Capitolo 5.

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Ariana Grande- One Last time.

<<Ciao, posso aiutarti?>> mi dice il ragazzo.

<<Eeemm no, scusa. Temo di aver sbagliato persona.>>

In imbarazzo mi giro velocemente e torno verso la macchina delusa e amareggiata. Era troppo bello per essere vero. Marco ha i capelli di una tonalità di castano chiaro, quello li aveva rossi al sole. E poi aveva gli occhi neri, Marco verdi. Entro in macchina e Laura mi guarda con aria interrogativa.

<<Non era Marco, semplicemente qualcuno che gli somiglia molto...>> dico abbassando la testa.

I miei amici non parlano e Mattia rimette in moto l'auto.

Per tutto il tragitto non parlo e guardo solamente fuori. È natale, le luci intorno a noi sono di mille colori diversi, ma nemmeno quelle mi tirano su di morale. Sembra che sia morto qualcuno in questa macchina, regna un silenzio di tomba.

<<Cavolo ragazzi, non dovete essere giù di morale per me. Avrò modo di incontrarlo altre volte.>> dico sporgendomi tra i due sedili anteriori.

E mi accorgo che non era per me che erano silenziosi, ma perché entrambi sono incollati al cellulare.

<<Mattia potremmo avere un incidente! Almeno tu posa il telefono, per carità.>>
mi lancia una brutta occhiataccia e lo posa.

Quando torno a casa chiedo a Laura se può rimanere a dormire da me, dal momento che ormai si è fatta una certa ora, ma lei a quanto pare ha un appuntamento con quel tizio, quello che le stava per dire ti amo dopo meno di un giorno di conoscenza. Bah, almeno pare che così è felice.

Appena giro la chiave nella serratura, sento dei passi frenetici provenire dalle scale, e in men che non si dica compare mia madre davanti alla porta. "Mia madre". Fa quasi ribrezzo vista in vestaglia, i capelli neri ribelli legati con una pinza viola, molti dei quali sfuggiti alla presa, senza trucco e con delle occhiaie paurose.

<<Ti sembra l'ora di tornare a casa, signorina?>> urla, ma cerca di trattenersi perché di sopra mio padre sta' dormendo, e a lui non piace ne quando viene svegliato e né quando lei mi urla contro o mi fa del male.

<<Ho diciotto anni, ho la libertà di tornare a casa all'ora che voglio.>> mi impongo.

<<Brutta maleducata...>> fa per alzare un braccio ma quello si ferma a mezz'aria.

Io dovrei essere impaurita, ma al contrario faccio un passo verso di lei e metto in mostra la mia guancia.

<<Vai, fai pure. Ma poi cosa ne penserà di questo mio padre? Di certo non sarà contento, e...>> faccio una pausa per ridere. <<Io non ci vorrò essere quando lo verrà a sapere.>>

La sua mano ben aperta si stringe in una morsa letale, e il braccio cade lentamente sul suo corpo. Visibilmente realizzata, mi faccio spazio accanto a lei e sorridendo mi dirigo verso le scale, ma lei mi afferra per il braccio e mi fa voltare.

<<Pagherai per questo tuo atteggiamento, signorina.>> tuona sotto voce. <<Giuro sul mio onore che la pagherai cara.>>

Detto questo mi libero dalla presa e corro in camera mia, dove mi chiudo a chiave e mi butto sul letto tra le lacrime. Ogni volta che parlo con quella donna finisce con delle mie lacrime, solo perché lei non sogna altro momento che quello in cui davvero me la farà pagare, e io sono consapevole che quel momento prima o poi arriverà. E non so se avrò il coraggio e la forza di resisterle. 

Persa tra le lacrime e i pensieri che mi affliggono troppo spesso, sento vibrare il telefono che avevo posato nella tasca posteriore dei jeans. Faccio l'acrobata e in un attimo lo sfilo da lì, e mi rendo conto che  la vibrazione che ho sentito è quella delle notifiche di Facebook. Ma che mi vuol fregare ora di Facebook? Sinceramente non so nemmeno perché ci sono iscritta, mi aveva convinta Laura un paio di anni fa.
Con una lacrima che lentamente si sta' asciugando sulla mia pelle fredda, sblocco il telefono e guardo la notifica. 

Una richiesta di amicizia.

Cenerentola: Vivere o lasciare vivere?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora