Capitolo 3

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Arrivò il primo giorno di scuola. Lo odiavo perché tutti si fingevano amici di tutti e si abbracciavano anche se poi, il giorno dopo, sarebbero tornati ad odiarsi come hanno sempre fatto. Tutti erano contenti di potersi vantare di aver fatto le vacanze a Miami, a New York, a Londra o a Parigi. La domanda che mi facevo spesso era: "ma nessuno di voi è mai andato a Fanculo?" seguito da un "No perché sarebbe il vostro posto ideale". Nonostante pensassi tutto ciò, me ne stetti zitta per evitare di fare casini subito il primo giorno. Terminata la giornata, tornai a casa e preparai la roba per gli allenamenti che avrei dovuto riprendere il giorno successivo, dopo tre lunghi mesi di pausa. Praticavo pattinaggio artistico su rotelle e che sia chiaro, è simile a quello sul ghiaccio, ma non è uguale. Mi distinguevo dalla massa, dato che tutte le ragazze praticavano la ginnastica artistica o la pallavolo. Tutte le persone che conoscevo mi dicevano che era facile pattinare sulle rotelle, ed io gli rispondevo che erano delle cazzate enormi. Ammetto che mi sarebbe piaciuto vedere la loro faccia contorta dal dolore mentre cadono di faccia tentando di fare un Axel. Sarebbe stata una bella soddisfazione. Comunque, quella sera ero stanca e mi infilai nel letto. Lessi un po', messaggiai con Milena e Mirko, e mi addormentai. Mi risvegliai al suono della mia odiosissima sveglia e feci una doccia. Quel giorno ero contenta: non dovevo subirmi le storie dei miei "amici" che andavano in giro per il mondo per vedere i negozi...che esseri inutili! "Se dovevi proprio andarci, almeno visita il centro storico, deficiente!" pensavo sempre. I professori ci diedero gli orari delle lezioni e fui felice nel constatare che era migliore di quello dell'anno precedente, dato che le quattro ore di matematica non erano più filate, ma divise in quattro giorni diversi della settimana. Terminato quel giorno di "lezione", tornai a casa, gasata, perché avrei rispreso gli allenamenti. Mia madre mi accompagnò alla palestra del centro sportivo alle 17:30 e sarebbe venuta a riprendermi a fine allenamento, cioè verso le 19. Ero felicissima di rivedere le mie compagne del gruppo dell'agonismo: mi erano mancate tanto. Arrivai e vidi che le bambine del gruppo prima si stavano ancora allenando. Erano quelle del "primo corso", ovvero le bambine che si erano appena iscritte e che erano al loro primo anno di pattinaggio. Alcune di loro, però, erano nel primo corso anche se erano al loro secondo anno perché erano piccole e non erano in grado di passare di corso. Ed erano proprio quelle bambine che allenai l'anno precedente, tra cui Ginevra, una bambina di sei anni, alta, magra, bionda e con gli occhi azzurri: era proprio una bella bimba! Prima di entrare in pista la vidi che mi guardava perplessa, come per capire se fossi davvero io.
<<Stacy!>> urlò ad un tratto venendo verso di me con ancora i pattini ai piedi.
<<Ginevra!>> urlai io in risposta.
Mi guardò con degli occhioni dolci e mi abbracciò. Aveva un sorriso a 37292747392 denti e non potei fare a meno di notare le finestrelle in corrispondenza dei dentini mancanti. Prima che me ne potessi rendere conto, mi ritrovai un gruppo di bambine tutte intorno a me che mi abbracciavano. Ero contentissima di vederle.
<<Okay bimbe, devo andare>> dissi loro mentre iniziavo a dirigermi verso la pista. Una volta dentro, incontrai Sara, la nostra allenatrice, la quale ci disse di scaldarci, facendo qualche giro, in avanti e all'indietro, per la pista. Successivamente facemmo le "curve" di passi incrociati in avanti, all'indietro, in un senso e poi nell'altro. Solo questa cosa ci stancò moltissimo. Circa un quarto d'ora dopo, iniziammo l'allenamento vero e proprio. Funzionava così: Sara diceva gli esercizi da svolgere in ordine di età, dalla più piccola alla più grande. Perciò io ero sempre l'ultima a sapere cosa avrei fatto quel giorno.
<<Allora Stacy, partiamo dal Lutz singolo da un giro, poi vediamo se riusciamo a chiuderlo>> disse Sara. Chiudere un salto significa farlo da due giri o tre, dipende dal livello (nel mio caso due). Annuii e iniziai a fare il mio solito giro per prendere spinta, prima della preparazione e del salto vero e proprio. Dopo parecchi Lutz da un giro ben riusciti, Sara mi urlò, dall'altra parte della pista, di provarlo da un giro e mezzo. Al primo salto, l'arrivo risultò sbilenco e parecchio schifoso, ma, dopo un bel po' di cadute e correzioni di posizioni delle braccia e delle gambe, iniziai a farli giusti. Allora, Sara mi disse di provare a chiuderlo per vedere cosa sarebbe successo. Avevo un po' paura perché non staccavo un salto doppio da tre mesi e il risultato sarebbe stato disastroso.
E così fu.
Non ci fu una volta in cui il mio culo non toccò terra all'arrivo. Mentre continuavo a cadere, Sara continuava a correggermi, senza avere però risultati decenti. Dopo un sacco di cadute, alcune anche abbastanza dolorose, Sara mi fece cambiare e provai un po' di Flip. Il risultato fu esattamente come quello di prima: riuscii a rimanere in piedi solo un paio di volte. Nonostate tutto, ero abbastanza contenta di aver ottenuto quel risultato dopo tanto che non lo facevo.
Successivamente dovetti fare le trottole e feci l'Angelo Avanti: era una delle mie trottole preferite. Ne feci corrette cinque o sei di fila, quando centrai male la trottola e mi ritrovai sdraiata per terra che giravo ancora per la spinta che avevo preso precedentemente. Questa è una delle cadute più belle perché non senti dolore e ti diverti perché giri. Nonostante ciò, le bambine del mio corso mi chiesero se stessi bene ed io risposi con una risata che scatenò una reazione a catena di risate. Finimmo l'allenamento ed eravamo tutte distrutte: si stavano riformando i muscoli che avevamo "perso" durante le vacanze, per quello sentivamo dolore alle gambe e alla pancia, nella zona addominale. Prima che potessi andarmene a casa con mia mamma, Sara mi chiese se volessi, il martedì e il giovedì, allenare le bambine del primo corso, per cui andare in palestra dalle 16:30 anziché dalle 17:30. Accettai perché l'esperienza dell'anno precedente è stata una cosa meravigliosa e mi sarebbe piaciuto ripeterla. Tornai a casa, disfai la borsa coi pattini, mangiai e me ne andai a letto: ero troppo stanca.

Vita sui pattini || Amore a otto ruoteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora