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I'm the daughter of Justin Bieber.

'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo'

19/10/2014
Non si è mai completamente vestiti senza un sorriso.
(Martin Charnin)

Sei mesi dopo...

Una nuvoletta.
Due nuvolette.
Tre nuvolette.
-Tieni.- Alesha passò al fratello lo spinello, smettendo di contare le nuvolette di fumo sopra la sua testa, non avrebbe voluto arrivare così infondo, ma l'erba che si procurava Cleve era davvero buona e non riusciva a farne a meno.
-Quanti soldi ti servono per altre dosi?- Si mise seduta, cercando con lo sguardo la sua borsa. Di sicuro non potevano fumare liberamente a casa Bieber, quindi si erano presi in affitto un appartamento fuori città da quattro mesi, così che nessuno sospettasse di nulla.
-Dammene cinquecento, ci basteranno per un po'.- Afferrò il gruzzolo di soldi, mettendoli da parte.
-Beh, ora io devo andare a casa, tu rimani qui?- Rabbrividì a causa del pavimento freddo, pentendosi di essere rimasta scalza.
-Sì, hai gli occhi leggermente rossi, attenta a non farti beccare, a tuo padre non piaccio.-
Lei annuì, chiudendosi in bagno per osservarsi allo specchio, i capelli biondi arruffati le ricadevano disordinati sulle spalle, gli occhi verdi contornati di rosso e il viso pallido facevano capire quanto avesse esagerato quella mattinata, sperava solo che Justin o Erika non se ne accorgessero, non le andava di sentirsi rimproverare come se fosse una bambina piccola. In quei mesi sembravano essersi coalizzati per tenerla d'occhio, si sentiva occasionalmente osservata ogni volta che usciva senza la guardia.
-Muoviti Alesha! Devo pisciare.- Alzò gli occhi al cielo nel sentire le lamentele dall'altro lato della porta, prendendo il suo tempo per sciacquare il viso e rifare un trucco più pesante, la sera aveva un evento di cui nemmeno ricordava il nome e doveva apparire perfetta agli occhi degli altri, così le dicevano le truccatrici ed i parrucchieri.-Devo ancora passare la piastra sui capelli.- Attaccò la presa elettrica, aspettando che si riscaldasse mentre pettinava i capelli con la spazzola trovata nel pensile.
-Fallo a casa tua no?-
-L'affitto lo pago io, quindi questa è casa mia.- Soddisfatta della sua stessa risposta iniziò a passare la piastra tra i capelli, facendo attenzione a non scottarsi come le accadeva ogni tanto.
-Quanto sei antipatica oggi, hai trovato qualche ragazzo su cui sfogare le tue frustrazioni?-
-Uhm..si, è Dominic Sherwood, quello che recita in Shadowhunters, guarda online quanto siamo carini assieme.- La sua ''nuova vita'' era molto diversa, non aveva tempo per uscire con nessuno, non che avesse molto amici, e andava sempre da una parte all'altra, fingendo dei sorrisi e raccontando la dolce storia tra lei e Justin.
-Sì... Alesha hai lasciato il tuo telefono qui e non smette di suonare, penso che Justin sia preoccupato.- Ridacchiò divertito, indeciso se rispondere o meno, gli piaceva farlo arrabbiare e sapeva che se la sarebbe presa se avesse risposto, quindi lo fece, sghignazzando senza un motivo preciso, l'erba aveva un forte effetto su di lui quando esagerava con le dosi.
-Pronto?-
-Dio...perché hai il telefono di Alesha? Lei dov'è?- Riusciva a percepire il tono preoccupato, il che lo divertiva moltissimo.-E' in bagno, tutta nuda ad aspettare il suo nuovo fidanzatino.-
-Che cazzo spari? Passamela e non rompere il cazzo.- Sbottò sperando di riuscire a parlare con la figlia entro mezzogiorno.
-Aleshaaa, c'è quel rompicoglioni di tuo padre al telefono!- Nel sentire quelle parole la ragazza uscì, sbiancando alla vista del fratello con suo cellulare in mano.
-Cleve dammi il cellulare!- Strillò allungando la mano per riprenderselo, ma lui fu più veloce nello scansarsi per iniziare a correre per la stanza, saltando di tanto in tanto sul letto per sorpassarla.-Alesha ieri ha fatto sesso tutta la notte!-
-Cleveland!- Alla fine riuscì a riprenderlo e si diede da fare per indossare le scarpe e correre fuori di casa.-Pronto?- Imprecò nel notare di aver lasciato la giacca in casa, era Ottobre e faceva abbastanza freddo, tuttavia c'era del vento che la infastidiva, ma non avendo voglia di rifare le scale camminò barcollando per le strade, sperando di non essere riconosciuta.
-Alesha, spiegami perchè diavolo ti trovi fuori città? Pensavi che non l'avrei scoperto?-
Lei impallidì, fermandosi di fronte a un bar dipinto di un giallo intenso, in effetti le era venuta molta fame.
-Perché qui c'è un bar che adoro.- Entrò, beandosi del calore su tutto il viso.-Cleve ha preso un appartamento qui.- Ammise notando di averlo fatto rimanere in silenzio. Infilò le cuffiette nel cellulare così da poter avere le mani libere, sorridendo al barista appena si mise a sedere su uno sgabello.
-Alesha..-
-No, non iniziare con la ramanzina su mio fratello.- Lo riprese prima ancora che potesse dire qualcosa.-So quello che sto facendo.-
-Alesha quel ragazzo non mi piace, ti sta allontanando da me.- Sospirò pesantemente, ordinando una cioccolata calda e un pancake a forma di gorilla, ecco perchè amava quel bar, non se ne trovavano molti in giro che facevano pancake personalizzati.
-Sei tu quello che si sta allontanando, non usare Cleve come scusa.-
-Io non mi sto allontanando, lavoro per recuperare il tempo che ho perso.- Si difese in tono stizzito, conoscendo in pieno le ragioni della figlia.
Aveva passato poco tempo con lei dall'uscita in prigione, si era limitato a tenerla d'occhio mandando le sue più fidate guardie, anche se avevano passato insieme due mesi interni in vacanza.-Justin perché mi hai chiamata?- Provò a non perdere la lucidità nel parlare, così da non fargli capire gli effetti dell'erba su di lei, doveva solo concentrarsi.. non se ne era accorto prima e non avrebbe dovuto capirlo al cellulare.
-Voglio pranzare con te oggi, so che non hai impegni quindi non inventarti scuse.-
-Pranzare con me? Viviamo nella stessa casa, perché me lo chiedi?- Aggrottò la fronte infilando in bocca l'intera testa del gorilla.
-Perché non saresti tornata per mezzogiorno e non voglio mangiare a casa, ma nel tuo ristorante preferito.-
Fece altri due bocconi, ripulendo il piatto prima di rispondere.-Il Mc Donald's?-
-No.. quello a cui siamo andati per il compleanno di Ryan, mi avevi detto che ti piaceva molto..-
Si addolcì nel sentirgli dire quelle parole, allora un po' gli importava.-Oh..okay.-
-Ci sarà anche Erika, se non ti da fastidio.- Fu molto cauto nel darle quell'informazione, non volendo che la prendesse male come durante il viaggio ad Ibiza.
-No, non mi da fastidio, è la mia psicologa. A che ora devo essere a casa?-
-Alle undici, ti voglio bene Alesha, ci vediamo tra un ora.-
-Ciao Justin.- Aspettò che fosse lui a riagganciare, riprendendo poi a finire la sua colazione.
-Ehm, tu sei Alesha? La figlia adottiva di Justin?- Si voltò sorpresa verso la donna che la stava squadrando con interesse, quasi come per capire cosa avesse di così speciale per essere stata così fortunata.
-Sì..ti serve qualcosa?- Sembrava più grande di lei di qualche anno, aveva i capelli biondi, gli occhi castani ed una corporatura robusta, si vedeva che faceva palestra.
-Vorrei farti vedere una cosa qui fuori, puoi seguirmi?- Probabilmente a causa della droga nel suo sangue decise di pagare e seguirla, senza prendere precise precauzioni.
-Dove..dove stiamo andando?- Nonostante la vista offuscata riuscì a capire che si trovavano in un vicolo cieco, dove c'erano altre ragazze più o meno simili a lei di corporatura.-Noi siamo delle fan di tuo padre e per colpa tua è finito in prigione.-
-Cosa? Io..- Non fece in tempo a finire la frase a causa del colpo che ricevette in pieno viso, a quanto pare si era messa in guai seri.
*.*.*
-Alesha appoggiati a me, la mia macchina è qui vicino.- Ryan fece da stampella alla ragazza, aprendole la portiera una volta di fronte all'auto parcheggiata per strada.
-Ryan mi fa male tutto.- Borbottò a bassa voce, lasciandosi cadere sul sedile del passeggero. Dopo essere stata picchiata brutalmente da quelle donne si era lasciata andare ad un pianto isterico e aveva vomitato la colazione accanto al suo stesso corpo sdraiato, non si era data da fare per cercato aiuto, aveva solo deciso di rimanere lì ed aspettare che qualcuno si accorgesse di lei. Per sua fortuna Ryan si era fermato allo stesso bar, attratto dai pancake disegnati sulla vetrina dello stesso negozio in cui Alesha aveva fatto colazione.
-Sta tranquilla adesso andiamo in ospedale.- Mise in moto, lanciandole un pacco di fazzoletti.-Stai perdendo così tanto sangue che non capisco da dove stia uscendo.-
-No, non voglio andare in ospedale, portami a casa tua, sono solo dei lividi.- Gemette, provando a tappare il naso con due fazzoletti, dopodiché si concentrò sull'occhio destro, troppo gonfio per riuscire ad aprirlo.
-Alesha...sei piena di lividi.- Prese il labbro inferiore tra i denti, indeciso sul da farsi, poteva vedere i lividi rossi sul suo stomaco rimasto scoperto dal crop top bianco.
-No, tu non ti preoccupare Ryan, portami a casa tua. Basterà un po' di acqua ossigenata.-
-Come vuoi, cos'è successo?-
-Delle fan ti Justin mi hanno attaccata perchè è colpa mia se è finito in prigione, una di loro riprendeva tutto con un telefono.- Ormai l'effetto dell'erba era svanito, si sentiva affamata ed esausta, non era riuscita a difendersi per colpa della canna fumata mezz'ora prima e se ne vergognava molto.-Ryan sono stanca di tutto questo, forse sarebbe stato meglio lasciarmi lì in quel vicolo.-
-Ti assicuro che avrei reagito al tuo stesso modo, insomma, picchiarti per una colpa che non hai, le denunceremo va bene? Ti ricordi le loro facce?-
-No.- Mentì, estraendo il cellulare dalla tasca per vedere se Justin aveva provato a contattarla in qualche modo.-Ho dieci chiamate perse, puoi chiamarlo tu e dirgli che sto bene?-
-Tu non stai bene. Se fossi mia figlia vorrei sapere chi ti aggredisce per strada, andiamo da Justin.-
-Ugh...ti odio Ryan.- Emise un lamento, restando in silenzio per il resto del tragitto, non voleva sentire la predica di Justin sul fatto che fosse uscita da sola e sapeva anche che Erika avrebbe intuito le sue bugie quando le avrebbero chiesto il riconoscimento facciale degli aggressori.
-Dai, ti tengo la mano e andiamo, non sarà poi così terribile, sei tu la vittima.- Alesha annuì alle parole di Ryan, stando dietro di lui mentre digitava il codice per l'apertura del cancello.
-Alesha! Saresti dovuta essere qui un ora fa, ma che fine...- La voce di Justin si bloccò appena incrociò il suo sguardo.-Alesha! allora andiamo?- Anche Erika rimase sorpresa, cos'era successo?
-Delle...delle ragazze l'hanno aggredita per strada incolpandola di averti fatto finire in prigione, l'ho trovata in quel vicolo da sola e l'ho portata qui.- Spiegò portando davanti a lui il suo esile corpo martoriato.-Vi prego, si sente già di merda quindi non parlatele di bodyguard e responsabilità.-
-Mi dispiace così tanto, la gente sa essere così cattiva. Grazie mille Ryan per averla trovata e riportata a casa.-
-Ora devo davvero andare, per portare Elias ad una visita medica.- Salutò Justin ed Erika, stampando un grosso bacio sulla fronte di Alesha.-Non sforzare l'occhio provando ad aprirlo, se no peggiorerà.-
-Ciao Ryan...- A testa bassa si incamminò per la sua stanza pronta a tuffarsi nel letto per piangere senza sosta, però Justin non sembrava essere della stessa idea visto che le afferrò il polso, riportandola accanto a lui.-Erika, per favore lasciaci da soli, andremo in quel ristorante un altro giorno.-
-Va bene e mi raccomando...- Gli diede un ultima occhiata prima di sparire in cucina.
Justin buttò fuori un sospiro, conducendola nel bagno adiacente alla sua stanza, non sapeva cosa dirle riguardo alla situazione, anzi, non avrebbe avuto nulla da dirgli in quel momento, quindi continuò a muoversi senza parlare.
Una volta all'interno del bagno la spinse a sedersi sullo sgabello accanto alla vasca idromassaggio, per poi allontanarsi e prendere il kit d'emergenza posto nello scaffale in alto, cos'avrebbe dovuto fare a quel punto? Mettere un annuncio su twitter per tutte le fan di sicuro non avrebbe funzionato, poteva solo denunciarle una volta capito chi fossero.
Quelle ragazze l'avevano aggredita così violentemente e si definivano sue fan, ''lo avevano fatto per difenderlo'' erano delle fottute bugiarde ed avrebbero pagato per quello.
