Capitolo 18

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Bisognava recuperare.
Se la serata precedente finì alle 3.30 con la fuga da tre ragazzi..decidemmo di buttarci in una serata anni novanta. Bel posto, bella musica, bella compagnia..le cubiste più brutte del mondo. Brutte, volgari e incapaci..vestite di sola rete a mostrare la cellulite ai poveri ragazzi sotto di loro, troppo ubriachi per notarla.
Riprendemmo la serata con il cellulare di Gianni e l'affiatamento tra noi era evidente..un video riuscito piuttosto bene, ad effetto con le luci psichedeliche e gli starlight che avevo tra i capelli tipo giapponese.
La più che piacevole comparsa di Vincenzo, ragazzo conosciuto la sera stessa, che come obiettivo doveva aver avuto il farsele tutte perché si trascinava da una parte all'altra ballando con chiunque, migliorò ulteriormente la serata.

"Come ti chiami?"
"Anna"
"Come mia cugina! "
"Ma io sono tua cugina!"
"Ma non eri a Londra?"

Andò avanti parecchio..era simpatico e pensai seriamente di divertirmi con lui, è che quando mi girai vidi delle braccia più invitanti in cui buttarmi.
E lo feci.

Perché tutto non poteva essere semplice?
Perché? Perché ero così?

Lasciarsi andare e farsi trasportare dalla musica, spegnere il cervello e godersi il momento senza necessariamente pensare alla conseguenze di un andare oltre con qualcuno..

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Trascorsi anni con Pietro ad andare a ballare quasi ogni venerdì in un locale con musica dal vivo nel pre serata e dj con musica commerciale dopo l'1..posto fisso, sotto la gabbia di sinistra. La spensieratezza fu una delle poche cose che davvero mi mancò del nostro rapporto..non che facesse qualcosa di particolare..solo che mi permetteva di fare tutto.
C'era da agitarsi? Mi seguiva.
C'era da saltare? Mi faceva saltare più in alto.
C'era da strusciarsi? Accompagnava i movimenti del mio bacino.
Le paranoie erano lontane dalle nostre menti. Eravamo noi, solo noi, circondati da corpi sudati, a esprimere noi stessi..e nessuno di noi ballava bene, anzi, ma ballavamo per noi stessi e questo era abbastanza.

Leggeva perfettamente il mio corpo e raramente permise che oltrepassassi qualche limite..quando mi capitò di bere un drink in più, prima si prese cura di me e poi mi fece la predica in stile papà.
Mi adorava e ancora dopo sei mesi dubitavo sarei mai riuscita a trovare qualcun altro con il quale sarei stata altrettanto bene.
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Sì, occhibelli..ma cosa provavo per occhibelli? Nulla.
Ok, mi piaceva il brivido lungo la schiena provocato ogni volta dalle sue labbra che sembravano voler approfondire ma si fermavano sempre sulle guance..baci a mezza bocca. Nulla di più, e non so, a mente lucida non volevo neanche che ci fosse quel qualcosa in più.

Fu un periodo in cui mi crogiolai volentieri nei miei pensieri, la confusione nella testa che mi portò ad una sorta di isolamento anche esteriore.
La voglia di leggere un libro, guardare un film..
Stare un po' sola e non sentirmi quasi obbligata a star bene e a voler far festa. Isolarmi e fare ciò che più amo, quello che una volta facevo con Pietro e ormai dovevo fare sola.

Vivere la malinconia e la solitudine che sempre sentivo dentro di me.
Permettere a me stessa di esternarle, solo per riuscire a superarle.

Era la voglia di poter condividere il mio stato d'animo che mi spinse a partire per intraprendere un viaggio che al contempo desideravo ma continuavo a respingere.
Cercare qualcuno di forse più adatto a me, anche se non seppi neanche da che parte cominciare..

Andare avanti voleva dire mettere alle spalle un periodo comunque splendido della mia vita..
Ero decisa a non permettere alla sua conclusione di guastare i miei ricordi. Dissi e pensai cose terribili su di lui, di cui un po' mi vergognai, ma non potei più tornare indietro..bisognava comunque andare avanti e, forse, il fatto che qualcuno mi facesse provare delle sensazioni particolari significava essere nella giusta direzione.

Pietro mi permise di vivere un'adolescenza fantastica ma in quel momento decisi che non era abbastanza perché partecipasse al mio futuro.

Naivety [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora