Capitolo 5.

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Varcammo la porta e, con mio piacere, constatai che la nostra stanza era abbastanza grande, con due letti. Uno si trovava accanto alla finestra che si affacciava su un piccolo terrazzo, l'altro era accanto al muro che divideva la nostra camera con quella accanto. Per fortuna avevamo il bagno in camera. Non mi erano mai piaciuti i bagni comuni.

Io e Juliet ci sistemammo ognuna su un letto per disfare le nostre valigie. Io presi quello accanto al muro per sentirmi un po' più a mio agio, visto che anche a casa il mio letto era accostato alla parete di camera. Quel primo pomeriggio ci era stato lasciato libero per sistemarci. Così, dopo una doccia calda e un po' di TV, era già ora di andare a cena. Indossai una camicetta a quadri bianca, nera e rosa scuro e rimisi i jeans neri che avevo tenuto tutto il giorno. Cercai di aggiustarmi il ciuffo fermandolo con una forcina, per evitare che mi ricadesse davanti agli occhi ogni minuto.

<<Bello quel mascara>> dissi a Juliet, osservandola.

<<Ti piace? E' blu, l'ho comprato da poco. A casa ne ho un altro viola.>> rispose.

<<Si, è bellissimo, con i tuoi occhi soprattutto, li mette in risalto>>

<<Grazie – sorrise lei – andiamo?>> Annuii.

Erano circa le otto quando arrivammo nella sala dove si sarebbe tenuta la cena. Juliet ed io cercammo un tavolo dove sedersi, ma era rimasta soltanto una sedia libera al tavolo dove era seduta il resto della mia classe. La professoressa di matematica intervenne:

<<Juliet siediti nel posto rimasto; tu Daisy andrai nel tavolo con l'altra classe>> Oddio no.

<<Ma non possiamo aggiungere una sedia qui?>> cercò di aiutarmi invano la mia amica.

<<No. Adesso sedetevi che stanno portando la cena>>

Salutai con un "a dopo" la mia amica, che mi sorrise per confortarmi. Per quale motivo poi la prof ci aveva chiamate per nome? A volte, quando cercava di fare la carina, non la sopportavo proprio. Mi faceva saltare i nervi.

Raggiunsi il tavolo dell'altra classe e mi sedetti in fondo, accanto ad una ragazza con dei capelli castani leggermente mossi. Nessuno si interessò del mio arrivo. Erano tutti concentrati a continuare le loro conversazioni. Alzai la testa e incrociai lo sguardo di un ragazzo che mi stava osservando. Cercai di capire se avessi qualcosa di strano, o i capelli fuori posto, non so, qualsiasi cosa, perché quando i ragazzi mi guardavano non era mai perché ero una bella ragazza. Di solito mi guardavano perché ero diversa, strana, brutta.

Lui aveva degli occhi marrone scuro, profondi. Ci osservammo per pochi secondi e il cameriere portò la cena. Pasta al ragù e carne di pollo con purè. Mangiai tutta la pasta e il mio purè. La carne la assaggiai ma era dura e fredda. Non mi piaceva proprio. La lasciai da una parte e senza accorgermene mi ritrovai a guardare quel ragazzo di nuovo.

Ho sempre amato osservare le persone quando loro non sapevano di essere osservate, così da essere loro stesse. Sono sempre stata curiosa, fin da bambina mi ero sempre accorta di ogni particolare che avevo intorno o dei comportamenti delle persone.

Notai che aveva i capelli corti, scompigliati con un po' di gel sulle punte e color castano chiaro, appena tendenti al biondo. La pelle invece, era chiara, poco abbronzata e portava un anello di metallo grigio sulla mano sinistra, nel pollice. Non so perché, ma al di là dell'aspetto fisico, mi ricordava Zack. Penso dal modo di mangiare, di ridere e di gesticolare. Il corpo invece, robusto e muscoloso il giusto, assomigliava di più a quello di Norris, un altro membro dello stesso gruppo musicale. Non si era accorto che lo stavo osservando. Aveva finito la pasta e la carne, che aveva addirittura ripreso per la seconda volta, e adesso stava ridendo con i suoi compagni.

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