Capitolo 10.

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Eminem feat. Rihanna- the monster.

La malinconia di questi momenti mi ricorda dei bellissimi momenti passati con la mia famiglia. Come un flash improvviso, il bagno, l'acqua calda sui miei capelli e il profumo del bagnoschiuma spariscono, e mi ritrovo a girovagare nella mia mente. 

Uno dei ricordi più forti che ho legati a noi tutti insieme, è quando siamo andati in campeggio. Avevo dieci anni, non ricordo molto, ma almeno ricordo l'essenziale. Avevamo scelto come meta un luogo tranquillo e conosciuto da pochi, in cima ad una collina, costituito da un solo albero enorme e un prato vastissimo. Quasi riesco a sentire il profumo dell'erba mossa dal vento, e quasi percepisco il vento che mi spettina le codine rosse.

La mamma mi aveva legata i capelli in due treccine che mi ricadevano davanti, con due lacci rossi. Solo un ciuffo era sfuggito alla presa, e svolazzava da tutte le parti, quasi più eccitato di me. Mia sorella aveva tredici anni, e non era molto contenta come me. Lei stava entrando piano piano nell'età dell'adolescenza, e pochi mesi prima le era venuto il primo ciclo. Quel giorno era nervosa, scocciata e tesa come una corda di violino. Era il suo secondo giorno, e aveva paura di sporcarsi e non potersi lavare come si deve. Era una perfettina dell'igiene, niente in camera sua era fuori posto, nemmeno i suoi capelli, che per quella giornata aveva legato in una coda di cavallo bionda. 

Quello che ricordo soprattutto di quei due giorni, è la felicità negli occhi di mia madre. Insieme giocavamo a palla nell'erba, ridendo come se avessimo la stessa età. Era così bella. Occhi verdi, capelli biondi, sorriso capace di far sorridere anche un barbone. E quel giorno, lei sembrava un angelo. Il sole la illuminava, e non importava che avesse un semplice jeans e una maglietta sporca di erba, era lo stesso la donna più bella del mondo. Insieme rotolavamo nell'erba, cercando di prendere la palla a papà, che mentre tentava di accendere il fuoco per la notte, scappava verso di noi per rubarcela. È stato uno dei momenti più belli della mia vita, e raggiunse la prima posizione subito dopo, quando la mamma si ritrovò sopra di lui, e si scambiarono un bellissimo bacio. Anche se ero piccola, mi piaceva tantissimo quando i miei genitori si abbracciavano o baciavano. Mi facevano sentire viva. Amata.

Quando esco dalla doccia, mi prendo i miei soliti minuti di pace, senza alcun rumore attorno a me. Ho spento addirittura la musica, per stare da sola. I vetri degli specchi e delle finestre del bagno sono appannati, quindi non mi vedo nemmeno riflessa. Completamente sola, come sempre. Ma è proprio ora che c'è tutto silenzio, che sento delle voci, al piano di sotto. Il bagno è al secondo piano, quindi ogni volta devo farmi le scale. Le voci, anzi urla, che sento sono quelle di Katia, ma non capisco con chi ce l'ha. Apro la porta quel che basta per sentire meglio, e mi rendo conto che riesco anche a vederla, tramite le scale. Le mie sorelle oggi non ci sono, sono andate non so dove a fare non so cosa, quindi non ho idea di chi ci sia di sotto.

<<Ma ti sembra normale questo?!>> urla lei mettendosi le mani nei capelli. <<Ho fatto di tutto per accaparrarmi tutti i suoi possedimenti, e dopo tre mesi ancora nulla?>>

<<Signorina...>> l'uomo si ferma per correggersi. <<Signora Cooper, deve capire che questo è un processo molto lungo. Abbia pazienza, vedrà che...>>

<<Pazienza un corno, accidenti!>> strilla.

Anche se l'uomo non rientra nel mio campo visivo, si sente dalla voce che è spaventato da lei.

<<L'ho dovuto sopportare per troppo tempo, in attesa del momento giusto per farla finita. E ora che finalmente ce l'ho fatta, lei mi viene a dire che ci vorrà ancora del tempo?!>> Katia è su di giri, e ho la sensazione che l'argomento sia papà. Lei è sempre su di giri quando si parla di papà.

<<Solo qualche altra settimana, resista.>> dice l'uomo. Poi sento il movimento di una sedia, e capisco che si è alzato.

<<Va bene, tre settimane ancora vi concedo. Ma se entro questa scadenza ancora non avete risolto nulla, ci vediamo in tribunale. Intesi?>>

<<Chiarissima, signora.>>

L'uomo, che scopro sia poco più vecchio di lei, le passa davanti e con la coda in mezzo alle gambe apre la porta e se ne va. Katia è ancora seduta sul divano, con le mani nei capelli. Cosa vorrà lei, così tanto? Cos'è che vuole disperatamente, tanto da essere determinata a denunciare tutti? Il telefono squilla e Katia risponde.

<<Ancora quelle dannate carte non sono pronte. Gli ho concesso ancora tre settimane, ma la mia pazienza ha un limite.>>

Poi tace, probabilmente la persona che la ha chiamata le sta' parlando .

<<Lo so, lo so. Ma è stato necessario toglierlo di torno, con lui ancora tra i piedi non avremmo mai ricevuto quegli attestati di possesso.>>

Tace ancora. Ma di che sta' parlando? Intanto le gocce sul corpo si asciugano sulla mia pelle, e alcune cadono sul pavimento.

<<Voglio quei documenti, ne ho il diritto. Tanti mesi a sopportare lui e quella orribile figlia, devono servire a qualcosa.>>

Sta' parlando di me...

<<No, lei non mi fa da intralcio. L'ho segregata in camera, può uscire solo per andare a scuola, quindi nessun pericolo.>>

Poi abbassa la voce.

<<Non fare il ridicolo, ho dovuto farlo. E poi, di certo non è la prima persona che uccido per raggiungere i miei scopi. Se un giorno mi dovesse dare qualunque tipo di fastidio, non ci penserò due volte a farle fare la stessa fine di suo padre.>>

Mi si paralizzano le gambe e sento l'aria improvvisamente fredda e pesante. Probabilmente faccio rumore, perché Katia alza gli occhi verso le scale. Io senza fare rumore chiudo la porta.

Anche se la voce ora è attutita dalle pareti, la sento lo stesso. <<Devo andare, mi sa che quella stronza mi ha sentita. Ti richiamo io più tardi.>>

E vado in panico. Sento i suoi passi per le scale. Tra pochi secondi sarà davanti a me, e io ho chiaramente la faccia da colpevole. Che fare? Pensa Mia, pensa. Cinque secondi circa rimasti. Lei aumenta il passo. Tre secondi. Di film e di libri ne ho letti, potrei con poche mosse addirittura farle del male, se sarà necessario, ma so bene che non ne ho il coraggio. Due secondi.
Tic tac.

Cenerentola: Vivere o lasciare vivere?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora