-Ma è vero,sono ancora infeliceMa finalmente so cosa devo fareDevo rinunciare, devo rinunciare... a te-Coffee and cigarettes -Michelle Featherstone
Undici anni prima
Alyssa è stesa su una barella, che la portava di corsa nel reparto di terapia intensiva.
Vede tutte quelle lucine sulla sua testa passare velocemente e ne è attratta.
Non sapeva quello che stava accadendo, aveva solamente sette anni. Cosa si può pretendere da una bambina, che solamente poche ore fa era seduta sul divano con i suoi genitori a vedere una puntata dei Looney Tunes?
Si chiede perché la sua mamma non è accanto a lei, vuole piangere, ma c'è qualcosa che blocca la sua voce e le sue lacrime.
Vuole chiedere a quei signori, che finalmente hanno fermato la barella in una sala tutta bianca piena di macchinari, cosa stesse accadendo e dove fosse la sua mamma.
Ad un tratto una voce che conosceva bene, la fa girare la testa.
"Piccola, tra poco ti addormenterai e non sentirai nulla. Sta tranquilla, papà è qui"
Il suo papà, l'uomo che la proteggeva sempre e sempre avrebbe continuato, è li accanto a lei, che le accarezza i capelli, ma lei vorrebbe anche la sua mamma, perché è da lei che ogni volta si getta tra le braccia quando è stanca e quando è triste.
E ultimamente Alyssa è sempre stanca, vuole sempre dormire ed è sempre giù di morale, allontanando sempre i bambini con cui vorrebbe fare amicizia.
Alyssa si ripromette tante volte di cambiare, perché vede anche la sua mamma sempre triste e lei non lo accetta. Ama la sua mamma quando ride, quando la porta al parco e giocano insieme.
Non vuole che anche lei le si allontani, proprio come quei bambini.
Sente le palpebre diventare pesanti e desidera solo dormire.
Per l'ennesima volta si sentì tanto stanca.
Quella donna che cammina avanti e indietro da troppe ore, in quella stanza asettica, sta bollendo come una pentola a pressione.
Si domanda, ingenuamente, com'è possibile che ora fosse li! In attesa.
Aveva tra le braccia la sua piccola, quando a un tratto prese a respirare affannosamente, l'ha vista quasi strozzarsi per riuscire a prendere un po' d'aria.
Sa che Alyssa ha qualcosa che non và, ma non riesce a capire che cosa.Lei e suo marito, in nove anni di vita, l'hanno vista sempre magra, priva di progressi fisici.
È sempre stata una bambina chiusa, che difficilmente fa amicizia, ma non si sono mai spiegati perché.
Non sapevano nemmeno allora, che Alyssa preferiva rimanere in disparte, perché non veniva accettata principalmente da se stessa e poi dai suoi compagni.
Lei sembrava sempre una bambina, ancora più piccola di quello che realmente era.
Ma loro non lo sapevano, non sapevano quello che ancora è il destino della loro piccola.Mentre gira per la milionesima volta, attorno a quel perimetro della stanza, la porta della terapia si apre, facendo uscire suo marito, visibilmente provato, mentre si toglie la mascherina e si asciuga la fronte, imperlata di sudore.
"Cosa è successo? Come sta?"
"Ha avuto un abbassamento di pressione" Spiega lui, evitando il contatto visivo con la moglie, perché è cosciente che tra poco lei non avrebbe più creduto alle sue parole.
"Non mentirmi Michel, che cosa è successo li dentro?"
"Tra poco verrà il dottore che l'ha operata, ci spiegherà tutto lui" Aggiunse, anche se lui sa benissimo quello che è accaduto, mentre sua figlia era incosciente.
Quando, poco dopo, sono raggiunti dal suo collega, sua moglie percepisce una brutta sensazione, si aggrappa al braccio dell'uomo che ama, cercando quel po' di forza per non farla cadere per terra.
"Perché non ci sediamo? Vuole una tazza di caffè signora Miller?" Domanda il dottore, cercando di alleviare un po' la tensione.
La donna declina l'invito con una negazione del capo, accomodandosi sulle sedie di plastica nere, scomodissime, della sala.
"Vede, vostra figlia ha un problema legato alla mancanza di globuli rossi presente nel suo sangue, questo dà sintomi di spossatezza, palpitazioni, anoressia e com'è capitato oggi, problemi respiratori"
La donna ascolta in silenzio, non sapendo ancora a cosa avrebbe portato questa dichiarazione.
"Tutto ciò porta a un'acuta anemia, che inevitabilmente porta... Alla leucemia" Decreta il dottore, abbassando il tono di voce, come a rendere meno dolorosa la pillola.
E in quella sala il mondo si fermò per un attimo e inevitabilmente, subito dopo, riprese a girare vorticosamente.
"Le-leucemia?" Balba la donna, sperando e pregando di non aver sentito bene.
"Purtroppo si. Siamo nella fase acuta, ma credo che con le dovute precauzioni tutto possa risolversi"
Michel e sua moglie ingoiano a vuoto, quella bile che sentono sempre più affiorare dallo stomaco.
"Lei crede, o ne è certo?" Domanda provato il marito.
"In medicina niente è certo, Michel, lei dovrebbe saperlo, alle volte ci si affida anche alla speranza"
E da quel momento in poi, il destino, non solo di Alyssa, ma anche quello dei genitori fu segnato.
Con il passare del tempo, Alyssa fu posta sotto una campana di vetro.
Passa i due anni successivi tra ospedali, cure e risonanze. Che non portano a nessuna conclusione, se non che, alla certezza che dalla leucemia non potrà mai scappare.
È diventata parte di se, che lei ama chiamarla "il suo inferno personale".
All'età di quindici anni le viene proposto di iniziare un cammino con una psicologa, molto probabilmente per aiutarla a non avere paura della morte, che presto o tardi, la verrà a visitare.
Alyssa si chiude, ancora di più nel suo guscio. Incapace di combattere, incapace di vivere.
L'unico spiraglio, l'unica fonte di luce in quel lungo tunnel: il suo amato e caro pianoforte.
Si aggrappa a lui, si aggrappa a quell'oggetto inanimato che le potrebbe dare un pò di sollievo.
L'ultimo colpo, provenne proprio dall'ultima persona che credeva possibile, lo ebbe all'età di sedici anni.
Sua mamma, da quel momento in cui il destino spezzò la vita della figlia, si tuffò nel lavoro, sempre presa nei suoi servizi, fino a quando, le fu proposto un contratto irrinunciabile.
E così, da un momento all'altro, fece i bagagli e si allontanò dal dolore che provava, egoisticamente, anche dalle persone che più amava al mondo.
Promettendo a se stessa, di tornare un giorno. Quando il suo cuore, si sarebbe sentito pronto di affrontare la realtà.
***
Liam lascia ricadere le braccia lungo i fianchi, come se fossero diventate pesanti tonnellate.
Chiudo gli occhi e faccio rotolare via quelle lacrime che ora mi stanno facendo vedere tutto appannato.
"Tu non puoi essere malata. Sei giovane, non puoi..." Si blocca e lo vedo impacciato, anche lui, come tutti gli altri.
"Lo puoi dire Liam, ho il tumore. È la realtà e per quanto assurdo possa essere, non mi spaventa più"
Lo sento trattenere il fiato, mentre un vento gelido si insinua tra noi, facendomi rabbrividire.
"Ho il tumore e ci convivo da tanti anni ormai. L'ultima clinica, ha optato per vivere al meglio i miei ultimi anni, con una scadenza. Ti rendi conto Liam? Ho una scadenza prefissata"
Alzo lo sguardo e vedo Liam con il suo smarrito, che mi fissa, mentre tiene stretti i suoi pugni.
"In questi anni la mia vita è cambiata, non ho nessuno accanto, perché ogni volta che ammettevo la mia malattia tutti andavano via. Mia madre la prima, sai qual è stata la sua scusa? Mi voleva troppo bene per vedermi deperire" Sogghigno, spostando lo sguardo nel vuoto.
"Chi madre abbandonerebbe mai sua figlia, che sta combattendo questo demone interiore? Mio padre si è preso la responsabilità di tutto, ha cercato migliori medici, ma lui il primo, chirurgo esperto, non è riuscito ad abbattere questo mostro. Mi sono lasciata andare, fino a quando non ho incontrato Eloise. È stata lei la prima a sostenermi, a farmi vivere. Fin quando non sei apparso tu, Liam"
Lui sussulta al sentir pronunciare il suo nome.
"Hai messo completamente il mio mondo sottosopra, mi ero sempre ripromessa di non affezionarmi a nessuno, perché non potevo. Invece, tu sei riuscito ad abbassare le mie difese"
Ammetto, liberandomi di questo peso, ma la verità è un'altra.
"Ma non ce la faccio più. Noi non possiamo condividere niente, io ho il destino segnato Liam, ho la mia data di scadenza e non posso legarmi a qualcuno. Soffrirei io e farei soffrire la persona accanto a me. Perciò, ti prego. Smettiamola qui"
Decreto abbassando lo sguardo.
Il mio cuore sta gridando di non lasciar stare proprio niente, di buttarmi tra le braccia di questo ragazzo, perché è proprio li che dovrei essere.
Poi come al solito, c'è la ragione, che rovina sempre tutto. E mi appiglio a questa.
Vorrei tanto che Liam dicesse qualcosa, che provasse a fermarmi. Invece rimane li, bloccato. E io ne ho viste tante di queste espressioni.Sorridendo, giro le spalle e sospirando mi allontano da quel luogo.
Lo sapevo che prima o poi tutto sarebbe finito e ora eccomi qua. Ancor prima di iniziare, tutto finisce.
Il mio demone ne sarà contento, ma al momento sia il mio cuore, che la mia anima, piangono lacrime amare.
Quando arrivo a casa, sospiro per il fatto di essere nuovamente sola.
Devo ammettere che alle volte è un pregio tornare a casa, con gli occhi rossi e gonfi e non dover dare delle spiegazioni a un padre troppo apprensivo.
Mi dirigo in camera e prima di buttarmi sul letto, sfilo il cellulare dei pantaloni e mando un messaggio sia ad Eloise che a Niall, rassicurandoli di stare bene.
Cos'è accaduto oggi?
Ho scoperto un tradimento, il mio cuore si è spezzato, il ragazzo che amo ha confessato di amarmi e io che ho fatto? Ho spiattellato la mia realtà, il mio demone, il mio inferno, proprio a quella persona.
Faccio schifo! E no, non sto affatto bene.
Ma d'altronde, a chi importerebbe?
Lascio che le ultime lacrime mi facciano da compagnia solitaria, mentre mi addormento singhiozzando.

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Turn back time
FanfictionIl destino. Questa parola così comune, ma di difficile significato. Cosa celerà dietro una vita tormentata? Alyssa, passato e presente difficili. Ha paura di combattere, di uscirne perdente. Perchè sa, che qualsiasi cosa farà soccomberà in ogni caso...