Death note

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Dopo quella notte, nessuno era più stato lo stesso.
Era passata una settimana dalla perdita della mia migliore amica e le lacrime erano già state sostituite da un emozione ancora più intensa e dolorosa: la nostalgia. Questa era più difficile, più contorta ed intima. Ed era anche insopportabilmente silenziosa.
Dopo i funerali, cosa che non mi aspettavo celebrassero i vampiri, tutto era annegato nel silenzio più opprimente.
La casa dei Clifford era vuota senza di lei, come se con la sua morte avesse portato via un pezzo della vita di ogni cosa o persona le stesse accanto.
Michael aveva deciso di vendere la villa, non aveva senso restare lì per soffrire ogni giorno nel vedere ogni cosa che riconducesse ad un momento passato con la sorella. Sarebbe andato a vivere nel nuovo appartamento di Luke.
Devil non si faceva vedere da quella notte... Serafine era una delle poche persone che per lui aveva simboleggiato una famiglia e credeva che la colpa di tutto questo disastro fosse solo sua. Come lo pensava anche Raphael.
Erano giorni che il vampiro non usciva dalla sua stanza. Non mangiava ne beveva. Da quell'antro oscuro che era divenuta la sua camera si sentiva solo un forte e dolciastro odore di fumo e raramente udivamo il suono di qualcosa di molto fragile infrangersi in terra. Proprio come era successo a Serafine.
Io invece ero una delle persone più addolorate ma meno comprese. Nessuno a parte me stessa conoscevano ciò che provavo nei confronti di S. Non era solo un'amica... Era le mia famiglia, il mio punto fermo, la mia ancora sempre pronta a non lasciarmi sprofondare negli abissi. Mi era stata vicino da quando avevo messo piede a Moonlight al giorno della sua morte. Come se tenermi al sicuro fosse la sua naturale vocazione. Mi mancava tutto di lei. Il suo sorriso capace ti rendere anche i momenti più oscuri un po più luminosi. Lei che con le sue parole piene di allegria e vitalità aveva fatto affrontare questa situazione in modo più leggero ed agguerrito. Lei era tutto.
Nonostante Mike avesse messo le villa in vendita, finché non avremmo un compratore, ci offrì di stare lì per tutto il tempo necessario. Ed io avevo accolto volentieri questa proposta visto che in quel momento non sapevo dove andare.
<Marian, >
Venni scollegata dai miei pensieri dalla voce di Luke. Lui era stato, come al solito, il primo a reagire al dolore. Cercava di distrarsi dai pensieri che l'avrebbero fatto crollare dandosi molto lavoro da fare.
Lo guardai con fare interrogativo e lui continuò.
<Hai sentito cosa ho detto?>
Scossi la testa velocemente per riprendermi del tutto dallo stato mentale in cui mi ritrovavo.
<No, scusami. Ero sovrappensiero. Dimmi.>
<Ti ho chiesto se in quella stanza abbiamo finito.>
Con un cenno del capo indicò una delle camere che avevano iniziato a sgomberare per il trasloco. Allungai il volto all'interno della stanza e poi tornai a guardare Luke.
<No. C'è ancora una scatola da chiudere. Tu va pure, io arrivo subito...>
Il biondo si limitò ad annuire per poi sparire dietro la porta d'ingresso. Mi diressi verso l'ultima scatola per poi sedermi sul pavimento freddo, in ginocchio, osservando il contenitore di cartone. Sul coperchio di carta era stata messa un'etichetta. Documentazioni del Circolo Vampiresco di Moonlight. Spinta dalla curiosità, aprii il contenitore e iniziai a frugarvici dentro in cerca di qualcosa di interessante. C'erano molti documenti antichi e trattati scritti in francese. Aprii tutte le cartelline che avevo trovato, quando una in particolare attirò la mia attenzione. Censimento annuo dei partecipanti al Circolo.
Presi tra le mani i fogli di carta invecchiati ed iniziai a sfogliare. Il più antico censimento risaliva al 1756 mentre l'ultimo era del 2014. Lessi velocemente tutti i nomi delle famiglie più prestigiose della società vampiresca quando un particolare mi fece ricontrollare di nuovo le liste.
Dal primo censimento a quello del 1985 era presente il nome della famiglia Chaes, a me sconosciuta. Da quell'anno in poi il nome dei Chaes era stato cancellato dalle liste con una marcata linea di inchiostro nero. Corrugai la fronte in segno di confusione. In quel manoscritto erano presenti solo i nomi delle famiglie del Circolo più importanti, quindi deduco che ne abbiano creato uno anche sulle loro storie. Mi nascosi il libro sotto la giacca e presi per controllarne altri ma la voce di Luke interruppe il mio operato.
<Marian, hai finito con le ultime scatole? Michael non ne può più di stare qui e se ricomincia a piangere mi metto a sbraitare anche io e toccherà a te tenerci la testa sulle tue spalle!>
A quelle parole frettolose mi sbrigai a portare la scatola dei libri nella mia camera mentre urlavo a Luke qualche scusa per giustificare il mio ritardo.
Presi le ultime scatole di biancheria e mi avviai verso il pick-up di Luke.
<Eccomi.>
Dissi chiudendo lo sportello dell'auto.
Michael era seduto dietro, come al solito. Stava in silenzio e con il capo appoggiato al finestrino freddo, lo sguardo perso nel guardare l'orizzonte oscuro della contea. Sembrava che nell'ammirare tanta desolazione, il suo cuore si potesse sentire a suo agio perché trovato qualcosa che sapesse come ci si sente a vivere nella solitudine.
Dopo cinque minuti o poco più di viaggio, arrivammo a destinazione. Luke parcheggiò il pick-up davanti ad un piccolo palazzo appena fuori dal centro di Moonlight. Era ben tenuto e aveva le mura esterne di un caldo rosa antico con qualche crepa e un po di intonaco rovinato sotto al tetto. Presi dalla macchina qualche scatolone e seguii i due nuovi coinquilini nella loro futura casa. Salimmo due rampe di scale particolarmente curate ed arrivammo davanti ad un grazioso portoncino blu scuro.
Luke fece scattare la serratura con una mandata di chiave per poi aprirla con un leggero calcio del piede viste le mani occupate. Mike fu l'ultimo ad entrare per poi richiudersi la porta alle spalle. Ci guardammo intorno e un leggero sorriso comparve sulle labbra di ognuno di noi.
L'appartamento non era molto spazioso, ma adatto a due giovani ragazzi. Le finestre del salone erano piccole e munite di serrande ben oscuranti, ottimo considerando che i due proprietari fossero vampiri. Posammo gli scatoloni sul tavolo in sala da pranzo e andammo a vedere lo stato della cucina. Avevano scelto di prendere un appartamento già arredato. Non avevano voglio di caricare tutti i mobili della villa e sistemarli nella nuova casa ne tantomeno volevano farlo, troppi ricordi.
La cucina era poco spaziosa ma comoda e funzionale. Entrambi i coinquilini non avevano bisogno di cucinare del cibo quindi una cucina piccola non sarebbe stato un problema. In compenso però il frigo era molto spazioso. Il che era un bene visto che sarebbe presto stato riempito da una decina di bottiglie contenenti il liquido rosso da loro tanto amato. Luke diceva che il sangue se messo al fresco prende un sapore migliore e risulta più dissetante. Un po come la limonata per noi comuni mortali.
<Allora, che te ne pare?>
Mi voltai verso Luke e sorrisi debolmente. Da quando lei non c'era più ogni nostro sorriso risultava spento e tante vuole falso, giusto per convincerci a vicenda che stesse andando tutto bene.
<Mi piace. Sempre fatto apposta per voi.>
Mike mi guardò, senza sorridere. Il suo sguardo lasciava trapelare approvazione e una forte accondiscendenza che mi faceva rivoltare lo stomaco.
Dopo aver fatto un giro superficiale per tutta la casa, aprii la porta per andare via ma sentii una mano possente stringersi intorno al mio braccio. Mi voltai di scatto ma mi rilassai appena vidi i grandi occhi verdi di Michael fissarmi con fare pietoso.
<Mike... Mi hai spaventato... >
<Scusa, non era mia intenzione. Marian... Posso chiederti un favore? >
Mi si strinse il cuore a vedere il suo viso in pieno ad un uragano di emozioni differenti predominate da un senso di pura solitudine.
<Tutto quello che vuoi>
Fece un sospiro e si stropicciò gli occhi arrossati per via delle mancate ore di sonno.
<Stanotte... Ti va di restare qui, a casa nostra?>
Quella richiesta mi sorprese. Lo guardai con più dolcezza possibile.
<Pensavo tu e Luke voleste stare soli...>
Una leggera e completamente priva di umorismo risata uscì dalla sua gola che si chiuse immediatamente per far tornare quel silenzio in cui si era nascosto per una settimana.
<M, pensi davvero che in questo momento abbia bisogno di stare solo?>
<No, scusa. Hai ragione. Resterò con voi tutto il tempo necessario. Prendo le mie cose alla villa e torno, okay?>
Lui annuisce. Misi un piede fuori dall'uscio della porta ma Mike mi fermò nuovamente. Mi voltai verso di lui ma non furono necessarie parole. Lo accolsi tra le mie braccia e lo strinsi. Lui era un ragazzo di un metro e novanta di statura mentre io una ragazza poco più alla di un metro e settanta, eppure tra i due quella forte sembravo io. Poggiai la testa sul suo petto e sentii il suo mento appoggiarsi sulla sommità della mia nuca. Non avevo mai notato quanto Michael mi volesse bene e quanto io, ai suoi occhi parevo una sorella minore.
<M... So che non te lo dico molto spesso ma>
Lo interruppi prima che potesse aggiungere altro.
<Ti voglio bene.>
Anche se non potevo vederlo in volto, sapevo che un piccolo sorriso ora popolava il suo volto.
Mi staccai dalla sua dolce e forzuta presa e senza aggiungere altro, le parole ormai erano inutili, uscii di casa lasciandomi alle spalle la famiglia più recente che aveva accettato di adottarmi.

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