Special blood

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La mia vita era tornata a scorrere in modo piuttosto regolare da quando avevo scoperto che i miei migliori amici erano dei vampiri. Tutto sembrava normale. Terribilmente e dannatamente normale. Ogni giorno sempre la stessa storia. Mi alzavo e andavo scuola, pranzavo con i miei amici e in fine tornavo a casa. Dalla festa con cui ero andata con Mason, Devil non aveva fatto più strane comparse in camera mia e la cosa mi rendeva incredibilmente nervosa. Odiavo quando quello strano ragazzo faceva irruzione in camera mia senza motivo, ma dovevo ammettere che la cosa mi faceva anche sentire diversa, mi faceva sentire desiderata.
Anche quella sera mi accomodai a letto, con il computer sulle ginocchia e una busta di pop corn per passare l'ennesima nottata sveglia a guardare film in streaming. Mi raggomitolai nelle coperte morbide e profumate di bucato e presi una manciata di pop corn.
Dopo aver visto tre film strappalacrime e dal finale decisamente prevedibile, posai i pop corn bruciacchiati rimasti sulla scrivania e mi portai la coperta sopra la testa per proteggermi dal buio della notte.
Dormivo. Ne ero sicura. Nonostante questo mi alzai dal cumolo di coperte che si era formato durante le ore notturne e scesi dal letto. Il borgo di Moonlight era ancora sommerso dall'oscurità. Qualcosa mi diceva che non era tempo di dormire. Non quella notte. Qualcosa di insolito e confuso mi offuscava la testa e non mi consentiva di ragionare lucidamente. Mi infilai una maglietta e dei jeans e in meno di cinque minuti ero fuori casa. Non avevo indossato le scarpe e la terra fredda mi dava fastidio sotto le piante dei piedi nudi. Iniziai a camminare senza meta e quando i miei piedi sentirono il ruvido dell'asfalto, mi resi conto che ero in mezzo alla strada. Cosa ci facevo lì? Non riuscivo a capire nulla, sapevo solo che qualcosa mi faceva camminare. Cosí camminai.
Facevo lunghi passi in una direzione che non conoscevo. Svoltavo in vicoli sconosciuti e toccavo cose che non riconoscevo. Alla fine del mio misterioso percorso mi ritrovai davanti allo stesso locale in cui mi avevano portato i miei amici. In quel momento non riuscivo neanche a ricordare i loro nomi. Non ricordavo nulla. Camminavo e basta. Piú mi avvicinavo alla porta d'ingresso del Dan Bite piú riuscivo a capire cosa mi stesse vorticando in testa da ore. Un nome. Ma non un nome qualunque. Una precisa combinazione di lettere finalizzate a creare una parola specifica e terrificante. Un sussurro inquietante nella mia mente. Laranik.
Avevo già sentito questo nome. Ne stavano parlando i ragazzi il giorno in cui Devil mi aveva morsa. Inizialmente non avevo capito a chi si stessero riferendo ma adesso qualcosa mi diceva che era lì che mi stavo recando. Mi stavo avvicinando alla tana del diavolo.
Il locale era chiuso e la grande sala era illuminata da piccole e fioche lucine rosse. L'atmosfera era mostruosa e una soffiata d'aria fredda mi fece accaparrare la pelle.
Una lussureggiante poltrona era in mezzo alla sala. Un trono più che una poltrona. Era elegante e decorata, come una di quelle che si vedono nei film storici. Una persona vi era accomodata solo che il suo volto era nascosto da un cappuccio nero. I miei piedi, ormai violaceii per il freddo, finalmente si fermarono dinanzi alla figura oscura che mi aveva condotta lì.
C'era un silenzio rumoroso che mi faceva venire i brividi. Non sapevo perché ero lì e non sapevo neanche chi avesse convocato la mia presenza.
Aprii bocca ma non ne uscí alcun suono.
<Non provarci, tesoro. É solo fatica sprecata.>
Una voce ruppe il silenzio. Una voce giovane e leggermente acuta ma che riusciva a mettere terrore e ad incutere rispetto.
La figura si alzò dalla poltrona e in un battito di ciglia me la ritrovai davanti. Era pericolosamente vicina a me e aveva allungato il suo volto fino ad arrivare al mio orecchio destro.
<Come te la passi, Marian?>
Sentirlo pronunciare il mio nome mi fece provare una sensazione di impotenza. La voce era decisamente maschile ma ancora i tratti del suo volto erano sconosciuti.
Non riuscivo a rispondere e lui lo sapeva.
<Sai chi sono? No, no che non lo sai...>
Si mise a ridacchiare e quel suonò risultò completamente fuori posto.
<Lascia che mi presenti, tesoro. In molti luoghi sono conosciuto come Il portatore di morte, in altri sono meglio noto come Angelo nero ma tu puoi chiamarmi come quelli della nostra specie. Sono Laranik.>
Si tolse il cappuccio dalla testa e finalmente mi mostrò il suo volto. Rimasi di sasso alla vista di un semplice ragazzino. Avrà avuto si e no quattordici anni ma nonostante la tenera età i suoi occhi erano attraversati da una striscia di tempo infinita. Aveva una giovane età ma la sua anima diceva il contrario. Sembrava un' uomo che nella sua vita aveva avuto il dispiacere di conoscere e vedere tutto. Troppo.
Sembrava che in soli quattordici anni avesse visto tanto quanto un millenario. E questo lo rendeva assai spaventoso.
La pelle era pallida e i capelli talmente chiari da sembrare bianchi. Tutto di lui era completamente albino tranne gli occhi. Al posto delle iridi teneva due buchi neri capaci di inghiottirti in una volta sola senza lasciare traccia della tua esistenza. Due buchi così profondi e scuri che sembravano rappresentare l'oscurità stessa.
Mi si avvicinò nuovamente e inalò una grande quantità d'aria. Mi stava annusando.
<Hai un profumo così dolce, tesoro... Cosí invitante... Non sai cosa darai per prosciugare in un secondo questo corpicino ed assaporarne ogni singola goccia. Peccato che le regole sono regole e io ho promesso agli altri che le avrei rispettate.>
Tornò in un baleno a sedere sul suo trono. Assunse una posizione strafottente e quasi annoiata che mi diede sui nervi. Ancora non riuscivo a parlare. E di cose da dire ce n'erano davvero tante.
<Il tuo amichetto ti ha detto cosa sei, Marian? O ha lasciato a me il piacere?>
Non capivo di cosa stesse parlando cosí mi limitai a scuotere la testa.
<Come pensavo. Vedi, tesoro c'é qualcosa che non va in te. Nel tuo sangue scorre qualcosa di sbagliato. Qualcosa che appartiene anche a me. Ho passato tutta la vita a cercarti, sai? É stato piuttosto complicato. Mamma e papà hanno fatto davvero un buon lavoro con te... Ma quando il tuo amichetto ti ha morsa é diventato tutto più chiaro. Il morso ha riacceso le tue capacità. In poco tempo diventerai più forte, ti sentirai potente ed invincibile.>
Lui rise una seconda volta. Stavo iniziando a detestare seriamente la sua risata. Però non capivo una parola di quello che diceva. Lui mi guardò intensamente e sapevo che i suoi buchi neri stavano tentando di inghiottirmi. Distolsi lo sguardo e lui sorrise compiaciuto per poi riprendere a parlare.
<Tesoro, tu sei l'esempio perfetto per l'espressione "tutto é possibile". Vedrò di essere più chiaro... Tu sei l'unica Portatrice di sangue rimasta, Marian. Il tuo sangue é speciale. Contiene milioni di misteri e un potere incredibile, presto te ne accorgerai. I nostri cari genitori lo sapevano e hanno preferito tenerti nascosta pur di non far sapere al mondo ciò che sei davvero e questo gli é costato la vita.>
I nostri genitori? Più andava avanti più confusione si creava nella mia testa.
<Sai, io sono un tipo che ama creare enigmi. É il mio passatempo preferito confondere le persone. Così andremo per gradi. Questo é semplicemente un puzzle, Marian. Trova il pezzo mancante e tutto verrà svelato. Per ora sappi che la trasformazione é iniziata e che tu, sorellina, sei speciale. Accetta ciò che sei davvero e sfruttalo per completare il gioco. Io ti osserverò ogni giorno. Quando sarai pronta, ti basterà pronunciare il mio nome. Adesso sogni d'oro, Tesoro...>

Mi svegliai di soprassalto. Il letto completamente sfatto, i jeans e la maglietta del giorno prima addosso. I piedi scalzi e sporchi di terra.
Era accaduto davvero.
Avevo un gran mal di testa e la vista era ancora un pò appannata. Mi misi in piedi e per un pelo non caddi a terra. Le gambe erano deboli e tutto intorno a me aveva preso a girare.
Mi diedi una sistemata e andai dritta verso la fermata dell'autobus che mi avrebbe condotta a scuola, luogo in cui stranamente non vedevo l'ora di andare.
Decisi di raccontare questa storia a qualcuno di cui mi fidavo ma non volevo neanche far preoccupare i miei amici. Così mi rivolsi all'unica persona che in questa storia c'era dentro quasi quanto me.
Trovai Devil appoggiato allo stipite di una colonna di mattoni all'ingresso del cortile della scuola. Stava fissando il vuoto.
Feci un respiro profondo e lo chiamai.
<Devil?>
Lui si voltò e mi rivolse uno dei suoi sorrisi più sfacciati.
<Guarda un pò chi si rivede. La piccola M... Ne é passato di tempo.>
<Sono felice di vederti, Devil.>
Dissi con voce ferma e distante.
<Il piacere é davvero tutto mio, signorina Sherwood.>
Disse in modo sarcastico e dannatamente fastidioso.
<Devil, devo parlarti adesso. É urgente.>
< Hai finalmente deciso di confessare il tuo amore nei miei confronti. Marian, tu sei carina ma io sono abituato a ragazze più sofisticate di te. Ad esempio c'é una certa Milly...>
Alzai gli occhi al cielo e gli rivolse un occhiataccia.
<Devil io non amo proprio nessuno! Adesso sta zitto e ascoltami.>
<Come ordina la principessa.>
Sbuffai. Quel ragazzo mi faceva urtare la nervatura come nessun altro.
<Sta notte sono andata da Laranik... Cioé non ci sono andata di mia spontanea volontà... Si può dire che mi ha rapita senza usare un contatto fisico.>
Al nome di quel ragazzino si fece subito vigile. Mi prese le spalle e mi guardò dritto negli occhi.
<Cosa ti ha detto, Marian? Ti ha fatto del male?>
<No, io sto bene ma... Ha detto delle cose che non hanno senso.>
<Cosa ti ha detto?>
Il suo tono era fermo ed estremamente concentrato.
<Ha detto che il mio sangue é speciale e che nasconde dei misteri e che devo accettare ciò che sono davvero.>
<E cosa sei Marian?>
Abbassai lo sguardo. Era questo il problema. Io non sapevo che cosa ero.
<Non me l'ha detto... Ha detto solo che devo capirlo da sola e che presto avverrà la trasformazione. Ma di cosa parla? Cosa mi accadrà?>
<Non lo so ma, se Laranik centra in questa storia, ci si deve aspettare il peggio. É un ragazzo pericoloso, Marian. Devi stare alla larga da lui, hai capito?>
Annuii velocemente sempre tenendo lo sguardo basso. Lui mi prese il mento fra le dita e mi costrinse a guardarlo negli occhi. I suoi occhi adesso risplendevano come smeraldi sotto il sole battente dell'estate. Quella visione mi tolse il fiato per un attimo ma poi tornai alla realtà.
<Ci sarò io a proteggerti, Marian. Io ti ho morsa. Adesso la tua vita é una mia responsabilità.>
<Non sei costretto a proteggermi.>
<E chi ti dice che per me sia una costrizione?>
I nostri sguardi si incrociano per un millesimo di secondo. Sentivo il suo forte odore di zucchero bruciato e la cosa mi diede un senso di pace e sicurezza mai provata.
Avrei voluto baciarlo, stringerlo forte ed addormentarmi tra le sue braccia ma non avrei mai rischiato che i miei desideri compromettessero le nostre vite. Mi allontanai da lui e vidi nei suoi occhi qualcosa. Delusione? Non lo sapevo. Era impossibile decifrare il suo sguardo.
L'ultima campanella suonò. Mi voltai per guardare le file disordinate di ragazzi uscire dall'edificio. Mi girai nuovamente verso Devil che però si era completamente dissolto nell'aria, ancora una volta.

The Moonlight ChroniclesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora