Canzoni (capitolo 46):
Halsey - Is there somewhere
Tre metri sopra il cielo Soundtrack - I can flyCi sono sempre delle fasi di reazione a certe azioni che tendono a lasciare senza parole, interdetti, o, altre volte, perfino sconvolti.
Prima di tutto, si lascia spazio allo sfogo, senza riflettere davvero su quanto detto o accaduto, ma semplicemente ci si lascia andare, il dolore soffoca, forse anche più del dovuto.
In un secondo momento, dopo aver preso sufficienti respiri ed essersi apparentemente calmati, subentra il momento di analisi della situazione.
E, spesso, la terza fase si ramifica in due parti: si riesce ad elaborare una soluzione al problema o, altre volte, si tende a ritornare al punto di partenza, alla prima fase.
Diciamo che, neanche fin troppo sorprendentemente, la mia terza fase rispecchia la seconda parte in cui si ramifica.
Non basta il dolore portato sulle spalle ogni giorno, ogni notte da quando mia madre ha lasciato me e mio padre.
Non basta la difficoltà nell'integrarsi da quel maledetto giorno.
Non basta incontrare finalmente delle persone davvero importanti, per poi perderle senza una ragione precisa, ritrovandoti di nuovo in una stanza da sola, al buio.
Non basta mai.
Si fa di tutto per rialzarsi, dopo fin troppi ostacoli che si piazzano davanti, ma immediatamente uno nuovo è pronto a fare cadere e precipitare nel nulla ancora.
Come se non fosse mai abbastanza.
Lui ha chiamato sua madre instabile.
Lui è stato abbandonato alla nascita.
Lui ha cercato il suo vero padre e la sua vera sorella.
Lui è mio fratello, Mike è mio fratello.
Tento di nuovo ad elaborare pensieri razionali: fino a questo momento sono stata chiusa nella casa sull'albero, che ormai è diventato un luogo visitato solo da me, avvolta da una coperta, a singhiozzare, dondolandomi avanti e indietro con le mani premute sulle orecchie.
Non si riesce a pensare, si viene travolti da una valanga di parole e confusione fin troppo soffocanti, che costringono a decidere a cosa lasciare spazio, alle lacrime o ad una riflessione o un'analisi su quanto accaduto.
Ma io ho preso la mia decisione da subito, involontariamente, ma l'ho fatto.
Ha avuto inizio la seconda fase, non meno devastante della prima.
Cosa devo fare?
Dovrei parlarne con mio padre?
Dovrei parlare con Mike?
Dovrei parlarne con Rachel?
Rimango qui?
Non ce la faccio più a rimanere isolata, per qualche strano motivo, so a chi devo rivolgermi.
Ho solo paura di farlo.
Ma decido di tentare, sperando non mi lasci da sola: in quel caso, non saprei dove sbattere la testa.
Scendo dalla scala, costringendomi a correre, con il viso ancora umido, i denti che battono e la pella tremante, a causa del freddo della sera.
Corro, corro più veloce che posso, pregando le mie gambe mentalmente di tenere duro ancora per un po', di farsi strada nel bosco per quanto possano resistere, nonostante non riesca neanche più ad avvertirle sotto di me.
STAI LEGGENDO
The first story not unwanted
Narrativa generaleQuarto anno alle superiori. Quarta casa e quarto liceo da quando le ho iniziate. Papà dice che ci abitueremo, o meglio, che io mi abituerò in fretta. Più che altro mi sono abituata a trasferirmi e ad essere identificata da tutti come "la ragazza nuo...