I'm broken

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Sono due settimane che i miei genitori sono scomparsi. Due settimane senza uno straccio di indizio. Due settimane. Quattordici giorni che i ragazzi ed io giriamo come trottole per la casa di Serafine in cerca di risposte.
Quel giorno avevamo deciso di andare a casa mia per fare l'ennesima ricerca di qualcosa. Non sapevo neanche cosa.
Fuori il cielo era scarlatto. Chiazze azzurre attraversate da scie di nuvole che parevano fumo bianco. A volte, vorrei poter toccare quel fumo. Perdermi in quelle matasse di materia pallida come riuscivo a perdermi nelle foreste che si celavano dietro agli occhi di Devil.
Mi infilai la giacca seguita da Luke, Michael e Devil. Si erano offerti per accompagnarmi a casa mentre gli altri sarebbero restati nella villa per cercare qualcosa di utile nella biblioteca.
Luke e Michael uscirono dal portoncino e all'ingresso restammo solo io e Devil, circondati dal tipico odore di pino della villa unito a quello di zucchero bruciato che emanava il ragazzo accanto a me.
Lui si avvicinò a me e mi alzò il volto con le dita dolcemente.
<Sei pronta?>
Mi chiese quasi in un sussurro.
<Se intendi: sei pronta per tornare nel luogo in cui i tuoi genitori sono stati rapiti per cercare un indizio che forse neanche esiste. Sì, in questo caso sono pronta.>
Lui alzò lievemente un angolo della bocca che successivamente avvicinò al mio orecchio.
<Vedrai, li troveremo...>
Sentii il suo respiro sulla pelle. Così avvolgente che mi fece entrare in uno stato di beatitudine. Come faceva a farmi perdere la lucidità solo con un sussurro?
Sorrisi debolmente e mi allontanai da lui uscendo dalla porta principale. Non sapevo perché ogni volta che eravamo così vicini mi venisse voglia di scappare. Non era paura, almeno credo, ma qualcosa di piú. Amavo così tanto l'idea di stargli vicino che quando succedeva davvero non sapevo cosa fare.

Devil

Rivolsi un ultimo sguardo a Marian, che si allontanava da me. Ancora una volta. Non riuscivo a capire perché lo facesse. Le avevo confidato ciò che sentivo per lei e mi ero sforzato a non comportarmi da stronzo come faccio con tutti ma, nonostante tutto questo, lei continuava a scivolarmi via dalle mani.
Mi infilai la giacca pesante che avevo in mano e la seguii fuori da casa Clifford. Se ci pensavo, ancora non mi capacitavo di quanto tempo io e mio fratello avessimo passato in quella casa. Da quando i nostri genitori ci avevano abbandonati per seguire le orme del Circolo eravamo rimasti da soli. Da soli fino a che non incontrammo Serafine e Michael. Loro ci accolsero come fratelli. Ci hanno sempre dato la loro protezione e ci hanno sempre trattati come amici e non come estranei. Luke tra tutti noi é l'unico ad avere una famiglia più o meno presente. I signori Clifford sono sempre stati ligi al dovere e fedeli ai consigli vampireschi. Non si perdono neanche una riunione e credono che facendo così un giorno otterranno un qualche tritolo speciale. Mentre i signori Hemmings, genitori di Luke, seguivano solo gli eventi più importanti e questo gli consentiva di stare più con il figlio. Poi c'era il problema che Michael e Luke dovessero stare insieme di nascosto per evitare l'ira delle loro famiglie, ma questa é un'altra storia.
Una voce mi riportò alla realtà. <Dev, muoviti! Non voglio invecchiare per aspettarti!>
Luke era già fuori dai grandi cancelli in ferro battuto, con al fianco Marian avvolta nel suo giubbotto blu.
<Si, eccomi...>
Scesi velocemente le scale ricoperte da un leggero strato di ghiaccio e raggiunsi i miei compagni.
Attraversammo i pochi isolati che ci separavano dalla casa di M in totale silenzio. Si sentivano solo i nostri piedi affrontare nelle pozzanghere formate dalla neve sciolta che era scesa dal cielo quella notte. Erano due settimane che la neve tingeva le nottate di bianco.
Continuai a camminare tenendo lo sguardo basso, lo alzavo solo raramente per guardare i lunghi capelli scuri e scompigliati di Marian muoversi in balia della leggera brezza che tirava. Era così diversa... Ogni volta che guardavo quella ragazza mi veniva in mente questo fattore. Così coraggiosa e forte, perennemente persa in un mondo in cui avrei dato tutto pur di farne parte.
Finalmente arrivammo davanti a casa di M. La porta era socchiusa, come l'avevamo lasciata il giorno precedente. Avevamo messo un pò in ordine nei giorni passati, ma il pavimento era ancora ricoperto di graffi e frammenti di oggetti ormai irriconoscibili.
Marian entrò per prima e si mise subito a cercare per la casa la cosa che ormai tentavamo di scovare da settimane ma che non sapevamo neanche cos'era.
Si mise a rovistare in una cassettiera; mi sistemai al suo fianco e presi a cercare insieme a lei. Distolsi un attimo lo sguardo dal contenuto della cassettiera per guardare il vuoto quando sentii il calore del corpo di lei sfiorare il mio. Le nostre mani si erano posate contemporaneamente su un oggetto e adesso erano una sopra l'altra. Quel contatto mi fece salire dei brividi lungo tutta la schiena. Avrei voluto stringere quella piccola mano tra la mia e dirle che andrà tutto bene ma non feci in tempo a muovermi che lei si allontanò da me. Dovevo parlarle, o avremmo continuato a sfuggirci a vicenda, e io non volevo questo. Non per noi due.
<M?>
La chiamai con voce ferma ma non dura. Non ero arrabbiato con lei. Come avrei potuto? Volevo solo chiarire la situazione.
Lei si voltò verso di me e mi guardò negli occhi per la prima volta in quella giornata. Avrei voluto barricarmi in quei occhi. Chiudermi oltre quel verde che riusciva sempre a mozzarmi il fiato. Ero stato con molte ragazze, alcune molto più belle di Marian secondo gli standard, ma in nessuna avevo visto un briciolo di quello che vedevo nei suoi occhi.
<Possiamo parlare un attimo,> rivolsi uno sguardo a Luke che era impegnato a rovistare in un mobile insieme a Michael <in privato?>
Tornai a puntare lo sguardo su di lei. Si passò una mano tra i capelli perennemente scompigliati ed annuì poco convinta.
Iniziai a camminare verso l'uscita senza voltarmi indietro. Sapevo che mi stava seguendo.
Quando uscimmo fuori, la brezza che tirava da ormai due settimane mi accarezzò il viso. Il suo freddo pungente non scalpì la mia pelle ormai indifferente a qualsiasi tipo di temperatura. Marian si strinse nel giaccone strofinandosi le mani in modo da scaldarle. Non avevamo ancora capito cosa fosse diventata realmente M. Quando l'avevo morsa non era morta ma non si era neanche trasformata in vampiro. Per quanto ne sapevamo riuscivamo a sentire, anche se di poco, uno il dolore dell'altro, sia fisico che emotivo, e riuscivamo a comunicare attraverso la mente.
<Dimmi.>
La sua voce mi fece riportare l'attenzione su di lei.
<Dobbiamo parlare di una cosa. È importante, cioè almeno lo è per me...>

The Moonlight ChroniclesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora