Canzoni (capitolo 55):
Jamie Campbell Bower & The Darling Buds - Waiting
Sleeping At Last - Saturn
Vancouver Sleep Clinic - Vapour"Buonasera" sorride percorrendo il viale di casa.
Ricambio il sorriso andandogli in contro "Buonasera"
Ci scambiamo un bacio veloce e leggero per poi avviarci verso l'auto, mentre Dylan mi avvolge un braccio attorno alle spalle, lasciandomi un secondo bacio sulla fronte.
Saliamo sulla jeep, ma, non appena noto Dylan proseguire per la strada verso il bosco e non facendo quindi marcia indietro verso la città, corrugo la fronte confusa.
"Pensavo dovessimo andare in un posto speciale"
"Ed è così" sorride e alza gli occhi al cielo divertito "Vedrai"
"Dove vuoi portarmi? Non mi entusiasmano le sorprese se non lo sai" sbuffo appena sorridendo.
"Sì lo avevo capito, ma dovrai resistere per me. Credi di potercela fare?" porta lo sguardo verso di me per qualche secondo, distogliendolo dalla strada.
"Tenterò" alzo gli occhi al cielo.
"Grazie" canzona riportando lo sguardo davanti a sè.
Le stelle si fanno sempre più spazio nel cielo, attorno a noi il silenzio rotto dai nostri respiri ancora raffreddati, le ruote della jeep pestare e rompere le foglie rimanenti e cadute dagli alberi spogli, rumorosi pensieri che non mi lasciano bearmi della quiete intorno a me.
"Va tutto bene?" mormora dopo un po' Dylan.
"Cosa? Sisi"
"Sicura? Sembri pensierosa, e silenziosa" alza un angolo della bocca, imitando una smorfia comprensiva.
"Scusa, pensavo" abbasso lo sguardo verso i miei piedi intorpiditi dal freddo, avvolti dalla tela nera e leggera delle mie Converse.
"Lo avevo intuito. A che pensavi?" chiede con tono titubante.
"Che è strano" mantengo lo sguardo sulle mie scarpe.
"Cosa?" mi afferra con delicatezza la mano cominciando a disegnare dei cerchi invisibili sul dorso di essa, stranamente non fredda, quasi come per cercare di confortarmi.
"Un po' tutto"
Una lunga pausa sembra lasciare volare via le parole con la persistente leggera arietta che fino a poco fa continuava ad accarezzarmi le ciocche di capelli, le guance rosate.
"Noi no" mormora Dylan alla fine, quasi in maniera impercettibile, facendomi pensare che non intendesse farsi sentire realmente.
Decido di ignorare la mia supposizione, incuriosita.
"Cosa?" qualcosa mi frena a tenere ancora lo sguardo basso, non è timore, forse una sorta di ansia e agitazione dovute a qualche strano motivo, forse solo il freddo.
"Noi non lo siamo, strani voglio dire. Non insieme"
Un'ulteriore pausa.
"Premettendo il fatto che non so chi stabilisca la normalità e la stranezza, noi non siamo strani. Credo che se prima qualcosa in noi era inspiegabile, senza uno scopo, senza una meta, credo che ora ce l'abbia, quel qualcosa. Sai, quasi come i pezzi di un puzzle, quasi come se ciò che stavamo aspettando fosse arrivato, per tutti e due. Forse prima eravamo strani, sentivamo il bisogno di qualcosa senza sapere cosa fosse. E questo è strano.
Io ora so di cosa ho bisogno, e ho quel qualcosa qui con me, non credo sia strano, non dopo tutto ciò che mi ha portato a pensare che tu sia quel qualcosa.
Anzi, credo sia naturale" solleva il mio mento con due dita, inspiegabilmente calde, facendomi portare gli occhi sui suoi, sempre profondi, molto più in alto dei miei.
Molto più belli, molto più vivi apparentemente, anche se sono consapevole della stanchezza che celano, aiutati forse dal cielo scuro della sera.
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The first story not unwanted
Ficção GeralQuarto anno alle superiori. Quarta casa e quarto liceo da quando le ho iniziate. Papà dice che ci abitueremo, o meglio, che io mi abituerò in fretta. Più che altro mi sono abituata a trasferirmi e ad essere identificata da tutti come "la ragazza nuo...