Capitolo 3

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La situazione rimase un po' in stallo per qualche giorno, non riuscivo a venire a capo di nulla, non riuscivo a vedere da parte sua l'impegno necessario per ritrovare l'amore che mi aveva promesso.

Mi sentivo così sola e frustrata, ogni volta che non rispondeva al telefono o che ignorava la mia presenza mi sentivo mortificata e non riuscivo a quantificare l'odio che doveva provare verso di me per snobbarmi tanto.

Cercai quindi una nuova prospettiva che mi permettesse di arrivare al mio dannato lieto fine ma neanche questo funzionò. Mi sentivo esausta, non riuscivo neanche a pensare ad una possibile soluzione, ciò che provavo era un altalenante voglia di scappare seguita da una voglia disperata di correre tra le sue braccia.

Io volevo stare con lui, nonostante tutto. Avrei fatto qualunque cosa. Decisi allora di provare a impormi, doveva affrontarmi!

Passarono circa 2 settimane dal primo litigio a causa di Giulia, la prima la passò ad ignorarmi, la seconda, dopo la mia comparsa sotto casa, la passai umiliandomi e sottostando alle sue assurde richieste, la terza cominciò ancora peggio per cui lo obbligai a uscire da soli una sera; sarebbe stata la sagra dell'imbarazzo ma ero convinta ne sarebbe anche valsa la pena.

Era un giovedì sera e mi portò in un grazioso locale non molto distante, dove ordinammo una bottiglia di vino bianco.
Passato l'imbarazzo iniziale, neanche fossimo una coppia di quattordicenni, mi raccontò del lavoro, del nuovo collega, la ricerca della nuova auto..lo tempestai di domande e chiesi anche dei suoi genitori se stessero bene, volevo semplicemente essere educata dato che l'ultima volta che li avevo visti successe un disastro.
Segnai la fine della serata.

"Mi sento in dovere di dirtelo, i miei genitori non ti vogliono più in casa nostra".
Sul momento iniziai a ridere e nella testa pensavo solo Deo Gratia poi compresi le sue parole.

Ennesimo macigno su delle spalle non abbastanza ampie.

In realtà non mi sentii mai la benvenuta in casa loro per cui non fu questo grande shock.
La famiglia di Pietro è cattolica, a mio parere sono sempre stati più fumo che arrosto, la classica famiglia benestante che non può non essere culo e camicia col parroco..mi fecero persino una ramanzina sul sesso prematrimoniale una volta.
Ero troppo giovane e imbarazzata e di certo impreparata ad affrontare una conversazione del genere.

Ricordo una volta quando gli portai una decina di chili di pane fresco avanzato dal panificio di mia madre..ma ancor meglio ricordo l'espressione di Teresa all'idea di dover fare il giro delle chiese e delle relative mense la mattina successiva.

Impagabile.

Ogni mio sforzo per farmi accettare dai "suoceri" fece sempre un gigantesco buco nell'acqua; sono sempre stati dei genitori assenti e non si resero neanche conto che il loro unico figlio stava a casa il meno possibile a causa loro.
Come una cretina tre anni fa cercai una soluzione per obbligarlo a trascorrere più tempo a casa: gli presi un coniglio nano e con grande fantasia lo chiamai Roger, 80€.

Tutto entusiasta lo volle subito portare a casa per farlo vedere ai suoi genitori che in risposta al suo entusiasmo mi insultarono dicendo che quella è casa loro e non avrei dovuto mai più permettermi di portare un (meraviglioso) coniglio (di 2 mesi).
Morale della favola, non rimisi piede per nove mesi in quella casa e quando poi Pietro mi obbligò a tornarci Teresa disse "è un po' che non ti si vede"..ma va.
A chiusura del aneddoto, suo padre investì il coniglio pochi giorni prima che compisse un anno.

Come queste, un'altra decina di situazioni assurde per cui non fu un gran problema affrontare la nuova e incredibilmente stupida presa di posizione dei suoi genitori.
Non ebbi mai grande stima per loro fin dall'inizio, non fecero che consolidare i miei pensieri.

Il clima della serata calò ulteriormente a picco quando espressi ogni mio pensiero sulla sua famiglia; loro avrebbero dovuto essere quelli adulti e maturi e invece si intromisero nelle mie faccende e con grande "maturità" li ripagai con la stessa moneta.
Probabilmente pensò di spiazzarmi, missione fallita clamorosamente, mi dispiace. Ero solo contenta di smettere di fingere che mi interessasse qualcosa di loro.

Diventò troppo per entrambi, troppi argomenti ostici tutti insieme e decidemmo quindi di raggiungere gli altri amici nel bar dove escono abitualmente.

Mi feci forza per sembrare contenta della serata, ma in fondo un po' lo ero..parlammo di tante cose e la faccenda dei suoi non pesò cosi tanto ai fini del mio umore.
Feci la brava per il resto della serata e andai a letto tranquilla.

Con il senno di poi quella serata non mi sembrò andata molto bene ma al momento, come già detto, speravo nel mio lieto fine e cercavo di vedere tutto il disastro in modo positivo.

Naivety [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora