I'm the daughter of Justin Bieber.
'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo'
14/01/2014
Se non ti arrampichi, non puoi cadere. Ma vivere tutta la vita sul terreno non ti darà gioia.-No, è stato papà a costringermi a venire qui.- Spiegò Alesha rannicchiandosi sulla poltrona.
-Lo chiami spesso papà?- Chiese Erika prendendo il suo taccuino.
-No, non lo chiamo papà, non parlando con lui, solo quando ne parlo con gli altri, io non lo so.- Giocherellò con alcune ciocche dei capelli, distogliendo lo sguardo.
-Oh, capisco, non ti senti a tuo agio nel chiamarlo papà?-
-Un pochino..preferisco Justin.-
-Sai,lui ci tiene molto a te ed è preoccupato che qualcosa non vada, ne vuoi parlare?-
-Io sto bene.- Rispose abbassando lo sguardo sulle sue mani unite. Qualcosa dentro di lei stava cambiando.
-Alesha, io sono qui per ascoltarti, puoi dirmi tutto, rimarrà solo tra di noi.-
Lei non rispose, limitandosi a torturasi le mani. Ad Erika quel gesto non passò inosservato, ma decise di non intervenire.-Il nostro tempo è finito, ora vorrei parlare anche con tuo padre se non ti dispiace.-
Annuì, sempre con la testa bassa, ignorando l'entrata di Justin, che le lanciava strane occhiate.-Come mai così silenziosa? Che è successo? Stai bene?- Se ci pensava meglio gli era già capitato di vederla in quello stato, raramente. Rimaneva seduta in silenzio a farsi male alle mani, come in uno stato vegetativo.
Fece di sì con la testa, osservando attentamente le mani piene di graffi, se avesse continuato avrebbe perso sangue.
-Bambina, guardami.- Le alzò il viso, in modo da poter scontrare i loro occhi.
-Va tutto bene.- Sorrise teneramente, prendendo le piccole mani della figlia tra le sue.-Piuttosto, graffia le mie di mani, okay?- Dopodiché l'afferrò per i fianchi, portandola in braccio a lui.
Lei gli diede retta, continuando a guardarlo negli occhi, come per cercare di capire se fosse abbastanza affidabile.
Sembrava quasi un'altra persona e forse lo era...
-Uhm...credo che io e lei dobbiamo parlare, da soli.- Borbottò la giovane donna rivolgendosi unicamente a Justin.
Lesha strinse leggermente la maglietta del padre, visibilmente contrariata.
-Ti va di aspettarmi fuori? Solo un attimo.- Bisbigliò accarezzandola dolcemente.
Scosse la testa, tornando ad auto infliggersi del dolore.
-No, no, ecco, guarda qua, tu ti siedi qua ad usare il telefono mentre io parlo con Erika va bene?- La fece sedere sul divanetto posto in fondo alla stanza, ponendole il telefono tra le mani.
La psicologa, sorpresa dalla pazienza del padre lo guardò ammirata.-E' abituato?- Si ritrovò a chiedere quando ebbero il loro piccolo momento di privacy.
-No, è la prima volta che interagisco con lei quando si trova in questo stato, di solito mi da le spalle, in silenzio. Non ci ho mai fatto molto.-
-Beh..avrebbe dovuto, sua figlia è un caso molto particolare e da come ho potuto notare soffre anche di autolesionismo, nulla di grave.-
-E' per quando si graffia le mani?-
-Sì.-
-Delle volte si tira i capelli ed è difficile fermarla...-
-Lei è davvero bravissimo a farle capire che il suo comportamento non è normale, non la mette a disagio, anzi, sembra si fidi tantissimo ed è un bene.
Però è evidente che abbia molti problemi mentali..- aggiunse a bassa voce.
-Ad esempio? Lei cosa crede che possa essere?-
-beh.. Non ne sono sicura, perché associare questa malattia a dei pazienti è solitamente sbagliato, ma dovrebbe essere il disturbo della personalità multipla-
-Che cosa!?- la guardò scioccato, attendendo altre informazioni.
-Spero che lei si stia sbagliando-
-Non ne sono sicura ma questa è una mia ipotesi, manifesta i sintomi ma potrebbe essere solo l'adolescenza , non ne ho idea, sua figlia è un caso così difficile- affondò il viso tra le mani, esausta.
-non mi è mai capitato nulla del genere, forse dovrei parlarne con papà--Dovreste venire a cena da noi..magari domani sera.- Propose quando fu il momento di salutarsi.
-Se siete vegani io non vengo.- L'avvisò Alesha, tornata finalmente in sé.
Si sostenne al braccio del padre, stanca, per lei era stata una giornata pesante, a scuola le avevano dato un brutto voto, molte delle ragazze la guardavano male perchè girava la voce che avesse spezzato il cuore a Jaxon.
Dalla psicologa non era stato il massimo e si sentiva stanca, come se avesse fatto un enorme sforzo mentale.
-No, per tua fortuna mio padre è un grande amante della carne, ogni domenica organizza un barbecue.-
-Ugh, la mia testa... Io vado in macchina. Arrivederci.- Salutò cordialmente, allontanandosi.
-Aspettami, potresti star male.- Suo padre la seguì apprensivo, dopo aver pagato.
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-Devi fare i compiti, basta con quel telefono.- Lei sbuffò, cercando di andare più in là sul suo letto spazioso.
-Non riesco a farli, lasciami in pace. Mi fa male la testa.- Rispose abbracciando il suo buggy bear.
-Ti fa male la testa solo quando devi studiare.- Disse sfilandole di mano il telefono. -Con chi parli così tanto?- Sapeva di non star invadendo la sua privacy, lei gli parlava sempre di tutto, incapace di nascondergli qualcosa, a meno che non ne valesse davvero la pena.
-Blaze, l'ho invitato a fare i compiti da me- Spiegò facendo spallucce. Justin annuì, scorrendo tra i vari messaggi.-Credevo non stessi bene.- Insinuò sdraiandosi vicino ai quaderni.
-Me li avresti fatti fare comunque.- Disse riferendosi ai compiti.-con Blaze la matematica è tutta più semplice.-
-Lui ti piace?- Domandò schietto, non voleva perderla di vista neanche un attimo, riusciva sempre a capire quando mentiva.
Scosse la testa.-No, è solo un amico, gli voglio tantissimo bene.-
-C'è qualcuno che ti piace?- Si sporse verso di lei, sperando di ricevere una risposta sincera.
Sorrise.-In che senso mi piace?- Era solita aprire più del solito gli occhi verdi quando si parlava di ciò che gli interessava.
-Nel senso...una cotta, i primi amori.- Divagò gesticolando con le mani.
-Justin io non ho relazioni, non mi piacciono, non voglio nulla di serio.-
-Cosa?- Si tirò su seduto.-Nulla di serio?-
-Già.-
-Non ti vorresti sposare? Avere dei bambini? Un futuro certo?-
-Juss non so nemmeno cosa studiare a scuola, non mi piace organizzarmi prima. Accadrà quel che accadrà.-
-Ma non puoi fare così! Non hai scelto la tua carriera?? Lo devi fare, quest'anno, vuoi andare all'università più avanti?-
-Non so cosa voglio fare.- Mormorò aggrottando la fronte.-Ho ricominciato ad andare a scuola da poco...non puoi capire.- In fondo poteva, la sua bambina aveva dovuto crescere da sola, lasciando gli studi per lavorare e mantenersi.
-Io ti capisco, ma devi imparare a prendere delle decisioni.- Si appoggiò allo schienale del letto, posandola tra le sue gambe, in modo da farle appoggiare la testa sul suo petto.-Vuoi lavorare in futuro giusto?- Sussurrò al suo orecchio, disegnando cerchi immaginari sul suo stomaco scoperto.
-Sì.-
-Se continui così, senza una meta precisa diventerai una mantenuta, da tuo marito e tuo padre.-
-Tu mi manterresti?- Stupita, alzò lo sguardo su di lui.
-Certo, dovrei lasciarti a trentanni sotto un ponte perché non hai lavoro?? No,ti terrei a casa con me oppure ti pagherei una casa.-
-Io non voglio questo.- Mormorò ritornando con lo sguardo basso. Doveva seriamente pensare a cosa voleva fare, ma non aveva nessun idea in mente.
-Il tuo amico sarà qui a momenti, va a dare una sistemata di sotto, non pensare di fare qui i compiti e vestiti- Lasciarla in camera con un ragazzo?? Mai.
-Non ne ho voglia.-
-Alzati e vestiti- Lei scosse la testa, stava troppo comoda rifugiata tra le sue braccia.
-No, sei caldo, morbido, non voglio più andare via, voglio rimanere così per sempre.-
-Non sono morbido, dai, sistema qui e il salotto.- Si staccò dalla stretta, bisognoso di andare in bagno.
-No! Torna qui.- Rise, cercando di riacciuffarlo.
-Non rompere, devo andare in bagno.- Provò a scendere senza farsi prendere, ma tra le coperte, i libri e le penne perse l'equilibrio, cadendo a terra.
-Ho vinto!- Esclamò prima di lanciarsi letteralmente su di lui.
Quest'ultimo gemette dal dolore per il forte impatto ricevuto.-Alesha...- Emise un lamento, non sentiva più la schiena.-...mi hai fatto male.-
-Hanno suonato il campanello!- Scattò in piedi, correndo di sotto.
-I pantaloni!- Ignorando il dolore iniziale la inseguì, riuscendo a prenderla a metà scale.
-Grazia, per favore apri tu e sistema Blaze in salotto, deve fare i compiti con mia figlia, lei arriverà subito.- Spiegò velocemente, mentre provava a tenerla ferma tra le sue braccia.
-Ma questo è il mio pigiama!- Esclamò provando a liberarsi.-Che c'è di male?- Durante quelle domande si lasciò trasportare di peso in camera sua.
-Non è un pigiama sei in mutande! Dove sono i pantaloni?-
-Non lo so.- Voltò il viso verso di lui, sbilanciandosi di più per poterlo baciare sulla guancia.
-Smettila.- Scostò il viso, lanciandola sul letto in modo brusco, causando la sua risata, ma non c'era nulla da ridere.-Mi fai incazzare! Possibile che tu non abbia la tua dignità?-
-Si che ce l'ho.-
-Non è vero, non ti fai problemi con gli uomini, perché!? Abbi più rispetto del tuo corpo.- Sbottò tirandole in pieno viso i pantaloni, i quali indossò subito.
-...io ho sempre abitato con soli maschi, non si sono mai fatti troppi problemi, per me è tutto naturale.- Provò a spiegarsi, tentando di non mettersi a piangere.-Sono stata fino ai sedici anni con un uomo burbero, dopo assieme a mio padre e mio fratello..la presenza maschile..-
Lui la interruppe, scioccato.-Fratello?-
-Sì..l'ho conosciuto quando sono partita..io vado da Blaze.- Detto questo lasciò la stanza.
*..*..*
Justin spense la sua sigaretta, entrando in cucina in maniera da poter spiare meglio Blaze ed Alesha, indaffarati con gli esercizi.
Quando l'aveva adottata non gli era stato detto di nessun fratello ed ora compariva così? Dal nulla?
Oppure era l'attuale figlio del suo vero padre? In fondo, poteva anche essersi risposato...no, lo avrebbe saputo dalla chiacchierona di sua figlia.
-Alesha?- Blaze deglutì, provando a non perdersi negli occhi verdi della ragazza, se lo avesse fatto non sarebbe riuscito a parlarle correttamente, senza balbettare.
-Sì?-
-Dovranno operarmi presto e forse potrò riprendere a camminare.- Disse tutto d'un fiato.-Andrò in Gran Bretagna, sarà un intervento complicato..ma con una persona ha funzionato e potrebbe succedere pure a me.-
-Oh...io..sono contenta.- Salì sulle sue gambe, sapendo che non sentiva nulla in quel punto e lo abbracciò, forte.-Mi lascerai qui da sola...quando?-
-Non sarà per molto..spero, partirò a Giugno, così da poter finire la scuola.- Esitante passo le mani tra i suoi capelli, aveva sognato davvero molte volte di farlo, ma non avrebbe mai creduto che Alesha gli avrebbe dato quell'opportunità.
-Mi mancherai tanto.- Ammise dispiaciuta.-La Gran Bretagna è lontana? Posso venire a trovarti?- Blaze ridacchiò, toccandole la guancia destra.-Ci divide il vasto oceano atlantico sai?-
Lei socchiuse le labbra, non sapendo cosa dire.-In aereo sarebbero otto ore, forse anche di più e il biglietto è costosissimo.-
-Non voglio non vederti mai più.- Sostenne iniziando a piangere.
-Non fare così...noi ci rivedremo.- Lei non rispose, pianse, appoggiata a lui, che tentava di farla smettere in tutti i modi possibili.
Il suo unico vero amico se ne stava andando, come tutti gli altri.
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I'm the daughter of Justin Bieber.
FanfictionAlesha, una ragazza di 17 anni, piomberà nella vita del famoso cantante Justin Bieber, suo padre. Non è la solita storia, provate e passate a leggera... Tratto dal primo capitolo: -Wilson dove mi manderà?- Chiese col tono di voce più preoccupato che...