Capitolo 18.

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Prince Royce - Darte un beso.

Sono passate parecchie ore dal mio arrivo a casa, e Katia ancora non mi ha aperto il cancello. Non capisco perché ancora non è andata a prendere Simona e Morena a scuola, il mio orologio segna le cinque e mezzo. Forse per colpa dell'acqua si è sballato e in realtà è più presto. Non riesco più a connettere. La mente è annebbiata dai brutti ricordi e ho dolori ovunque. Credo di avere la febbre, e anche alta. Sono poggiata con la testa sul muro freddo, le gambe in grembo nel tentativo di farmi calore, ma so che è tutto inutile. Probabilmente mi lascerà qui ancora per molto, e mi è passata anche la fame. Le lacrime sono finite, almeno per oggi.

Il cancello si apre e a causa del vento freddo si inizia ad aprire, come se ci fosse una persona a spingerlo. Mi alzo lentamente e facendomi coraggio avanzo verso il portone di casa. Katia è li, mi sta aspettando a braccia conserte. Quando arrivo davanti a lei, alzo lo sguardo e la guardo dritta negli occhi. Mi chiedo cosa ha mai potuto vedere mio padre in lei di così bello. Katia ricambia lo sguardo e non dice nulla. Lentamente avanzo dentro casa e inizio a salire le scale, grondante di acqua. 

<<Spero ti sia valsa da lezione, signorina.>> dice lei, alle mie spalle.  

Mi fermo ma non mi giro per guardarla. 

<<Dopo esserti fatta una doccia scendi a pulire lo schifo che stai facendo con tutta l'acqua che hai addosso.>> 

Detto questo la sento allontanarsi verso la cucina. 

...................................

I giorni seguenti passano velocemente, a causa della febbre. Dormo per la maggior parte del tempo, e per il resto o dipingo o gioco con Simba. Mi è addirittura passata la voglia di studiare. Al diavolo gli esami. È il quinto giorno che resto in casa completamente da sola, Morena mi porta qualcosa da mangiare ogni tanto, non so nemmeno io per quale miracolo.

Sono distesa sul letto a guardare il soffitto bianco, e immagino su di esso un'enorme tela da disegno. Potrei disegnare qualunque cosa lassù, dal momento che la superficie è piana. Peccato che solo con una scala riuscirei a dipingerci, e di certo ora non sono nelle condizioni di arrampicarmi. La febbre si alterna senza mai passare del tutto, perché Katia non mi ha dato le medicine. Continua a mandarmi solo del brodino mezzo freddo. Sembro una carcerata. Anzi no, in carcere mangiano meglio di me e possono uscire dalle loro celle ogni tanto.

Con una mano accarezzo Simba mentre con l'altra arrotolo i miei capelli sulle dita. Questo movimento mi ha sempre rilassata molto, forse perché mamma mi accarezzava i capelli prima di andare a dormire. Chiudo gli occhi tra i sospiri, già pronta per lasciarmi andare ad un altro ricordo che insiste nella mia testa per uscire. Ma stavolta non posso ricordare, qualcuno sta salendo le mie scale, e non so chi sia dal momento che non è l'ora di mangiare. La porta si apre e salto in avanti per la gioia, anche se il movimento improvviso mi fa girare un po la testa.

<<Laura!>> dico mentre la abbraccio. 

Più che un abbraccio sono come appoggiata a lei, per non cadere. 

<<Come sta la mia malata?>> mi dice mentre ci sediamo sul letto. 

<<Come ieri, come due giorni fa e come tre giorni fa. Katia non mi da niente per farmi stare meglio.>>

<<è per questo che ci sono le amiche!>> mi sorride, anche se non capisco cosa vuole dire.  

Estrae dalla tasca una busta piccola, e quando la prendo in mano quasi faccio i salti di gioia. <<Ti ringrazio tanto.>>

Mi ha portata due bustine di Moment. Lei si che sa sempre di cosa ho bisogno. 

<<Non sono venuta sola, sai? Questa persona ha insistito tanto per venirti a trovare.>> 

<<è permesso?>> Mattia entra nella stanza, e mi cerca con lo sguardo. Si vede che è in imbarazzo, dal momento che ho addosso solo una canottiera con il collo a v e una felpa aperta di sopra. 

Cerco di coprirmi il più possibile e gli sorrido. Mi fa piacere vederlo. 

<<Ciao Mattia.>> mi alzo per salutarlo e ci abbracciamo. 

Non ho mai avuto un chissà quale rapporto con lui, ma lo stesso gli voglio molto bene, anche se il più delle volte che ci vediamo finisce con una bella litigata. 

<<Sembri un mostro, sai?>> mi dice lui con un sorriso.

<<Sempre molto gentile.>> gli do una pacca sul braccio e lo invito a sedersi su una sedia. 

Gli racconto di quando giorni prima mi ha lasciata fuori, e di tutte le cose che sto passando. Simba è estremamente coccolato oggi, passa di braccia in braccia, ed è così bello che lo mangerei. 

<<E di Marco? Non sai nulla?>> mi chiede Laura. 

<<Non più di quello che sai tu, credo... >> rispondo guardando Simba. 

<<Mia scendo un attimo di sotto a prendere un bicchiere d'acqua, torno subito.>>

Le faccio segno di si con la testa e la sento allontanarsi. Rimaniamo in stanza solo io e Mattia.

<<E tu? Come stai?>> gli chiedo rompendo il ghiaccio. Non ci era mai capitato di rimanere da soli da qualche parte. 

<<Io sto bene. E tu piuttosto, ancora pensi a quel Marco?>> mi dice, i suoi occhi scuri mi mettono in imbarazzo. 

<<Quel Marco non mi piace più come prima. Non avrebbe senso continuare a sbavargli dietro, dal momento che non gli ho più parlato.>>

<<Capisco...>> ancora mi fissa. 

<<C'è qualcosa che devi dirmi per caso?>> gli chiedo.  

Infondo lui e sua sorella non sono molto diversi, e so benissimo che c'è qualcosa che vorrebbe dirmi. 

<<Non che io sappia, perché me lo chiedi?>> ora sorride. 

Sorrido anche io. <<Nulla, falsa supposizione.>>

Ora regna il silenzio. Dio quanto è lenta quella ragazza, che ci vuole a prendere un bicchiere d'acqua? Entrambi guardiamo il gattino che gioca con una pallina in mezzo a noi, ed entrambi sorridiamo. Ma il mio cuore perde un battito quando Simba perde l'equilibrio e cade dal letto. Di istinto mi butto sotto di lui per prenderlo, e per fortuna Mattia arriva prima di me. Siamo entrambi a terra, l'uno a pochi centimetri dall'altro. 

<<Tieni.>> mi dice sorridendomi. 

Prendo Simba in braccio e riprendo a respirare normalmente. 

<<Mi hai fatta prendere un colpo, sai?>> il gatto dispiaciuto salta di nuovo sul letto e si accuccia sul cuscino.

E rimaniamo io e Mattia, da soli, a guardarci, a meno di mezzo metro di distanza. Non lo avevo mai notato da questa prospettiva, non con questi occhi. Anche se sono molto scuri i suoi occhi, mi trasmettono un senso di pace. Guardarci dentro è come guardare in un pozzo, la sensazione è la stessa. Adrenalina, paura, agitazione, voglia. Voglia di qualcosa che non so definire nemmeno io. I suoi capelli un po' ribelli gli ricadono sugli occhi, e gli danno un' aria misteriosa. Forse sono le sue labbra, così perfette, che quasi vorrei... e non so come, ma la mia mano si alza da sola e sfiora le sue labbra. Sono anche morbide. Lui segue il mio movimento con gli occhi e non si oppone, rimane fermo a guardarmi con lo stesso sguardo con cui lo guardo io. 

Sento il mio respiro irregolare, e sento anche il suo. Gli brillano gli occhi, chissà se brillano anche a me.
Siamo così vicini, che potrei quasi...

Cenerentola: Vivere o lasciare vivere?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora