6. Dipendenza Fisica.

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"Mi piace perderti
poi riprenderti, eccedere,
alla voglia che ho di te."
Noemi - Dipendenza Fisica.




Anche quella sera, non appena percepii le palpebre calare, il mio cellulare squillò. Avevo quasi perso le speranze, ma quando il cellulare vibrò, al di sotto del mio cuscino, pur trovandomi nel dormiveglia, sorrisi.
Sapevo che lui non mi avrebbe delusa.
Afferrai svelta il cellulare e lessi il contenuto del messaggio ricevuto:
«Agitata per domani? Dovresti.
Notte, piccola. Sognami perché io lo farò.» Sorrisi. Mi aveva chiamata piccola, che detto da Briga non era niente altro che un soprannome più dolce del solito o usato in un momento in cui il vero nome della ragazza con cui stava parlando, gli sfuggiva di mente.
Non sapevo se rispondere o fare la sostenuta, dopotutto mi trovavo in preda al sonno. Ma, di quel passo, non sarei stata io a vincere quella scommessa. E non doveva accadere.
Capovolsi velocemente il cellulare e digitai qualcosa d'insolito:
«Sognami perché io lo farò.' Quindi ti sognerai, Brì?»
«No, piccola. Non ho bisogno di sognarmi, so già di essere un gran figo.
Intendevo che, solo per questa notte, ti sognerò.» sorrisi ancora, ma non me ne resi conto. Fu un gesto istintivo. Lui, tutte quelle illusioni.. sapevo che le sue erano solo parole, ma comunque mi sentivo apprezzata.
«Dì la verità: continui a chiamarmi piccola perché hai dimenticato il mio nome.»
«Assolutamente no, piccola ;)» decisi di metterlo alla prova.
Alla peggio, sarebbe passato per demente, non ricordandosi il nome della ragazza con cui flirtava e aveva una scommessa in corso.
«Oh, e allora come mi chiamo?»
«...» rimasi di stucco, non ricordava il mio nome!
«..sei un coglione.»
«E tu sempre molto gentile, Poli»
«Bello schifo, te lo sarai fatto dire da Giorgio.» in effetti, loro erano compagni di stanza insieme a Cristian, il che rendeva forte l'intera situazione: Cristian era il ragazzo di Virgi, a Francesca piaceva Giorgio e io e Mattia.. eravamo "amici". In quel momento sperai con tutta me stessa di non diventare la sua scopa amica, sarebbe stato imbarazzante!
«Tuo cugino dorme.» sì e io era la regina Elisabetta.
Senza nemmeno pensare alle conseguenze delle mie azioni, infilai un paio di ciabatte con su disegnati dei porcellini rosa e, facendo attenzione affinché le mie coinquiline non si svegliassero, mi diressi al di fuori della stanza, lungo il corridoio.
Erano le dieci e mezza e le luci nei corridoi sarebbero state spente alle undici, precise. Avrei impiegato pochi minuti per accertarmi che Giorgio dormisse e sapevo bene cosa fare.
«Se lo dici tu.» risposi, giusto per non creare sospetti.
La loro stanza si trovava sul mio stesso piano, tre corridoi dopo quello in cui si trovava la mia.
Cercai di non dare nell'occhio, anche se era pochissima la gente ancora in giro.
«Non ti fidi?» domandò lui.
Giunsi proprio davanti la loro stanza, quando mi arrivò il suo messaggio. Ancora una volta, con estrema velocità, risposi:
«Dovrei?» accostai l'orecchio alla porta e attesi di sentire qualcosa, qualsiasi cosa che mi desse prova della sua "innocenza".
Ma percepii delle risate soffocate, precedute dalla canzoncina di un cellulare. Segno che aveva ricevuto il messaggio e che ne avevano riso.
Sapevo che di Briga non ci si poteva fidare.
«Dovresti.»
Altre risate che mi spinsero a bussare alla loro porta, con un sorriso maligno stampato sul viso. Ero decisa a farmi valere. Detestavo il modo in cui si prendeva gioco di me, credendo che con poco sarei caduta ai suoi piedi.
Non aveva inteso che sarebbe stato lui a fare quella fine.
Si sentì solo silenzio, fin quando un Mattia in bermuda e petto nudo, aprì la porta.
Notò il mio sorriso maligno e mi scrutò con un enorme punto interrogativo sul volto.
«Fottiti.» pensai, bastarda.
Mi feci largo, scansando Mattia malamente ed entrai incamera.
Trovai Cristian sul suo letto, intento a giocare con una PSP che appariva nuova di zecca e che rideva per un nonnulla. Giorgio dormiva beato nel suo letto. Infine c'era il letto di Mattia, disfatto su cui giaceva il suo cellulare.
Mi sentii in completo imbarazzo.
- " Te lo avevo detto che dormiva. " - incalzò lui, notando il mio rossore.
- " Devi fidarti, piccola. " - disse ancora, prima di stamparmi un bacio sulla guancia che prese ancora più colore.
Il mio respiro si spezzò, diventando irregolare e lui ancora se ne accorse. Quindi, posò con delicatezza inaudita, le mani lungo i miei fianchi, stringendomi da dietro. La mia schiena ed il suo petto combaciavano. Potevo sentire a perfezione il suo cuore battere, il suo respiro sulla mia pelle farsi irregolare. Inspiravo il suo profumo.
In un lampo, un ricordo.

"Percepisco solo il suo tocco angelico lungo il mio corpo ormai quasi totalmente privo di vestiti, tranne che di intimo nella sua parte inferiore."

Gemetti, allontanandomi da Mattia.
C'era qualcosa in lui che mi faceva impazzire.
- " Te lo avrà ricordato Cristian. " - ribattei per riscattarmi.
- " Prova a parlargli. " - disse, incrociando le braccia al petto con sicurezza.
Lo feci. Lo chiamai circa una decina di volte, ricevendo da lui come risposta dei versi strani. Grugniti o forse lamenti, non saprei definirli, troppo concentrato sul suo gioco.
-" Ora mi credi? " - domandò, voltandomi verso di sé ed avvicinandomi ancora al suo petto nudo.
Deglutii rumorosamente. Cosa diamine mi prendeva?
- " Forse. " - Mattia posò una mano sulla mia guancia per poi accarezzarla. Notai che il polso, in corrispondenza della mano con cui mi accarezzava, era coperto con un polsino nero. Mi domandai che senso avesse tenere un polsino persino la notte, ma subito venni distratta dal suo continuo avvicinamento.
Sarei potuta svenire, se non mi avesse tenuta perla vita.
Avvicinava con lentezza il mio viso al suo, facendomi sentire stupida.
Stavo cadendo nella sua trappola, di già?
Mancava davvero pochissimo perché mi baciasse, ma il battere di nocche sulla porta ci richiamò all'attenti. Sbarrai gli occhi.
Non dovevo trovarmi lì.
L'unica persona che, teoricamente, poteva "disturbare" degli alunni a quell'ora era Alessandra, il controllore del nostro piano, una tipa tosta che sapeva metterci di buon umore, come farci rigare dritti.
- " Nasconditi! " - mormorò Mattia, anche lui agitato. E Cristian, che non ci aveva rifilato nemmeno un'occhiata, tutt'un tratto si risvegliò dal suo gioco e balzò in piedi.
- " Nel bagno." - suggerì.
-" No, lì potrebbe trovarla. Sotto il letto. " - il moro mi spinse sotto, senza lasciarmi obbiettare, e Cristian mi aiutò a nascondere le gambe.
Si percepirono ancora battiti sulla porta. Le luci si spensero, Cristian si fiondò nel letto e finse di dormire, mentre Briga andò ad aprire la porta, con fare teatrale.
- "Stavo dormendo. " - disse duro, a chiunque ci avesse disturbati.
- " Controllavo che non avesse organizzato altri festini notturni, Signor Bellegrandi. Le ricordo che questo è il dormitorio di un college rinomato. Non un ritrovo per il sesso." - come presunsi era la voce di Alessandra.
E proprio ascoltando il controllore, mi resi conto che in quella stanza ne erano successe di tutti i colori. Fu per quello che, alzando lo sguardo verso la parte del letto confinante con il muro, ritrovai un perizoma rosso fuoco che giaceva intatto.
Ebbi un conato di vomito che dovetti trattenere, sentendo i due ancora discutere, mentre Mattia rassicurava Alessandra su come lui fosse un bravo ragazzo.
Non appena chiuse la porta, la luce venne riaccesa e io balzai fuori dal mio nascondiglio.
- " Vado via. " - dissi, sistemandomi il pigiama sgualcito.
- " Non puoi. Alessandra si aggira nel corridoio. " - il moro mi fermò per il polso. Quell'azione m'irritò parecchio. Forse perché pensare che con quelle stesse mani aveva sfilato il perizoma rosso che si trovava sotto il letto, mi faceva ribrezzo.
- " Me la so cavare! " - sbottai, nervosa.
Lanciai un'occhiata sia a lui che a quella sorta di mutande che s'intravedeva dal pavimento e feci per uscire.
- "Ah, una cosa. " - iniziai, aprendo la porta. - " Togli quel perizoma da sotto il letto, se non vuoi che Alessandra pensi che tu sia più puttaniere di quanto già sei. " - detto ciò, me ne andai, battendo la porta.
Non capivo lui. Non capivo me stessa. Non capivo la mia reazione.
Una cosa era certa: non poteva prendersi gioco di me e nel frattempo farsela con altre mille ragazze.
Non l'accettavo.



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-"Hai trovato un perizoma sotto il suo letto? " - quello di Francesca fu più che altro un urlo. E fu inevitabile che io la guardassi in malo modo, mentre infilavo alcuni libri nel mio armadietto.
- " No, ma dico. Urla più forte che in Antartide non ti hanno sentita. " - mi lanciò un'occhiataccia, quasi fossi stata io quella che aveva urlato.
- " Non pensavo fosse così.." - si sforzava nell'inutile tentativo di trovare un aggettivo da poter attribuire a quel ragazzo, ma niente era abbastanza per Mattia Bellegrandi.
- " ..schifoso non basta. "- risi della sua spontaneità.
In fondo, noi conoscevamo Briga per il puttaniere che si era sempre dimostrato ed era da stupidi illudersi che lui potesse cambiare.
- " Hey. " - s'intromise Virgi, sbucando dall'aula di inglese. - " Di che parlavate? "- le spiegai in breve dell'accaduto, ma lei a differenza di Francesca non poté fare a meno di trattenere le risate.
Virginia conosceva Mattia sicuramente meglio di me e insisteva dicendo che, pur sforzandosi di apparire un sempliciotto, era più profondo di qualsiasi altro ragazzo frequentante quella scuola.
Ridevo del suo credere Mattia un saggio.
Eravamo condotte tutte e tre verso l'aula di scrittura per l'ultima ora di lezione, prima del pranzo.
Passammo davanti la solita "porta degli sportivi". Era come sempre affollata.
Non ero stata mai interessata a riconoscerei soggetti che vi si accalcavano. Ma quella mattina fu diverso.
Voltai lo sguardo e incontrai il suo.
Mi guardò, trattenne un sorriso. Lo trattenne, non me lo regalò.
Trovai scontato il suo comportamento. La sera precedente lo avevo trattato nel peggior modo sperabile.
Ero rapita da quegli occhi, mentre lui sprofondava nei miei.
Lo guardai per una manciata di secondi, poi lo superai accompagnata dalle mie amiche.
- " Ti ha guardata. " - esclamò Francesca.
- " E sorriso! " - ribatté Virginia.
Riuscii soltanto a mettere su un sorriso, sognante.
Era tutto così maledettamente folle. Era tutto come doveva essere.


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Sbuffai.
Erano le quattro e venti e mi trovavo ancora in camera, incerta se presentarmi all'appuntamento con Mattia o meno.
A dire la verità ero pronta, ma volevo vedere per quanto mi avrebbe attesa.
Le lancette dell'orologio ticchettavano, insistenti, mettendomi pressione. Volevo andare, ma una vocina nella testa mi consigliava di rimanermene in camera. Più che un consiglio, assomigliava ad un ordine, vista la paura che mi aveva infuso.
Ma io volevo andare a quel maledetto appuntamento, volevo sfidare la sorte, volevo sputtanarmi e sputtanarlo come peggio potevo.
Volevo sentirmi potente, certa che prima o poi sarei riuscita a farlo innamorare di me.
Afferrai il cellulare e la borsa nella quale infilai le chiavi della stanza, una volta chiusa.
Il dormitorio era gremito di gente, cosa che mi faceva passare inosservata, proprio come volevo.
Avevo un'assurda paura di farmi vedere dal mondo.. con Bellegrandi. Paura di essere giudicata perché per una santissima volta non tutto circolava come da regolamento, perché un giocatore di calcio deve limitarsi alle sue sgualdrine e una ragazza con la passione per la musica non deve farsi abbindolare dal bell'imbusto della scuola.
Il corso naturale della vita stava mutando, eravamo noi a mutarlo. E questo intimoriva in molti, ma in pochi come me avevano la sana presunzione di volerlo affrontare.
Arrivai davanti l'entrata e vidi Mattia seduto sul muretto, spazientito. Fumava una sigaretta con insistenza, mentre osservava un punto del pavimento in marmo, esterno, che non riuscivo ad identificare.
«Brava cogliona, non hai fatto altro che fargli girare le palle. Ma quantos ei stupida.» mi ripetevo, perfettamente consapevole di ciò che mi sarebbe accaduto.
Mattia sapeva essere violento, non che picchiasse le ragazze, ma sicuramente mi avrebbe messo al mio posto.
Mi avvicinai in estremo silenzio, tenendo le mani nelle tasche del giacchetto. Ricordavo un idiota, devo ammettere che in quelle vesti calzavo a perfezione. Era perso nei suoi pensieri, ma mi notò comunque. Mi riconobbe, senza rivolgermi neppure uno sguardo.
- "Guarda chi mi degna della sua presenza. " - disse ironico.
- "Ciao, Brì. Niente scopata oggi? " - lui sogghignò, mi piaceva il modo in cui rialzava appena l'angolo destro della bocca, a mo' di sorriso. Saperlo, mi metteva ancora più in soggezione.
- "Ammettilo, Marotta. Il discorsetto di ieri sera di Alessandra ti ha sconvolto a tal punto da dover fare la viziatella e arrivare con ben venticinque minuti di ritardo alla nostra uscita. Non male, Marotta. Non male. " - rimasi ferma, a pochi passi da lui, con le braccia conserte e lo sguardo alterato, puntato sulla sua persona che m'ignorava con estrema tranquillità.
- " Ah, davvero? E cosa avrebbe dovuto sconvolgermi di preciso? " - domandai.
- "Non so. Forse sapere che ho scopato con circa una decina di ragazze nello stesso tempo, nella mia stanza. O forse è stato il perizoma rosso.. sì, è sicuramente colpa del perizoma." - mi stava letteralmente prendendo il culo e io lo lasciavo fare perché diceva la verità. Ero stata talmente bambina da rimanerci dannatamente male, sapendo che in quella stanza ne aveva combinate davvero tante e che in lui non esisteva un lato buono. Era solo un puttaniere, un fottuto puttaniere con cui avevo una scommessa in corso.
- " Non credi che il tuo enorme ego ti porti a sparare delle cavolate? " - sorrise ancora, ma questa volta mi rivolse uno sguardo che mi lasciò scioccata. Era così rilassato e sicuro di sé, da farmi sentire idiota.
- " No, affatto. " - buttò a terra la sigaretta che schiacciò subito con il piede, mettendosi in piedi. Poi si avvicinò e con fare sensuale mi stampò un bacio sulla fronte sussurrando: - "Vai a giocare con le barbie, verginella." - il sangue nelle vene mi si congelò.
Non ero vergine e lui, presunsi involontariamente, aveva toccato l'argomento su cui ero più vulnerabile. Mattia era capace di denudarmi con un semplice sguardo, una parola, un gesto, il più semplice possibile.
Sì allontanò di poco, varcò appena l'entrata, ma poi compì un solo passo che gli permise di arrivare alle mie spalle e sussurrare in un mio orecchio:
- "Comunque una scopata in programma ce l'avevo.. ed eri tu."-




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Voglio solo dirvi che apprezzo tantissimo i vostri commenti, i vostri consigli, i vostri scleri ma vi prego di non commentare e stressarmi scrivendo solo "quando continui?" visto che a volte pubblico anche due/tre capitoli al giorno poichè le storie che pubblico sono già finite. Commentate per motivi reali, grazie mille :)

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