25.

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Stash pov

"Carmen non è soltanto una ragazza  a cui piace farsi odiare o una che possiede un club." dissi mentre ero illuminato da una luce fioca della stanza di hotel di William mentre entrambi, sia lui che Megan, mi fissavano, "È fuori di testa. Uccide."

William era preparato a sentire la mia storia e teneva una penna e un notebook, ma non scriveva. Continuava a guardarmi e stavolta non guardai da un'altra parte. Avevo bisogno che vedesse che stavo dicendo la verità.

"L'hai vista uccidere qualcuno, Stash?" chiese, senza mostrare nessuna emozione in viso.

"Sì." Deglutì, sapendo che avrei raccontato tutta la storia. Alex era l'unica altra persona a cui l'avevo detto. E questo dopo che era successo...non ne avevo più parlato da quel giorno...ma non era mai uscito fuori dalla mia testa.

"Non sono sicuro di sapere perché lo abbia fatto." iniziai, "Forse ha visto qualcosa che non doveva vedere, o era stato ordinato a lei da uno dei suoi familiari per sbarazzarsene...non so perché. Ma posso dirti quello che ho visto."

William annuì e scrisse qualcosa ma credo fosse pronto per sentire il resto.

"È successo subito dopo che iniziai ad appartenere a Carmen. Dopo tutto il rituale con il sangue..." dissi, cercando di ritornare indietro a quella notte così da non dimenticare nessun dettaglio...mentre la raccontavo ad alta voce.

Non potevo ancora essere libero di girare per il club a quel punto.  Parlavo troppo, litigavo con lei a volte, volevo la libertà di vedere mia figlia quando volevo, e la tomba di Tanya, ma non mi era permesso.

Non cercai mai di scappare, ma ero ancora in allenamento. Ero seduto nel sotterraneo sotto il Fire, nella mia gabbia, la stessa gabbia in cui avrei dovuto lavorare come vampiro qualche volta.

Nudo, come al solito, non ero ferito o avevo cicatrici quella sera, avevo solo fame. Stavo aspettando Carmen, sperando che mi portasse qualcosa da mangiare. Quel giorno avevo imparato tutte le posizioni, quali erano i comandi che mi avrebbe dato per fare quelle  posizioni, e come parlarle con il giusto tono di rispetto...e come trattenermi dal parlare o addirittura urlare per il dolore fino a quando non mi fosse stato dato il permesso.

Mentalmente, ero disidratato e non avevo mangiato tutto il giorno. Aveva detto che non me lo meritavo ancora. Ero stato da solo nella stanza per circa due ore quando la sentii tornare indietro.

Ma non era da sola. Sentii i piagnucolii di un uomo, li sentivo prima ancora di poterli vedere, ma la voce era terrorizzata e molto stressata.

Carmen stava trascinando un ragazzo, avrà avuto circa 18 o 19 anni. Aveva i capelli biondi e la pelle abbronzata, sembrava il tipico californiano. Era nudo e aveva un collare attorno al collo, e i suoi polsi erano legati dietro di lui. Veniva in ginocchio, mezzo strattonato da lei.

Non sembrava ferito o che stesse sanguinando da qualche parte, ma qualcosa lo faceva tremare e singhiozzare.

Per un momento orribile, avevo paura mi facesse fare qualcosa con il ragazzo come scoparlo...o il contrario, contro entrambi i nostri voleri...odio pensare che quello fu il mio primo pensiero per me stesso, ma non ero abituato al dolore all'inizio, ancora non avevo la visuale che dovevo esibirmi per uomini. Non ero completamente rotto a quel punto. Ma stava per cambiare.

Stavo quasi per parlare, ma mi ricordai le mie ore di allenamento quel giorno e non parlai fino a quando non mi era permesso.

'Inginocchiati.' mi comandò Carmen dato che ero seduto nella gabbia.

Mi alzai senza proferire parola e mi inginocchiai, facendo in modo che fossi dritto e misi le mani dietro la schiena come mi aveva insegnato, tenni la testa alta e gli occhi verso il basso.

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