Capitolo 5

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5

La sera calò lesta dietro la coltre di fronde verdeggianti, che ricoprivano il rado sottobosco in cui eravamo immersi da ore.

Osservando il cielo adombrarsi con un manto cupo, che preludeva una notte priva di stelle, sospirai e sperai che non piovesse.

La tenda era impermeabile, per cui non avremmo avuto problemi a dormire all'asciutto, ma il giorno seguente il nostro viaggio sarebbe risultato davvero poco agevole.

Se il bosco si fosse trasformato in una palude di fango e foglie appiccicose come sanguisughe, avremmo avuto serie difficoltà a muoverci.

Fortunatamente per noi, il mio barometro vivente personale smentì questa ipotesi dopo aver annusato l'aria un paio di volte.

Era curioso vedere un uomo comportarsi a quel modo pur sapendo che, per uno come lui, si trattava di un atteggiamento del tutto normale.

Non riuscivo ancora a fare i conti con l'idea che Duncan non fosse soltanto la persona umana che avevo davanti, ma anche un lupo in carne, ossa e pelo.

Probabilmente, era solo la mancanza di sonno ad aver interrotto i miei processi mentali, solitamente più veloci di come lo erano al momento.

Permettendo al mio cervello iperattivo di elaborare i dati in mio possesso con tutta calma, forse avrei cancellato dalla testa l'onnipresente sensazione di disagio che provavo.

Ogni qual volta il mio pensiero volava alla parola 'licantropo', il mio corpo, la mia mente, andavano in tilt.

Speravo ardentemente, per lo meno, che il motivo di tanto affanno fosse quello, o davo per scontato un mio prossimo ricovero in pianta stabile presso una clinica psichiatrica.

Tralasciai quei pensieri per la notte, sperando nel contempo che mi portasse buoni consigli.

Mi avvicinai poi lentamente a un bellissimo faggio dalla corteggia grigiastra, punteggiata in più punti da licheni giallognoli.

Sfiorandolo con mano esitante, lanciai uno sguardo verso l'alto, ammirandone la chioma enorme e dalla ramificazione a ombrello.

A giudicare dal tronco, diritto e privo di asperità, doveva aver vissuto per almeno un centinaio d'anni, forse di più, senza essersi mai ammalato o aver subito danni dal gelo invernale o dai parassiti.

Era stupendo.

Mi appoggiai a lui con tutto il corpo, assaporando la fresca umidità del tronco liscio e inspirando i deboli profumi provenienti dal sottobosco rigoglioso di vita.

Duncan, silenzioso e assorto, attendeva immobile a pochi passi da me.

Ero sempre stata così. Non potevo avvicinarmi a una pianta senza toccarla.

Anche questa volta, ristetti accanto a quel meraviglioso miracolo della natura assaporando il sapore stesso della sua vita, che le scorreva in ogni fibra attraverso il lento rifluire della linfa.

Avvertendo un sussurro alle mie spalle dopo un periodo di tempo indefinito, riaprii gli occhi per fissarli su Duncan e, con un mezzo sorriso, lo vidi annuire lieto, quasi orgoglioso.

Evidentemente, ai suoi occhi non sembravo una pazza in preda ai fumi di qualche droga. Tutt'altro.

Si avvicinò a sua volta e accarezzò il tronco della pianta con fare meditabondo, gli occhi fattisi cupi e profondi come il centro stesso della chioma ombreggiata del faggio.

"Le wiccan amano gli alberi... non ti stupire del tuo attaccamento a loro."

"Quindi vuol dire che non sono pazza da legare?" chiesi sorridendo.

Occhi di Lupo - Trilogia Werewolves Volume 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora