Capitolo 34

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Canzone (capitolo 34):
Phosphorescent - Song for Zula

Riesco a distinguere il tragitto che porta alla casa sull'albero, mentre lo percorriamo lentamente.

"Ecco Mal, at..." Dylan non riesce a terminare la frase che finisco improvvisamente a terra.

Credo di essere inciampata in un sasso o in una radice.

"Sai Dyl, ammiro il tuo tempismo e soprattutto la velocità con cui mi avverti" sbotto dopo aver imprecato per qualche secondo.

Rimpiango un po' di essermi fidata talmente ciecamente (letteralmente) di Dylan, è già la terza volta che inciampo in qualcosa nonostante i suoi tentativi di avvertirmi.

Anche se inizio a sospettare che non voglia realmente avvertirmi, ma preferisca farsi due risate mentre mi sente imprecare e mi vede massaggiarmi ogni parte del corpo dolorante.

"Cammini troppo veloce, non è colpa mia!"

"Ma se mi stai guidando tu!" sbraito in preda alla disperazione.

In tutto questo Rachel sembra essersi dileguata: immagino non abbia capito molto se non per il tonfo che ho fatto, o meglio, che Dylan mi ha fatto fare. Ancora.

"Beh... beh..." inizia a farfugliare lui "Oh guarda! Siamo arrivati!" conclude trionfante poi.

Mi alzo lentamente senza il minimo aiuto ovviamente, e inizio a massaggiarmi una coscia.

Effettivamente riesco a farmi male ad occhi aperti da sola, figuriamoci quando sono bendata e non vedo niente.

All'improvviso, qualcuno mi prende in braccio.

"Dylan mettimi giù!"

"Spiacente, tutto parte del piano. Ora sta buona e non toccare la benda" dice con tono calmo e paziente.

Sbuffo e mi lascio portare su quello che credo sia l'ingresso della casa.

Non so bene come abbia fatto Dylan a portarmi su per i pioli della scala, ma non indago: l'importante é esserci arrivata senza nessun livido in più.

"Aspetta qui" mi dice poi, quando credo stia recuperando Rachel.

Dopo qualche minuto, dopo essersi lamentato del nostro peso e aver giurato di avere il mal di schiena a causa di esso, ci porta, presumo, dentro la casa.

Non capisco quale possa essere per me la sopresa, in fondo l'ho arredata io stessa la casa, anzi la sopresa sarebbe dovuta essere sia per Rachel che per Dylan, in principio.

Non faccio tempo a dar voce ai miei pensieri che Dylan mi sposta improvvisamente la benda dagli occhi, slegando il nodo che aveva fatto precedentemente.

Rimango incantata nell'ammirare quanto mi si presenta davanti.

Niente è diverso da come l'ho preparato io, se non per dei cuscini e dei quadretti che arricchiscono la stanzetta della casa.

Dei cuscini sono stati sostituiti a quelli colorati che avevo posizionato io giorni prima: delle foto di me, Rachel e Dylan sono stampati su di essi, degli scatti rubati, oserei dire, ma che mi fanno presto commuovere.

Così anche per le piccole foto incorniciate e appese alle pareti: noi tre che ridiamo mentre andiamo a scuola, credo, noi che siamo al centro commerciale il giorno del compleanno di Rachel, noi che giochiamo a bowling e, io e Rachel che ci abbracciamo il giorno in cui si è venuta a scusare con me per l'incidente.

Solo una domanda, tra le varie emozioni che incombono su di me, mi sorge spontanea: come?

Noto Rachel tra le braccia di Dylan mentre lo stringe forte e lo abbraccia.

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