Marry Christmas

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Profumo di cannella in tutta la casa. Luce soffusa e finestre ovattate dalla leggera nebbia serale. Le strade ricoperte da un lieve strato di neve bianca.
Mi ero sistemata con una tazza di cioccolata calda sulle gambe sul piccolo divano posizionato davanti alla porta finestra che dava sul nostro piccolo patio. Fissavo le leggere chiazze bianche che macchiavano il cielo per poi ricadere al suolo nascondendo le tracce di tutto ciò che era passato per quelle vie. Avevo sempre odiato il periodo natalizio. Odori forti e dolciastri, l'obbligo di avere stampato in faccia un sorriso da ebete, il calore della famiglia... Per me il natale significava solo freddo, nostalgia e solitudine.
Caroline lavorava in un ospedale appena fuori Moonlight mentre Paul era un avvocato piuttosto indaffarato. A Natale, Caroline doveva restare in ospedale per delle ore extra mentre Paul rimaneva tombato nel suo ufficio per tutta la sera. Da quando ne avevo memoria, entrambi mi lasciavano a casa un piatto pieno di biscotti alla cannella e una porzione di pollo con patate. Ecco il mio Natale. Quell'anno la cosa non fu diversa.
Scladai nel microonde la cena e mi accomodai sul mio amato letto. Presi in mano il cellulare che non controllavo da circa tre ore. Sei chiamate perse da parte di Luke e tredici messaggi da Serafine.
Non esitai un secondo a chiamare la mia amica per sapere il motivo di tanta insistenza.
Dopo un paio di squilli, la voce stridula della vampira bionda mi risuonò nelle orecchie.
<Marian, ma che fine hai fatto?! La scuola é finita da tre giorni e non mi hai fatto neanche una telefonata!>
Le vacanze di Natale erano iniziate da un paio di giorni ed io ero rimasta chiusa in camera mia a prepararmi psicologicamente al periodo di smancerie natalizie pronto ad assalirmi.
<Scusa S, ho avuto molto a cui pensare in questi giorni... Dimmi tutto.>
<Io e i ragazzi stiamo insieme stasera... Ti va di fare un salto a casa mia? Noi non festeggiamo il Natale ma cerchiamo di non far passare la serata in modo anonimo.>
Due opzioni: restare a casa da sola la sera di Natale a ingozzarmi di biscotti e pollo freddo o passare la serata in compagnia dei miei strambi amici vampiri.
<Mandami un messaggio con l'indirizzo. Sto arrivando.>

Dopo aver indossato un maglione grigio di circa due taglie più grande del dovuto e un paio di jeans neri, mi incamminai verso casa di Serafine. Le nostre abitazioni erano piuttosto vicine quindi a piedi ci misi circa dieci minuti per arrivare. Anche se per poco tempo, la neve che avevo calpestato aveva invaso i miei stivaletti e i miei piedi stavano letteralmente congelando. Nelle mie scarpe pareva essere stata aperta una gelateria.
Non fu necessario controllare il numero civico di casa di Serafine. Ad un tratto mi ritrovai davanti ad una grande ville delimitata da un imponente cancello in ferro battuto dorato con una grande "C" incastonata nel centro che si distingueva da tutte le villette a schiera della via.
Suonai al campanello e dopo un secondo i cancelli iniziarono a spalancarsi lasciando intravedere un piazzale circondato da un esteso giardino all'inglese. In fila davanti alla casa erano parcheggiate due Giaguar nere e l'inconfondibile pick-up di Raphael.
Il portoncino rosso placcato si spalancò mostrando la figura esile di Serafine avvolta in un abito corto dello stesso colore della porta.
<Marian! Che bello vederti!>
Mi venne incontro e mi strinse tra le braccia. Ai piedi portava dei semplici calzini neri e il vestito corto lasciava scoperte le gambe nude. Avranno fatto almeno -2 gradi lì fuori. Come caspita faceva a evitare una morte per assideramento?!
<Hey, S. Sono felice di vederti...>
Dopo un momento di titubanza ricambia l'abbraccio.
<Anche io stupidona... Dai entriamo, starai gelando.>
Si, io. Mentre lei sarebbe potuta partire per i Caraibi.

Appena messo piede nella grande casa di Serafine, un'ondata di tepore confortante mi avvolse il corpo. Mi levai il piumino blu che copriva il mio abbigliamento mascolino e lo sistemai sull'attacca panni di mogano della mia amica.
Lei mi prese per mano e mi trascinò in quello che pareva il salone di Luigi quattordicesimo. Al centro della grande sala era sistemato un ampio divano in pelle nera che dava su un imponente camino in marmo intarsiato. Un pianoforte bianco era sistemato in un angolo della stanza e un mazzo di rose rosse adornavano il piano latteo dello strumento. Il pavimento in legno scuro era nascosto da un grande tappeto stile indiano e un cuscino di raso ospitava il piccolo gatto nero di Serafine intento a dormire beatamente davanti allo scoppiettare del fuoco.
<Serafine? Dove hai messo il burro di arachidi? Possibile che nella tua cucina non si riesca mai a trovare nulla?!>
L'inconfondibile voce del mio amico dai capelli biondi e dal piercing al labbro mi riportò alla realtà.
<É sul frigorifero Luke!>
Urlò a sua volta Serafine. Io soffocai una piccola risata e mi accomodai sul divano. Pochi attimi dopo dalla cucina comparve Luke non in testa una sostanza bruna appiccicosa e con un espressione decisamente seccata in volto. Serafine lo vide e scoppiò a ridere come una matta.
<Non é divertente, S. Chiaro?>
Ringhiò Luke.
<Oh io dico che é esilarante invece. Come cavolo hai combinato questo disastro?>
<La tua stupida gatta, S! Mi dici perché quella belva ogni volta che vengo a casa tua mi debba far passare le pene dell'Inferno?!>
Serafine aveva una gatta siamese di nome Brigida che amava combinare danni, specialmente se il danno riguardava Luke.
<Mi ha fatto cadere il vasetto di burro di arachidi in testa! Come caspita la tolgo questa roba dai capelli?!>
Serafine alzò gli occhi al cielo in modo teatrale e prese Luke per mano.
<Andiamo... Ti aiuto io... Marian, di là c'é del té ancora caldo. Prendine un pò così dopo iniziamo a cenare.>
Solo quando la mia amica pronunciò il mio nome Luke si accorse della mia minuta figura acciambellata sul divano.
<M! Non ti avevo vista!>
Lui mi corse incontro e fece per abbracciarmi ma io lo fermai di colpo.
<Prima ti togli quella roba di dosso e poi mi abbracci, okay?>
<Si, forse é meglio.>
Entrambi iniziammo a ridacchiare e dopo un attimo i due scomparvero al piano di sopra.

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