Capitolo 5

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Conoscersi: avviandoci per la lezione di Storia che, guarda caso, avevamo entrambe, la ragazza apparentemente sicura di sè e dai capelli rossi ha dato il via alla conversazione "Allora Malia, come mai ti sei trasferita?", ecco una delle poche domande che quotidianamente le persone mi pongono.

Io e papà abbiamo cominciato a trasferirci perchè io soffrivo (e soffro tutt'ora) di crisi emotive nelle quali io mi disperavo e talvolta scomparivo per delle ore a causa della solitudine e della nostalgia che avevo di mia madre.
Quando ero piccola la situzione era quasi del tutto sotto controllo, ai tempi bastava un giro allo zoo, un gelato, o un racconto sulle principesse per farmi tranquillizzare; ma più crescevo, più passavano gli anni, più si moltiplicavano i momenti in cui avevo bisogno di mia madre. Per fare shopping (anche se lo odio a morte), per andare al cinema, per parlare del nuovo ragazzo (che mai è esistito a causa del mio bel carattere e dei trasferimenti continui), per litigare, per fare pace, per fare tutte quelle piccole e insignificanti cose che acquisivano significato per me dal momento che non potevo farle.

Iniziai a disperarmi a casa, nel bagno della scuola, a non dormire la notte e a respingere le persone, così mio padre pensò che la vera potenziale soluzione fosse quella di cambiare aria.
Quindi domandò il trasferimento e, per cinque anni (iniziai a cambiare città dall'ultimo anno prima del liceo), la soluzione è sempre stata quella di scappare, e di certo le cose non sono migliorate, non per me.
E se qualche volta ho provato a spiegare a mio padre ciò che provavo, ciò che provo ora, il tentativo si è rivelato subito vano.

"Mio padre è stato trasferito per lavoro" ho risposto io, e siamo entrate in aula.

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