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I'm the daughter of Justin Bieber.

'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo'
                                                  12/01/2014
Non aspettare di essere felice per sorridere. Ma sorridi per essere felice.
(Edward L. Krame)

''-Mia figlia è troppo aggressiva.- Spiegò Justin tenendo ferma Alesha tra le sue braccia.
-Secondo lei da dove proviene tutta questa aggressività?-
Sospirò, strofinando le sue piccole braccia.-Non ne ho la minima idea.- Ammise abbassando lo sguardo sulla bambina.-Papà dice sempre che le botte risolvono tutto!-
Il dottor Byron aggrottò la fronte.-Il tuo vero padre?-
-Sì. Lui si picchiava sempre con le persone, però tante volte perdeva...-
-...ora lui dov'è?-
-In prigione...-
-ti ha spiegato i motivi? Sei ancora in contatto con lui?-
-Sì, è stato beccato con della droga addosso, ma non era sua.- Si precipitò nel difenderlo, come aveva sempre fatto.
Byron continuò a scrivere sulla sua agenda, analizzando il profilo della bimba.
-Ti va di raccontarmi del tuo passato?-
-Io...sì- Annuì, sbattendo più volte le palpebre.-I miei genitori litigavano sempre e mia madre è schizofrenica. A casa non avevamo soldi, quindi andavamo a stare dai parenti o in alcuni monolocali. Papà non si arrabbiava mai con me, mi voleva tanto bene! Invece la mamma mi sgridava sempre e a volte alzava le mani, però non era colpa sua, lei non lo faceva apposta.
Quando ho compiuto i quattro anni gli assistenti sociali mi hanno chiusa in quel brutto posto, perché mia madre aveva cercato di buttarsi dal secondo piano con me tra le braccia...ma non voleva morire, noi due volevamo fare come Peter Pan.-
Justin trattenne il respiro, desiderando non sentire tutte quelle cose...''

-Si accomodi pure.- Erika sorrise cordialmente, invitando il ragazzo a sedersi.
Lui si schiarì la voce, portando una mano sulla nuca.-Salve.- Sorrise timidamente, sedendosi di fronte alla scrivania.
-Sua figlia era una paziente di mio padre giusto?-
-Sì, mi ricordo di lei.- Si inumidì le labbra, sporgendosi in avanti.-Alla fine ce l'ha fatta?-
-Già, ho seguito le sue orme e ce l'ho fatta.-
-Complimenti.-
Per tutta risposta sorrise di nuovo.-Ringrazierò Scooter per avermi dato questo indirizzo...- Mormorò soddisfatto.-Come sta tuo padre?-
-Bene, ora è a riposo, gli manca molto Alesha.-
-Un giorno verremo a trovarvi.-
-Sarebbe bello. Allora, perché è venuto qua?-
-Mia figlia, ho qualche problema con lei... non riesco a capirla.-
-In che senso?-
-A volte mi sembra una persona, altre un altra, è strana. Ho paura che sia qualcosa che c'entri con la mente..-
-Capisco, prendiamo una serie di appuntamenti okay?- Presero gli appuntamenti, basandosi sui loro vari impegni, ottenendone due a settimana, lunedì e mercoledì.
-Grazie mille Erika.-
-Di niente Justin, sai sempre dove trovarmi ok?-

-Merda, merda, merda...- Imprecò più volte, controllando l'ora, era in ritardo di circa venti minuti e conoscendo Alesha si sarebbe lamentata per la fame.
Dopo altri sette minuti riuscì ad arrivare, se non fosse stato bloccato dai media tutto quello non sarebbe successo.
Parcheggiò, uscendo in fretta e furia.-Alesha?- La chiamò, guardandosi attorno. -Alesha.- Preoccupato entrò, per chiedere in segreteria.-Avete visto mia figlia? Alesha Bieber, bassina, viso dolce e capelli marroni.- La descrisse velocemente, iniziando ad agitarsi.
-E' nel retro assieme ad un ragazzo.- Disse senza alzare lo sguardo.
Fece una smorfia, andando dove indicato. Aprì la porta di servizio, inarcando le sopracciglia nel vedere Alesha tra le bracia di un ragazzo, fumare quella che sembrava uno spinello.
Si schiarì la voce, arrabbiato.-Butta quella sigaretta prima che ti faccia sparire dalla faccia della terra.- Sibilò prendendoglielo di mano per buttarlo via.
Lei spalancò la bocca, stupita.
-Alzati.- Ordinò tirandola su con forza. Fumava? Da quando fumava?
La fece entrare di forza in auto, ignorando i suoi piccoli brontolii per tutto il tempo, almeno fino in casa, quando la trascinò in salotto.
-Justin..mi fai male così- Si lamentò, provando a liberarsi.-Non ti sei neanche presentato al mio amico. Non me l'hai fatto nemmeno salutare-
-Non mi interessa.-
-Perché sei arrabbiato!?-
-Perché stavi fumando Alesha, stavi fottutamente fumando degli spinelli.-
-Non erano spinelli...- Mentì grattandosi il naso.-..e poi non c'è nulla di male nel fumare, anche tu lo fai.-
-Io posso, sono grande e non mentirmi! Erano spinelli.-
-No, non li erano.- Disse distogliendo lo sguardo.-Erano dei drum-
-Non prendermi per il culo!- Alzò la voce, tirandole fuori dalla tasca del giubbotto il pacchettino di erba.-Come la mettiamo ora?-
Abbassò lo sguardo, facendo spallucce.-Non è colpa mia..-
-Non..non è colpa tua!? Sei incredibile, ammettilo e basta.-
-Ma...-
-Ma niente, è tua o no questa merda?- Sbottò tirando il pacchetto sopra il tavolo. Abbassò lo sguardo, mugolando parole incomprensibili.-Sì, è mia.- Ammise alla fine, alzando il viso.-Sei arrabbiato con me?-
-Sì che sono arrabbiato con te!-
-mmh..mi dispiace.- fece il broncio.-oggi ti sei dimenticato di me?-
-come? No, i paparazzi...-
Lo interruppe.-Mi hai dimenticata.- Ripeté sempre più sicura.-Ti sei dimenticato di venirmi a prendere.- La sua voce si incrinò, mentre diceva quelle parole.
Tutta la rabbia provata nei confronti della figlia svanì, ora capiva, era stata sempre sensibile in quelle cose, soprattutto quando la dimenticavano da qualche parte o cose simili, soffriva di paura dell'abbandono e dipendenza affettiva.
'' Le persone dipendenti sono schive e inibite, quando sono sole si sentono indifese: vivono nel terrore di essere abbandonate e sono letteralmente sconvolte quando qualche relazione stretta finisce. ''
Alesha era così da bambina e poteva non essere cambiata di una virgola.
Quest'ultima iniziò a piangere sommessamente, strinse le mani in pugni e coprì gli occhi, intenzionata ad andare in camera sua.
-No, no, Alesha.- La seguì, raggiungendola prima ancora che salisse le scale.-Mi dispiace, non volevo farti piangere, vieni qui. Non mi sono dimenticato di te, i media mi hanno visto e ho avuto qualche problema- La abbracciò, intrufolando la mano fredda sotto la sua maglietta, in modo da farla ridacchiare. Delicatamente mosse le dita su e giù, appoggiando il mento sulla sua spalla.
Lesha tirò su col naso, stringendosi al petto del padre.-Scusa- borbottò pulendosi il naso sulla sua camicia.-Eii, non pulirti il naso sulla mia camicia.-
Per dispetto, si pulì di nuovo il naso, smettendo di piangere.-Non voglio vederti mai più a fumare quelle schifezze tesoro, non ti fa bene.-
-Ma non è giusto..-
-Sì invece.-
-Non posso smettere di fumare da un momento all'altro.-
-Lo so, hai ragione, però niente più erba, a proposito, chi te l'ha data quella?-
-Non te lo dico-
-Alesha.- La avvertì, smettendo con le carezze.-Non si può dire.- Rispose staccandosi definitivamente dall'abbraccio.
-Alesha..- Provò di nuovo ad afferrarla, ma quella volta gli sfuggì.-Devo pranzare!- Si giustificò entrando in cucina.
-Ti devo parlare di una cosa importante.- Si sedette accanto a lei, guardandola mangiare con gusto il piatto pieno di pasta al pomodoro e mozzarella.
-Che cosa?- Chiese con la bocca piena.-Non parlare a bocca piena.-
-Va bene.- Rispose ancora con la bocca piena.
-Alesha.-
-Scusami.-
-Ecco, allora..oggi ho preso degli appuntamenti con una psicologa.-
Smise di mangiare, sorpresa.-Una psicologa? Per te?- Domandò ingenuamente.
-No, per te.-
-A me non serve.- Sussurrò giocando con il cibo presente nel piatto.-Non ci andrò.-
-Sì che ti serve tesoro.-
-No..- si alzò, offesa.-Io non sono pazza, vacci tu dalla psicologa- Detto questo si rintanò in camera sua , non lasciando al padre la possibilità di spiegarsi meglio.
Prima che potesse seguirla o chiamarla, il suo telefono squillò, era Scooter e a quanto pare c'era stato qualche tipo di problema con le date del tour.
Tour che aveva quasi dimenticato.-Cazzo..- e chi lo andava a dire ad Alesha? Piangeva se faceva ritardo a prenderla a scuola, non immaginava che sarebbe successo se fosse partito per un tour-fortunatamente non mondiale- come glielo avrebbe potuto dire?
-Ascolta Justin, ormai abbiamo programmato le date, non si può annullare tutto perché a quella bambina mancherai molto, è il tuo lavoro, si abituerà!-
-Ho bisogno di tenerla d'occhio, non è solo lei a non riuscire a starmi lontano. Non riuscirò a dormire a pensarla qui, lontano da me-
-Sei un cantante Justin, questo è il tuo lavoro, parla con lei, facci parlare la psicologa, ma vedi di iniziare per tempo.- Riagganciò, lasciandolo interdetto.
Sospirò, giocherellando con i capelli.-In che razza di casino mi sono cacciato?...- Domandò a se stesso, sbuffando.
Istintivamente alzò il capo, quando notò la figlia imbronciata entrare in cucina, ma decise di non parlare e limitarsi ad osservarla, finché non avesse avuto le parole giuste per spiegarle la situazione.
-Smettila di fissarmi.- Borbottò aprendo il frigo.
Tirò fuori la bottiglia del succo di arancia e due fette di torta al cioccolato, che mise a scaldare nel microonde. Si versò il succo nel bicchiere e rimise tutto a posto, concedendosi un sorso.
-Alesha io ti voglio bene.- Cominciò esausto da tutto quello che era successo in una sola giornata.-Tanto, tanto, bene.- Aggiunse, sperando di attirare la sua attenzione.
-Io no.- Rispose prendendo un vassoio per metterci sopra il suo piatto e il succo.
-Dai..non fare così, lo so che tieni a me quanto io tengo a te.-
-No.-
-Alesha.-
-Smettila di ripetere il mio nome con quel tono. Hai preso appuntamento con una psicologa senza prima avermi consultato, sei tu ad aver sbagliato.- E detto questo se ne andò, di nuovo.
Che avesse ragione?

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