"Sono un peso leggero, sarebbe meglio se stessi attento a quello che dici
con ogni parola volo via
Tu hai il controllo del mio cuore."
Demi Lovato - Lightweight
Chiusi con forza la porta della camera.
Ero nervosa. Ero sempre nervosa il lunedì mattina, ma non appena mettevo piede sul marciapiede della scuola, mi rinfrancavo, sapendo che non sarei stata sola, che avrei alternato momenti di noia a momenti che avrei ricordato come i migliori, trascorsi con persone speciali.. e no, non mi riferivo a quella pazza della prof. di matematica, la Zerbi.
Non la sopportavo.
Come al mio solito, camminavo con passo lento per osservare un po' quel che mi circondava.
Dirigendomi al bardella scuola, scorsi l'enorme insegna frontale alla scuola.
La mia era una scuola dedicata alle arti, di qualsiasi genere: scrittura, musica, ballo, sport (con le svariate categorie), fotografia per arrivare anche all'arte della scultura, pittura,disegno e chi più ne ha, più ne metta.
Era una scuola normalissima: si studiavano le materie principali come l'italiano, la matematica, una lingua straniera, la storia e la geografia. A ciò si aggiungevano tre corsi a nostra scelta, soprattutto in base alle qualità e le passioni che spiccavano in noi.
Io avevo scelto scrittura, musica (che comprendeva il canto e l'apprendimento di uno o più strumenti, più la storia della musica) e ballo.
L'ultimo corso, più che per passione, l'avevo scelto per curiosità, ma poi era diventato fondamentale. Amavo unire passi di danza a musica da me composta. Ero un genio in quel genere di cose.
La scrittura era il mio amore nascosto.
Scrivevo di tutto, manipolavo e rendevo poesia per canzoni anche le cose più banali o semplicemente scrivevo per sfogare tutto quello che con una tastiera e corde vocali non mi era possibile fare.
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Chiusi l'armadietto e sussultai. Francesca si trovava al mio fianco e non l'avevo affatto notata.
- " Se volevi farmi venire un infarto, t'informo che non ci sei riuscita. " - affermai subito, ironica. Lei rise. Amavo la sua risata, era contagiosa.
- " Può darsi. " -rispose, passandomi un braccio intorno al collo. Alla prima ora avevamo entrambe storia della musica quindi, come sempre, ci dirigevamo insieme verso la stessa aula.
- " Allora.. pronta per il primo giorno dopo le vacanze? " - domandò, scuotendo una ciocca di capelli che, essendo fin troppo lunga, le impediva la vista.
- " Non si vede?" - la riccia sorrise, sapendo fin troppo bene quanto poco fossi entusiasta della ripresa, non per la scuola, ma per determinati ricordi che mi allertavano.
- " E cos'hai in programma per il fine settimana? " - domandò a seguire.
- " Siamo appena rientrate, Franci. " - le lanciai uno sguardo ovvio, ma lei con il suo mi fece intendere che voleva saperne di più. - " Controlliamo l'agenda.." - sospirai. Francesca partì in quarta con le risate. Conosceva fin troppo bene la mia risposta. Estrassi il cellulare dai pantaloni e lessi quel che c'era scritto. - "..finire tesina sull'America, completare nuova canzone, mixare musica per la lezione di martedì prossimo, provare musica mixata, ascol.." - mi fermò.
Credo non fosse neppure minimamente sconvolta dal fatto che avessi una baraonda di compiti arretrati, mentre sapere che avrei passato il fine settimana in camera, l'aveva lasciata senza fiato.
- " Ok, ora termina tutti gli impegni perché questo sabato sera usciamo. " -
- " Per andare dove? " - nella mia domanda non c'era un reale interesse, ma per non essere ineducata, gliela porsi comunque.
-" Pub. Lo dirò a tutti.." - con tutti già sapevo a chi si riferisse. E di avere Briga tra i piedi, dopo la scommessa idiota che avevo accettato, non ne avevo voglia.
- " Passo. " - decisi, infine.
- " Perché? " - sbuffò, credo fosse preparata a quel genere di risposta.
- " Non voglio vedere certe facce. "-
- " Paura che Bellegrandi vinca la scommessa? " - risi, sembrava mi stesse sfottendo. Non sembrava, ERA così.
- " Non parlerei fossi in te. Sei cotta di Giorgio." - le sue guance bianche divennero per un momento rosee e, da quel minimo dettaglio, capii che Francesca aveva davvero una cotta per Giorgio e che la mia non era una semplice supposizione.
Era ora di dare una svolta alla situazione e l'avrei fatto io per lei.
- " Non è vero. " - mormorò a testa chinata.
- " Davvero Franci. Dici sul serio? "- le bastò un mio sguardo per sputare a raffica tutta la verità su Giorgio, su quanto le piacesse e sul fatto che la cotta andasse avanti già da un paio di mesi, ma che lui sembrava non accorgersene.
- " Venerdì pomeriggio shopping e sabato sera si esce! " - decretai, orgogliosa del piano che avevo organizzato mentalmente.
- " Cos'hai in testa? " - chiese, sbarrandogli occhi.
- " Stai a vedere. " - entrammo in classe e la conversazione terminò lì, solo per il momento. Giorgio e Francesca erano fatti per stare insieme e qualcosa mi diceva che Giorgio non avrebbe disdegnato Francesca.
Già sapevo cosa fare.
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Sfrecciai fuori dall'aula. Negli ultimi minuti di lezione stavo per collassare. Odiavo la matematica, era la materia che più mi dava filo da torcere, nonostante tutto era anche la materia che meno mi ostinavo a seguire.
Mi diressi verso l'armadietto. Dovevo solo lasciare dei quaderni, durante la pausa pranzo.
In pochissimo mi ci ritrovai davanti, cercando disperatamente di aprirlo. Nulla. Inserivo la combinazione, spingevo appena e tiravo di nuovo verso di me, ma quel fottuto armadietto non aveva intenzione di aprirsi.
- " Fanculo!" - sbottai, colpendolo appena con il pugno.
- " Sei proprio imbranata, Marotta. " - bastarono quella voce e la capacità della persona che la possedeva di aprire l'armadietto dinanzi i miei occhi sbarrati, per rimettermi in sesto.
- " Farei poco la spavalda, Boreale. "- risposi, prima di andarle vicino e abbracciarla. Silvia Boreale, una delle mie amiche più care, nonché compagna di avventure. Era una delle poche in grado di farmi irritare, poi sorridere, poi ancora irritare e infine cimentarmi in grasse risate. Era la migliore.
- " Allarme abbracci! Scommetto che l'ora di matematica ti ha fuso il cervello. " - tipico, mi sfotteva sempre dopo una lezione con "la materia che preferivo in assoluto".
- " Puoi dirlo forte! " - posai libri e quaderni che per il resto della giornata non mi sarebbero serviti e ci dirigemmo in mensa. Era gremito di gente, come sempre, e come sempre ci ritrovammo a girovagare per l'enorme sala alla ricerca di Francesca e Virginia.
- " Ciao Poli." - disse Virginia, quando ci vide arrivare.
Era seduta in un tavolo insieme a Cristian che attendeva il nostro arrivo, prima di correre via. Indossava la divisa da calcio, probabile quindi che avesse qualche allenamento extra per il ritorno.
Stampai un bacio sulla guancia di Virgi, accennandole un sorriso che le fu sufficiente come saluto.
- "Giorgio? " - non porsi la domanda ad una persona con precisione, mi bastava rispondesse una delle due ragazze sedute nel mio stesso tavolo.
- " Allenamenti con la squadra.." - ovviamente, fu Virginia a rispondere, dandomi persino poca importanza, troppo impegnata con un libro di storia.
Presunsi quindi che fosse rimasto in qualche palestra della scuola per allenarsi, ma con Giorgio tutto era possibile. Anche ritrovarlo raggomitolato nel bagno della scuola con libri e quaderni di algebra tra le mani, intento a fare pesi.
Alzai appena in tempo lo sguardo per veder arrivare Francesca. Camminava svelta tra i tavoli, con aria sicura, sorridendo di tanto in tanto alla vista di volti familiare. Dopo pochi secondi me la ritrovai seduta affianco.
Salutò tutti, prima di lanciarmi un occhiata e domandare:
- " Matematica? "- annuì appena, prima di percepire una sua risposta: - " Ti capisco. " - scoppiarono di nuovo tutte in risate. Ero sicura di non riuscire a toccare cibo, mi sarei sfamata di risate, come succedeva sempre in loro compagnia.
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Dopopranzo passammo tutte e quattro davanti l'uscita che conduceva ai campi di calcio e alle palestre, uscita davanti la quale si appostavano giocatori di calcio, di basket, cheerleader e sportivi. Ed era per questo che era stata ribattezzata "porta degli sportivi". Mi sentii strattonare, per poi essere trascinata fuori dalla porta. Non mi spaventai, sapevo bene con chi avrei dovuto discutere, soprattutto, le espressioni delle altre non erano affatto preoccupate, seguendomi, non avevo quindi motivo per esserlo io.
-" Giorgio, quante volte ti avrò detto di non stressarmi di lunedì?" - Giorgio mi voltò verso di sé, non appena lo ripresi. Era un rituale. Lui attendeva che passassi prima o poi davanti la porta degli sportivi per poter fare due chiacchiere.
E sinceramente, amavo la complicità che c'era in noi.
- " Fammi pensare.. due o tre? " - rispose.
- " ...mila! Due o tre mila volte! "- lo ripresi ridendo, per poi abbracciarlo.
Sussurrai in un suo orecchio un «come stai» a cui lui rispose un «bene.» sincero, stringendomi più forte, se possibile, tra le sue braccia.
Mi accorsi poco dopo che erano presenti praticamente tutti quelli che potevo avere il lusso di chiamare amici. Giorgio, Cristian, Stash, Silvia, Virginia, Francesca e.. Tufi e Briga.
«Quei due stanno sempre in mezzo ai piedi!» pensai, indispettita.
- " Sabato sera. Pub." - informai tutti, distaccandomi da Giorgio.
- " Io ci sto." - accettò Virginia.
- " Io pure. " - rispose a ruota Cristian. E così fecero tutti gli altri, tranne Briga e Giorgio. Del primo poco m'interessava. La presenza del secondo, invece, era fondamentale.
- " Tu vieni, Giò? " - chiesi, guardandolo con occhi da cerbiatto.
- " Devo proprio? " - lanciai un'occhiata a Francesca e notai il suo viso infranto, immaginando già che Giorgio ci avrebbe dato buca. Ma lei non lo conosceva tanto quanto lo conoscevo io. Sapevo che quella di Giorgio era pura finzione.
- " Certo, pucci pucci. " - risposi. Lui ridacchiò e subito annuì, segno che sarebbe venuto.
- " Eh bene. Per qualsiasi informazione.." - indicai con gli indici Francesca. - " ..chiedete alla riccia. " - e mi allontanai di poco, sentendo il cellulare squillare.
Mi avvicinai ai campi da calcio per poter restare sola. Erano deserti, quindi mi affrettai a rispondere.
Mia madre mi tenne al telefono un paio di minuti, giusto per sapere se tutto fosse okay e se avessi superato con tranquillità la prima giornata di scuola che, tanto per la cronaca, non era ancora terminata.
Non appena agganciai, sentii un paio di mani con presa delicata avvolgermi la vita. Sbiancai, forse colta di sorpresa o per paura di sapere chi fosse stato.
- " Finito con la mamma? " -sospirai. Mattia. Quel ragazzo cercava rogna.
- " E tu hai finito di tormentarmi? " -
- " Non posso, devo farvi innamorare di me. " - ridetti. Lo disse con un tono principesco, muovendosi proprio come avrebbe fatto un vero principe.
E lo immaginavo su un cavallo bianco, vestito di calzamaglia azzurra. Sarebbe stato perfetto. Quei pensieri mi sbalordivano.
- "Arrendetevi. Non ci riuscirete. " - questa volta fu lui a ridere, ma ignorò quasi totalmente la mia battuta, per potermi chiedere il numero di telefono.
- " Cosa dovresti farci? " - chiesi curiosa.
- " Forse chiamarti? " - strinse le mie mani nelle sue, ma io con la cosiddetta 'faccia da culo', gli sorrisi e disciolsi la presa. Troppa confidenza, c'era una scommessa in corso e sarei dovuta essere io la vincitrice, anche perché rischiavo d'innamorarmi di lui e non volevo cadere nella sua ragnatela.
Presi una penna dalla borsa e, scrivendogli il mio numero sul braccio, lo avvisai:
- " Sono offlimits dall'una di notte fino alle sette del mattino. A tutte le altre oltre potresti trovarmi reperibile. " - cercavo un pretesto qualunque pur di disturbarlo, pur di non fargli credere che, con me, tutto sarebbe stato rose e fiori.
In fin dei conti, avevo sempre professato di non sopportarlo.
Perché avrei dovuto cambiare idea da un momento ad un altro?
- " Potrei? " - ribatté, accigliato.
- "Già.." - di nuovo, la presa delle sue mani avvolse la mia vita che avvicinò alla sua, facendo così avvicinare il mio corpo al suo, sprofondare i miei occhi nei suoi, sfiorare le mie labbra con le sue.
Mantenere la calma era una delle poche cose che mi riusciva.
Apparivo di ghiaccio, inferibile. Ma se solo si portava insistentemente lo sguardo su di me, osservando ogni mio minimo gesto, allora era facile scovare un'altra me. Una me che non aveva niente a che fare con la forza e la resistenza.
Ero fragile. Bastava un soffio di vento per trascinarmi via, un piccolo colpo per ridurmi in tanti, infiniti, piccoli pezzi.
Ero diversa. Magli altri non potevano notarlo.
Eppure qualcosa mi diceva che lui mi aveva scorto e smascherato.
Lui mi aveva vista per la ragazza sensibile che ero e sapeva sfruttare a suo vantaggio questa mia debolezza.
Ero spaventata.
- " Io sono Mattia Bellegrandi, dolcezza. Arriverai a desiderare che io ti chiami 24 ore su 24. " - parlando, le sue labbra toccavano quasi impercettibilmente le mie, ma io le sentivo premere con forza contro la mia bocca.
Anche solo sfiorarci per me equivaleva essergli troppo vicina.
Anche solo sfiorarci faceva pervadere in me la paura di poter desiderare lui e la sua bocca rosea non a causa di una semplice cotta passeggera.
Non dovevo innamorarmi. Non avrei potuto accettarlo.
- " Fai il bravo, Briga. " - dissi, ad un tratto, distaccandomi con lentezza da lui. Lo guardai, astuta, muovendomi in modo sensuale.
Non che fossi una pantera, non sapevo neppure quali fossero le cosiddette mosse rimorchiatrici. Volevo sentirmi donna, non una donna qualunque.
Una di quelle definite"sexy". Pretendevo che impazzisse non con me, ma per me.
Dopotutto, c'era una scommessa in corso. E l'avrei dovuta vincere.
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Mi avvolsi in un enorme accappatoio azzurro, non appena fui fuori dalla doccia.
Intrappolai la massa folta di capelli mossi e biondi in un asciugamano di dimensioni minori e cominciai ad osservarmi allo specchio.
Vedevo in me una ragazza normale. Ma non mi sentivo normale.
Sarà stato per il posto, per le abitudini.
Sarà stato per il mio essere diversa dalle altre ragazze del college. Diversa persino da Virginia o da Francesca.
Desideravo sentirmi apprezzata, ma sul serio e non come accade tra ragazzi per pochi mesi o addirittura settimane. Volevo amare e sentirmi amata.
Quella era la mia unica certezza, dall'ultimo giorno di scuola prima delle vacanze natalizie.
Indossai, svelta, l'intimo e tornai in camera decisa ad indossare il mio comodo pigiama, prima di svolgere un po'di quei compiti arretrati che dovevo togliere di mezzo per l'uscita di sabato sera. Ero sola quella sera, motivo in più per concentrarmi sullo studio.
Feci appena in tempo ad accomodarmi sul letto, prima di sentire il cellulare squillare. Il sol pensiero di dovermi alzare per prenderlo, essendo poggiato sulla scrivania, mi portava a male dire chiunque mi stesse chiamando.
Accettai la chiamata senza tanto indugio, pur non conoscendo quel numero.
- " Pronto? " - una voce calda mi rispose dall'altro capo del telefono. O almeno, chi possedeva quella voce aveva tentato di farla apparire calda e sensuale, ma se anche avesse c'entrato il suo obbiettivo, mai l'avrei ammesso.
- " A quanto pare ti ho trovata reperibile. " - sorrisi, ma non lo diedi a vedere. Mattia non doveva avere quel tipo di soddisfazioni.
- " Solo perché non sapevo che questo fosse il tuo numero. " - la sua risata echeggiò nella mia testa. Avrei voluto detestarla, ma qualcosa m'impediva di farlo.
- " O forse stavi attendendo una mia chiamata. " - guardai il cellulare, indecisa se buttar giù la chiamata e fargli intendere che poteva anche andare a.. a giocare a carte con la nonna, già.
- " O forse, spiegazione più plausibile, avevo immaginato fossi tu e non volevo scoraggiarti fin da subito, stupidino di un Mattia. " - prenderlo in giro era un mio passatempo preferito. Chissà se sarebbe divenuto il mio passatempo preferito.
- " Avanti Marotta, non fare la dura se non lo sei. " - rimasi senza parole. Il mio sguardo era puntato nel vuoto assoluto, le mie labbra si erano schiuse involontariamente. Ero rimasta immobile, disorientata.
Lui mi aveva scoperta e ne potevo essere più che certa.
Lui aveva capito che, se anche mi mostravo forte, non lo ero. E avere la certezza che proprio Mattia fosse riuscito a denudare la mia anima, portava scompiglio in me.
- " Hey.. Poli. Ci sei? " -
- "Devo andare. " - balbettando, risposi in modo fin troppo frenetico persino per i miei gusti prima di attaccare senza dargli alcuna spiegazione.
La mia paura diventava realtà.
Lancia il cellulare in qualche punto del letto, facendoci poco caso, afferrai l'ipod e il computer, decisa a mixare della roba per avvantaggiarmi dei compiti. Non avevo la testa per concentrarmi su tesine e compiti del genere. Sentivo lo stomaco sotto sopra.
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Posai il computer sulla scrivania e lo spensi, prima di fare lo stesso con la luce. Ero ancora sola ed il sonno stava avendo la meglio.
Ero più calma. La musica aveva quello strano, potente effetto curativo su di me.
Mi distesi nel letto, tra le lenzuola che profumavano di lavanda e respirai a fondo quell'odore. La mente ormai stava per cadere in preda alle braccia di Morfeo, come qualsiasi altra parte del corpo, quando il vibrare di un oggetto mi rispedii sul pianeta terra.
Il vibro proveniva da sotto la mia testa, cioè da sotto il cuscino. Ovviamente si trattava del cellulare, lo tirai velocemente a me e notai un messaggio ricevuto:
«Mi hai lasciato come un coglione. Bella mossa, Marotta. Notte dolcezza.» sorrisi distrattamente, sentendo ancora qualcosa aggrovigliarsi nello stomaco. Era una sensazione piacevole la mia.
Quindi, anche lui aveva poteri curativi su di me. Bizzarro? Probabile.
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Scommettiamo. Ti piace giocare?
Romancecopertina: @xEdenB - “ Se lo credi, scommettiamo. Ti piace giocare? “ – sul mio volto si stampò un enorme punto interrogativo che lo indusse a sorridere ancora. M’imbestialiva il fatto che lui fosse così calmo, così pacato e non si scomponesse mai...