Si inginocchiò di fronte a lei, estraendo l'acqua ossigenata e i batuffoli di cotone per ripulirla dal sangue secco presente sul viso, mischiato a quello fresco. Ce n'era così tanto che dovette usare quasi metà del pacchetto di cotone per ripulirle bene tutta la superficie facciale, ricordandosi di applicare un cerotto sullo zigomo sinistro ed uno quadrato sulla guancia destra. Serrò le labbra nel notare che riusciva a malapena ad aprire l'occhio nero, non avrebbe mai offeso l'aspetto esteriore di sua figlia, tuttavia il suo viso era davvero orribile, solo l'occhio sano si salvava, il resto l'avevano colpito, quasi come se lo avessero fatto di proposito.
Scrutò attentamente il collo per vedere se c'erano altri lividi, notando anche alcune strisce di sangue sul top della calvin klein che ultimamente vedeva addosso a molte ragazze, abbinato a dei pantaloni grigi della tuta.-Chiamerò la polizia così da poter fare la denuncia e tu dovrai fare il riconoscimento facciale di quelle ragazze.- Ruppe il silenzio con quella frase, sfilandole con attenzione i vestiti.
-Non le ho viste in faccia.- Mentì portando la mano sul naso per grattarlo.
-Alesha non è il momento di dirmi bugie.- Sibilò applicando con maggiore forza la crema all'arnica sui suoi lividi, provocandole una smorfia di dolore.-Aia!- Strillò scattando all'indietro arrabbiata.-Mi hai fatto male.- Borbottò abbassando lo sguardo sul corpo coperto solo dall'intimo bianco, ne aveva un bel po' di lividi e nemmeno se ne era accorta, ce n'era uno grandissimo sul fianco di cui non sentiva il dolore.
-Come tu ne stai facendo a me col tuo comportamento.- Mormorò smettendo di metterle la crema.-Okay, non è stato più lo stesso dopo che sono uscito dalla prigione, ma non puoi capire che effetto mi ha fatto stare li dentro con l'accusa di averti violentata. Ora mi sento male anche solo a guardarti in intimo perché mi sento in colpa e so che tutto questo non è normale.-
-Cosa non è normale?-
-Il nostro rapporto, io non sono tuo padre e tu non sei mia figlia. Se fosse così io non ti spoglierei in questo modo, anche solo per curarti.- Finalmente riuscì ad ammettere ciò che lo tormentava da tempo, lui e Alesha non sarebbero mai potuti essere solo padre e figlia.
-Io ti voglio bene e preferisco averti come un genitore....piuttosto che non averti del tutto.- Abbassò lo sguardo, stringendo le braccia attorno a sé stessa, triste per il fatto che Justin avesse iniziato quel discorso.
Lo sapeva che i piccoli baci sulle labbra non erano del tutto innocenti.
-Alesha, principessa...guardami.- Le tirò su il viso, fissando i suoi bellissimi occhi verdi.-Ti amo, ma penso di non amarti nel modo giusto, ho bisogno di stare un po' lontano da te, altrimenti mi arresteranno per davvero questa volta. Ho quell'incessante voglia di averti accanto a me, ogni volta e mi fa paura.-
-Lontano da me?- Sgranò gli occhi, voleva stare ancora più lontano da lei di quanto lo stava facendo in quei giorni..-No, no, io...-
-Alesha io sono ossessionato da te, ho parlato con uno psicologo, Erika non lo sa ma volevo qualcuno di nuovo e secondo lui tu provi una certa di dipendenza affettiva verso di me!-
-No, lui non sa nulla, lui non mi conosce, tu non mi ami in quel senso, io sono la tua bambina, tu mi hai....-
-No io non ti ho cresciuta, ti ho avuta per poco e mi sei stata strappata dalle mani, io non sono tuo padre.- Un rivolo di lacrime solcò il suo viso nel dire quelle parole a voce alta, non era riuscito ad ammetterlo nemmeno allo psicologo e in quel momento lo stava facendo con la persona a cui teneva di più.
-Sì invece, sei il mio papà, Justin tu sei il mio papà.- Alesha scoppiò in lacrime e istintivamente portò le mani chiuse in piccoli pugni tra le labbra, disperata, Justin non la voleva più.
-No non lo sono Alesha. Ho revocato l'adozione, per quando compirai i diciotto anni sarai libera.-

Autrice:
Fatemi notare se ci sono errori perché non ho avuto tempo per rileggerlo!
Scusate il ritardo.

-2 capitoli alla fine.

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