Capitolo 30.

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Modá - Se si potesse non morire.

<<Mattia?>> ripeto, non capendo.

<<Sì, voglio Mattia. Credi che non abbia notato come ti guarda? O come si preoccupa sempre per te?>> stringe gli occhi.

<<Certo, perché è il mio migliore amico!>> dico, ora avanzando io. Lei è costretta a fare un passo all'indietro.

<<No, perché gli piaci! Vi piacete, da sempre, ma non ve ne siete mai resi conto. Beh, ora mi sono rotta di aspettare. Io voglio Mattia.>>

<<Non capisco come io possa dartelo.>> rido un po' incredula.

<<Semplice. Smettila di parlargli, smettila di scrivergli, smettila di pensarlo, smettila di guardarlo. E quando finalmente si sarà reso conto della persona che sei realmente, si sentirà ferito e deluso.>>

<<E a quel punto entri in gioco tu.>> dico interrompendola.

Sorride. <<Esatto. Vedi che ci intendiamo?>>

<<Sei crudele.>> ribatto. Le lacrime pulsano da dietro i miei occhi, ma non le do la soddisfazione di vedermi piangere.

<<No, semplicemente so cosa voglio e farò di tutto per averlo.>> incrocia di nuovo le braccia al petto e sposta una ciocca di capelli dal viso con un solo movimento della testa.

<<E se rifiutassi?>>

<<In tal caso sarò ben contenta di dire alla mamma cosa hai fatto oggi, e cosa hai combinato al suo prezioso porta fortuna di sua nonna.>>

<<Ma non gli ho fatto niente!>>

<<Lo sappiamo benissimo entrambe che non hai fatto niente, ma la mamma a chi crederà?>> continua a sorridere con un espressione che fa venire voglia di prenderla a schiaffi.

<<Sei un essere spregevole.>> sibilo.

Senza aspettare una sua risposta salgo velocemente le scale e mi fiondo in camera mia. Chiudo a chiave e mi butto sul letto, lasciando libero sfogo alle mie lacrime silenziose. Simba mi resta accanto durante il mio crollo, miagolando e facendomi le fusa.

Prendo telefono e cuffie e accendo la musica: Se si potesse non morire, dei modà.

Avessi il tempo per pensare
Un po' di più alla bellezza delle cose
Mi accorgerei di quanto è giallo e caldo il sole
Di quanto è semplice se piove e ti regali una finestra
solamente per guardare e per rendere migliore
Tutto mentre fai l'amore.
Se avessi solo un po' piu tempo per viaggiare
Frantumerei il mio cuore in polvere di sale per coprire ogni centimetro di mare
Se potessi mantenere
piu promesse e in cambio avere la certezza
che le rose fioriranno senza spine
Cambierebbero le cose...

Ti immagini se con un salto si potesse
Si potesse anche volare!
Se in un abbraccio si potesse scomparire
E se anche i baci si potessero mangiare
Ci sarebbe un po' piu amore e meno fame
E non avremmo neanche il tempo di soffrire!
E poi ti immagini se invece si potesse non morire!
E se le stelle si vedessero col sole
Se si potesse nascere ogni mese per risentire la dolcezza di una madre e un padre
Dormire al buio senza più paure, mentre di fuori inizia un temporale.

Perché tutto ha ricominciato a fare schifo? Finalmente stava andando tutto bene, e poi la figlia del diavolo mi ha costretta a dire addio al mio migliore amico.

Come un flashback mi torna in mente il giorno in cui Mattia mi definì la sua migliore amica. Tra le lacrime e la canzone nelle orecchie rivivo quel momento che non mi stancherò mai di rivivere.
Avevo undici anni e lui quindici, insieme passeggiavamo per la scuola. Nella nostra enorme scuola c'erano elementari e medie, quindi quello sarebbe stato l'ultimo anno di scuole insieme.

Andava nella stessa classe di mia sorella Lily, ma non si erano mai calcolati più del dovuto, e un po' di questo ne ero contenta. Passeggiavamo l'uno accanto all'altra per i corridoi affollati, ricordo che avevo sulle braccia dei libri pesanti che mi rifiutavo di far portare a Mattia. Avevo una frangia che mi ricadeva sugli occhi, forse un po' troppo lunga. Anche allora ero molto più bassa di lui, ma non mi importava. Ricordo che due di ragazzi di prima media, passandomi accanto, mi avevano spinta e tutti i libri mi erano caduti a terra.

<<Dove vai piccolina? Hai sbagliato scuola, l'asilo è dall'altra parte della strada!>> aveva detto uno, e subito mi ero demoralizzata.

Quando andai per abbassarmi per recuperare i libri, Mattia mi fermò e mi sussurrò all'orecchio: <<Non farlo, sennò ti dimostrerai debole e continueranno a darti fastidio. Lascia fare a me.>> mi ero fidata, e mi ero posizionata poco dietro di Mattia.

<<Che c'è? Ora hai la guardia del corpo? Va via sfigato!>> aveva detto un altro ragazzo.

I due si erano dati un batti cinque e ridevano prendendoci in giro. O erano così cechi da non accorgersi che Mattia era il doppio di loro, o erano estremamente stupidi. Io credo tutt'ora che fossero stupidi. Subito Mattia si avvicinò a loro, e si resero conto della diversità di altezza. Quello che mi aveva fatta cadere i libri era obeso e basso, l'esatto contrario dell'altro. 

<<Andate via. Ora. E non ve lo ripeterò un'altra volta.>> aveva detto il mio amico.

<<Altrimenti?>> aveva risposto l'obeso sfidandolo.

<<Altrimenti ti ritroverai quella faccia da culo che hai nel cesso della scuola.>>

Mattia aveva lasciato a terra lo zaino, e per far sembrare tutto più realistico si stava alzando le maniche del maglione. Vidi chiaramente il ragazzo più alto deglutire per la paura, e il suo gomito toccava a ripetizione il braccio dell'amico. Aveva anche detto qualcosa, ma non ero riuscita a sentire a causa del vociare che si era creato intorno a noi. Tutti i ragazzini che si trovavano nei paraggi erano corsi a vedere la rissa che stava per iniziare. Il ragazzo obeso cercava qualcosa da dire, ma si vedeva che aveva paura quanto il suo amico.

<<Vedo che capisci in fretta. Se un giorno venissi a sapere che le hai di nuovo dato fastidio.>> mi indicò con un dito. <<Non mi farò tanti scrupoli a massacrarti di botte.>>

Senza controbattere i due corsero via, e pian piano la folla diminuì, delusi per non aver visto una rissa. Quando Mattia si girò verso di me, gli corsi incontro e lo abbracciai forte.

<<Sei il mio eroe.>> gli avevo detto. <<Ma non devi uccidere persone solo perché mi danno fastidio.>>

Lui rise. <<Non lo avrei mai picchiato. Non sono tipo da risse, preferisco parlare.>> riprese lo zaino da terra e ricominciammo a camminare, naturalmente prima prendendo da terra i miei libri.

<<Mattia.>> avevo detto. <<Perché mi hai aiutata?>>

<<Perché sei la mia migliore amica.>> 

Come sono finita da dei bellissimi giorni, a dei giorni in cui vorrei solo farla finita?

Sento il telefono vibrare e apro gli occhi, che avevo tenuto chiusi fino a questo momento.

<Sono felice che abbiamo chiarito, non potevo più stare con la consapevolezza di aver fatto qualcosa di sbagliato alla mia migliore amica. Ti voglio bene, Mattia.>

Le lacrime aumentano e tra i singhiozzi scrivo le poche parole che devo per forza dire.

<Fa piacere anche a me che abbiamo chiarito, ma non possiamo più parlare. Ti voglio bene, ma non rivolgermi più la parola, non cercarmi e non parlarmi. Addio, Mattia.>

Invio e butto il telefono dall'altra parte del letto, incapace di leggere qualunque sua risposta. Se fa male a me, non posso immaginare il dolore che proverà lui a leggere quel messaggio. Ma che scelta ho? O così, o non potrò mai più uscire di casa, come minimo.

Ma facendo così, oltre a rovinare la mia vita, rovino anche la sua.

Cenerentola: Vivere o lasciare vivere?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora