, consapevole che Stash fosse lì con loro e che, da migliore amico quale era, non avrebbe fatto un fiato con nessuno, specie con Giorgio o Paola.
- " Prepara i venti euro. " - il moro batté una mano sul petto dell'amico che lo osservava, convinto che il piano del suo amico sarebbe andato a puttane.
- " Tu prepara a rimanerci scottato. " - a Stash bastò uno sguardo di Gabriele per capire l'intera situazione e immediatamente portò una mano sul viso che fece passare sulla sua superficie, preparandosi psicologicamente al peggio.
Ricapitolando: Mattia aveva proposto una scommessa alla sua peggior nemica. Chi prima si sarebbe innamorato avrebbe perso. Sapeva di avere la vittoria in tasca, ma il peggio era che prima di quella scommessa, ne aveva aperta un'altra con Gabriele: se la bionda si fosse innamorata, Gabriele gli avrebbe dovuto venti euro.
La situazione stava degenerando.
- " Taci, Gabri. " - lo avvertì il moro, con un tocco di divertimento nel tono.
Nulla lo avrebbe fermato.
Nulla gli avrebbe impedito di riprovare ancora quelle sensazioni.
Nulla, tranne un gioco sleale da parte dei suoi amici. Un gioco simile al suo, ma di cui nessuno era stato messo al corrente.
Stash e Gabriele si avviarono su per le scale, decisi a dirigersi nella loro stanza. Mattia li seguì.


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