18.
La mattina seguente, mi svegliai con un tremendo mal di testa e le ossa rotte.
Il giorno precedente, dopo aver saputo della condanna subita da quel giovane di cui non conoscevo nulla, non ero più riuscita a guardare Duncan negli occhi.
Mi ero sentita una sciocca, nel comportarmi a quel modo, ma non ero riuscita a evitarlo.
Lo avevo lasciato alle sue mansioni, impegnato a recuperare il tempo perso in clinica, mentre io avevo passato tutto il pomeriggio a strigliare i cavalli.
La zampa di Gabriel stava guarendo bene, da quel poco che avevo potuto capire, e non sembrava esserci più rigidità muscolare.
Duncan l'aveva curato in tempo.
Entro breve, avrebbe potuto ricominciare a correre per i prati.
Avevo sorriso al solo pensiero. L'unico vero sorriso che mi ero concessa quel giorno.
La sera non era andata meglio.
Avevo mangiato in fretta e furia, per poi chiudermi in camera ad ascoltare musica con il lettore MP3 regalatomi da Erika.
Era pieno della robaccia spacca timpani che piaceva a lei, ma era stata comunque utilissima, nel caso specifico.
Duncan, dal canto suo, non era salito in camera se non a tarda ora.
Stropicciandomi gli occhi pesti e gonfi, mentre ripercorrevo mentalmente quella giornata disastrosa, mi levai a sedere sul letto.
Fu in quel momento che mi resi conto che, a tutti gli effetti, non avevo dormito esattamente nella posizione corretta, ...da lì il tremendo dolore alle ossa.
In buona sostanza, mi ero sdraiata di traverso sul materasso con gambe e testa ciondoloni, e così ero rimasta per tutta la notte.
"Idiota che sono" brontolai tra me, alzandomi e dirigendomi in bagno. Dall'interno, nessun rumore. Via libera.
Mi chiusi dentro, dando un giro di chiave, e mi lavai per bene il viso prima di spazzolarmi denti e capelli.
Il mio viso, riflesso nello specchio, era pallido come un cencio e dalle profonde occhiaie violacee. Ero un figurino.
Sbuffando, ne uscii solo per sentire dire a Duncan, probabilmente al telefono nel suo studio: "D'accordo, vieni pure stamattina. Ho tempo. Buona giornata."
Sbattendo le palpebre confusa, fissai la porta chiusa per alcuni attimi prima di veder comparire Duncan, in maniche di camicia e pantaloni blu notte.
Vedendomi, si immobilizzò per un attimo prima di sorridermi esitante e mormorare: "Buongiorno... sembri essere appena passata sotto un treno, sai?"
"Ho notato. Buondì" annuii, prima di indicare l'ufficio e chiedergli: "Già al lavoro?"
"Non c'è pace per i malvagi" citò lui, indicandomi di scendere dabbasso. "Come va, oggi?"
"Meglio. Te l'ho detto. Non è colpa tua, sono io a essere dura d'orecchi" sospirai, grattandomi la nuca. "So, o meglio, dovrei sapere che avete le vostre leggi, e che non le applicate a caso. Oddio, tu non le applichi a caso. Alec, credo goda nel fare il tiranno, ma tu proprio no."
"Lieto che tu lo pensi" replicò lui, neutro.
Non appena raggiungemmo la cucina, accesi la macchinetta per il caffè e aggiunsi: "Capisco che ci sia bisogno di rigore, Duncan, e forse comprendo anche il perché di una punizione così tremenda. Ma fatico a digerirla. Dammi ancora un po' di tempo, va bene?"
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Occhi di Lupo - Trilogia Werewolves Volume 1
Werewolf(Prima parte trilogia 'Werewolves") Un incubo. O una premonizione. La giovane Brianna, studentessa diciannovenne di Glasgow, si sveglia di soprassalto, nel sangue un obbligo insopprimibile. Qualcuno ha bisogno di lei. O qualcosa. Dando voce a q...