Capitolo 32.

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Eros Ramazzotti - Fino all'estasi.

<<Qualcuno sa darmi la definizione esatta dei fenomeni dissipativi?>>

Mentre la professoressa di fisica spiega, io guardo fuori dalla finestra, pensierosa. Ho tentato di coprire il mio aspetto con un po' di trucco, ma tutto inutile, sembro uscita da un film di Rob Zombie. Oggi la giornata è stranamente bella, nonostante la continua pioggia di questa notte e di ieri. Oltre le finestre della mia classe ci sono solo palazzi grigi e tristi, molti dei quali abitati da persone anziane prive di gusto estetico. Cioè, come si fa ad abbinare una tenda rossa con una sedia sdraio verde? Illegale.

<<Cooper, vuoi rispondere tu?>> dice la professoressa svegliandomi dal mio coma mentale.

<<Potete ripetere la domanda prof?>>

L'intera classe scoppia a ridere e vorrei solo sprofondare nel pavimento dalla vergogna.

<<Quanti asini stanno volando in questo momento fuori dalla finestra?>>

Io, non capendo, mi giro verso la finestra e di nuovo la classe, compresa il docente, scoppia a ridere.

Bene, peggio di così non può andare.

<<Cooper non ti senti molto bene oggi? Solitamente sei forse l'unica a prestare attenzione alla mia lezione, oggi sembri con la testa da un'altra parte.>>

<<Sto malissimo. Vorrei avere il coraggio di buttarmi in questo momento fuori da questa classe, precipitare sotto e non svegliarmi più. Ma non lo faccio, e sapete perché? Perché sono così sfigata, che mi sveglierei tra qualche settimana da un periodo di coma. La mia vita fa così schifo che desidero con tutta me stessa che fuori da questa scuola un camion mi investa, e invece la mia stupida parte razionale mi vieta di fare quel mezzo passo in più per farla finita. Mi sento così orribile dentro, che mi vergogno semplicemente guardandomi allo specchio. Praticamente ogni mattina mi sveglio solo per curiosità, voglio solo vedere per quanto ancora la mia vita deve andare a puttane prima di una piccolissima svolta. A casa tutti mi odiano, mi trattano come la loro serva personale, e io non posso fare altro che ubbidire. E sapete perché? Perché io sono da sola in questo mondo di merda. Poi vengo qui, a scuola, sperando con tutta me stessa di riuscire a distrarmi in qualche modo, ma arrivate voi e mi chiedete se sto bene. Mi sta prendendo per il culo?!>>

<<Tutto bene prof, forse un po' di stanchezza dovuta al cambio climatico. Non si preoccupi.>> cerco di essere il più convincente possibile, e sembro riuscirci, perché lei non continua con l'interrogatorio.

Quanto avrei voluto dire davvero quelle cose, ma c'è sempre quella piccola parte di me che mi spinge a non comportarmi male, non reagire e sottomettermi. Quanto la odio.

In realtà guardavo fuori dalla finestra perché il cielo blu mi ha sempre aiutata a riflettere. Dopo il messaggio che ho ricevuto in segreteria, ho avuto poco tempo per pensare bene. Una frase è riuscita a cambiare il mio umore, e ora ho bisogno di riflettere bene prima di prendere una decisione.

La campanella suona e raccolgo le mie cose. Dobbiamo andare in aula di arte, e ho tutto pronto per iniziare un nuovo bellissimo lavoro. Sento il telefono vibrare e lo prendo dalla tasca:

<Ho bisogno di vederti. Puoi aspettarmi fuori dalla tua classe?>

Marco.

Solo lui mi mancava oggi.

<Certo, ma una cosa molto veloce, devo andare nell'aula di arte.> invio e finisco di raccogliere le mie cose dal banco.

Laura, che era stata fino a quel momento in disparte con il telefono, mi si affianca e mi poggia una mano sulla spalla.

<<Ho bisogno di parlare con te.>> mi dice.

E siamo a due.

<<Anche tu?>> dico, incredula.

<<Perché chi altro vuole parlarti?>>

<<Marco. Ma lascia stare. Dimmi tutto.>> le sorrido.

<<Mio fratello ieri pomeriggio è tornato a casa infuriato per non so quale motivo, non ha voluto parlare con nessuno, fin quando verso le 21 non ha preso la macchina ed è andato non so dove. Stamattina il suo letto era intatto, non ci ha dormito. Tu dove pensi sia andato?>> mi chiede, molto preoccupata.

<<Io non ne ho idea...>> mento.

Non ho voglia e soprattutto la testa per dire tutto a Laura, ora. Le parlerò di tutto più tardi, quando le acque si saranno calmate un pochino.
Spero presto.

Il telefono vibra di nuovo: 

<Sono fuori, Cenerentola :*>

<<Laura devo andare, Marco è qui fuori. Dì alla prof che non sto bene e che sono in bagno.>>

Zaino in spalla, e cammino verso l'ignoto. Appena fuori dalla classe ormai deserta, Marco mi aspetta con le braccia conserte appoggiato su una delle pareti del corridoio. Oggi ha un maglioncino grigio e dei jeans rotti, quelli che vanno di moda oggi giorno. Al collo porta la sciarpa dei Grifondoro, e oggi ha messo gli occhiali rotondi da vista.

<<Ciao Cenerentola.>> dice sorridendomi.

<<Buongiorno a te.>>

Ci abbracciamo e per un attimo dimentico ogni preoccupazione.

<<Che vuoi dirmi?>> chiedo, arrivando subito al sodo.

Non sono tipa da lunghi discorsi per dire semplicemente quattro cavolate, preferisco dire subito come stanno le cose.

<<Volevo invitarti al veglione di Carnevale, quello che ci sarà sabato al Red Moon.>>

Cavolo, finalmente una buona notizia. 

<<Sarei onorata di venire con te, ma...>>

<<Hai già ricevuto un' altra offerta?>> mi interrompe, visibilmente preoccupato.

<<No, no! Tu sei l'unico. Il problema è la mia matrigna. Devo prima chiedere a lei, ti farò sapere io.>> sorrido e vedo il suo viso rilassarsi.

<<Perfetto! Mandami un messaggio pomeriggio, mancano solo due giorni e devo comprare prima i biglietti.>>

Non dico nulla e porto una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Lui si avvicina e la porta di nuovo sul viso.

<<Così sei più bella.>> dice quasi sussurrando.

<<Grazie...>>

Indubbiamente sono tutta rossa ora. Che effetto strano mi fa questo ragazzo?

<<Ora vai, o la professoressa di arte si arrabbierà. Ci vediamo all'uscita, Cenerentola.>>

Mi da un bacio sulla guancia e lo vedo allontanarsi, giù per le scale che portano alla sua classe.

Sento nuovamente il telefono vibrare e lo sfilo dalla tasca :

<Ho bisogno di parlare con te.>

E siamo a tre.

Cenerentola: Vivere o lasciare vivere?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora