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Quando mi svegliai, ebbi paura di aprire gli occhi. Avevo paura che Devil se ne fosse andato. Che mi avesse abbandonato.
Inoltre non volevo che quel momento di pace finisse. Il lenzuolo leggero mi accarezzava il corpo nudo ancora caldo. Il cuscino morbido ospitava la mia testa che in quel momento sembrava essere altrove.
Il terrore di svegliarmi sola finì quando una mano mi sfiorò il braccio. Devil era ancora lì. Aprii finalmente gli occhi e la luce del mattino mi illuminò il viso costringendomi a socchiudere gli occhi. Mi girai e vidi il viso di Devil che mi osservava con un mezzo sorriso sulle labbra.
<Perché mi guardi così?>
Mormorai per non disturbare la quiete intorno a noi.
<Perché ti amo...>
Restai immobile, senza parole. Il corpo era stato attraversato da piccoli brividi. Le farfalle nello stomaco iniziarono a svolazzare. Non mi era mai stata detta una cosa così. Da una vita mi preparavo a questo attimo, eppure ero rimasta senza fiato.
<Cosa...?>
Chiesi con un sussurro. Non credevo a quello che avevo sentito.
<Io... ti amo, Marian...>
Allungò la mano e mi sfiorò una guancia con le dita. Il suo leggero tocco peggiorò la situazione. Adesso le farfalle stavano ballando la salsa o qualche altro tipo di strano ballo caraibico.
<Ti ho sempre amata, almeno credo. Dal giorno in cui ti sei presentata con i tuoi maglioni larghi e con le tue scarpe da ginnastica rovinate al giorno in cui sei venuta al Dan Bit con noi avvolta in quel vestito rosso... eri perfetta in ogni situazione e non te ne accorgevi neanche. Ti amo perché mi rendi migliore. Ti amo perché sei tu la parte migliore in tutta questa mia vita immersa nel caos.>
Adesso le farfalle urlavano.
Non riuscivo a non guardarlo negli occhi con aria sognante.
<Ti prego dì qualcosa>
Dalla sua bocca uscì una risatina nervosa. Non riuscivo a dar fiato ai pensieri così mi  sporsi e poggiai le mie labbra sulle sue. All'inizio, troppo sorpreso da quel gesto, Devil rimase immobile ma, dopo pochi attimi, ricambiò il bacio con il doppio della passione con cui avevo iniziato io.
Quella notte mi aveva fatto sentire viva. Viva e bellissima. Mi aveva fatto sentire una donna. Mi aveva reso felice e mi aveva fatto dimenticare tutto il mondo che ci circondava.
Quando le nostre labbra si staccarono i nostri sguardi fecero l'opposto. Devil aveva capito che provavo lo stesso che provava lui e non servivano parole per farglielo intendere.
<Dobbiamo andare... ho l'allenamento oggi.>
Dopo qualche minuto di silenzio, fui io a ritornare al mondo in cui eravamo costretti a vivere. Se non l'avessi fatto penso che sarei andata alla deriva in quelle due giungle che aveva negli occhi. Lui annuì e con solo un secondo di esitazione si alzò dal letto. Era ancora completamente nudo e mi soffermai a fissare tanta perfezione. Con gli occhi attraversai le curve dei pettorali sodi e modellati per poi scendere fino agli addominali ben allenati ma non esageratamente possenti. All'estremità di essi si vedevano le due linee regolari che portavano ancora più in basso... distolsi immediatamente lo sguardo arrossendo violentemente, cosa che, a mio malgrado, Devil notò. Un sorriso beffardo gli comparve sul volto.
<Preparati tesoro, perché d'ora in poi vedrai tutto questo quasi ogni giorno.>
Il mio rossore aumentò.
<Smettila, idiota.>
Cercai di agire con l'arma della difesa per nascondere la mia palese vergogna. Anche se dovevo ammettere che la sua previsione non andava poi tanto male...
Devil prese con una mano un lembo del lenzuolo che mi copriva il corpo denudato. Questo mi fece istintivamente stringerlo tra le mani ma a Devil bastò tirare un pò più forte per farmelo scivolare lungo il petto scoprendomi il seno.
<Io dico solo la verità... e scommetto che questo tipo di verità ti piace...>
La sua voce roca e sensuale mi faceva sempre un certo effetto. Un effetto che mi faceva diventare il corpo incandescente. Tirò ancora un pò il lenzuolo che arrivò a scoprirmi anche il ventre e i fianchi, a mio malgrado, appena rotondi. Adesso i brividi erano ancora più intensi ma quando lui prese ad avvicinarsi e il mio corpo sentì il calore emanato dal suo, tutto divenne più semplice. Mi calmai definitivamente quando le sue braccia mi cinsero la vita per poi tirarmi su dal letto come se fossi una principessa. Mi tenevo stretta al collo di Devil che invece era impegnato a guardarmi perso negli occhi. Noi eravamo noi. Una cosa unica e speciale, a modo nostro. Io riuscivo a calmare lui e lui riusciva ad accendere in me una scintilla che mi toglieva ogni tipo di paura e che mi ricordava cosa fosse realmente la vita. La vita vera.
<Ti amo, Devil Black.>
Le parole non erano un sussurro, ma uscirono forti e chiare. Come i sentimenti che capivo solo ora di provare per lui.
Non avevo mai pronunciato quelle parole in vita mia (Perché la pizza del ristorante italiano vicino all'orfanotrofio non contava, giusto?). Diciamo che non le avevo mai dette ad una persona. Solo ora che le avevo pronunciate mi resi conto del senso di libertà che si prova a dirle. Ti senti leggera, come se un enorme peso si fosse dissolto. Io, per lo meno, mi sentivo così. Il mondo dovrebbe dire più spesso quella breve frase. Molti problemi verrebbero risolti molto più in fretta.
Devil parve percepire il fatto che per me fosse molto raro dire cose del genere, e lo si poteva intuire dallo sguardo con cui mi fissava. Un misto di stupore, incredulità e... gioia. Tanta gioia come non ne avevo mai vista prima. Solo adesso mi rendevo conto che il dimostratre di amare una persona è importante, anzi, è essenziale. Ma fa anche un certo effetto sentirselo dire.
La presa su di me si fece più solida. Mi fece alzare la schiena con la mano per farmi avvicinare di più al suo volto.
<Ce l'hai fatta a dirlo, Sherwood.>
Sussurrò a pochi centimetri dalle mie labbra arrossate.
<Smettila, idiota.>
Ripetei di nuovo per poi farmi scappare una piccola risata quasi immediatamente interrotta da un bacio lento ed intenso che Devil mi lasciò sulle labbra.
Andammo in bagno e ci facemmo una lunga doccia calda, uno abbracciato all'altro mente le gocce d'acqua ci accarezzavano i corpi bollenti. Usciti dal bagno, che dietro di sé aveva lasciato un alone di vapore condensato, mi mettemmo addosso i vestiti che portavamo ieri. I miei sapevano ancora di bruciato.
In poco tempo uscimmo dalla casa dei miei genitori e andammo dritti verso il bosco, in cui mi aspettava il prossimo allenamento.
Arrivati lì notai che ad aspettarci c' erano anche Luke e Mike. Sembravano secoli che non li vedevo. Mi erano mancati così tanto...
<Luke!>
Sorrisi e gli corsi incontro. Lui aprì le braccia per accogliermi e io lo strinsi tra le mie.
<Hey, Sabrina vita da strega. Sono così felice di vederti...>
Appoggiò la testa sulla mia e l'abbraccio durò finché Michael non urlò in preda ad una risata:
<Marian ti ricordo che Luke è il mio ragazzo!>
Detto ciò scoppiai a ridere anche io. Mike si unì all'abbraccio e quando, dopo un bel pò di tempo, ne avemmo
abbastanza, ci separammo continuando a sorridere.
<È bello essere di nuovo tutti insieme...>
Luke mi scompigliò i capelli per poi salutare, con un cenno del capo ed un caldo sorriso, anche Devil, che ci guardava ancora, in balia della gioia, qualche passo più lontano.
La mia felicità scomparse appena Eric mi ricordò il motivo per cui eravamo tutti qui. Testare i miei poteri.
Fui costretta ad abbandonare le persone che più amavo per seguire quel maghetto irritante fino al punto più fitto di quel bosco che pareva non finire mai.
Mi sentivo come Cappuccetto Rosso, da sola, senza sapere cosa si nascondesse tra i cespugli scuri e dall'odore pungente.
<Loro ti vogliono molto bene.>
Quell'affermazione mi fece sobbalzare. Mi girai a guardare Eric che intanto mi fissava con le mani nelle tasche dei jeans.
<Si, anche se stento a credere che tu conosca il concetto di amore o di affetto.>
La mia voce era ferma e seria, priva di qualsiasi tipo di umorismo.
<Andiamo, Marian, pensi davvero che io non abbia un cuore? Che non provi affetto per nessuno?>
Lui fece una breve risata sarcastica e piena di amarezza. Io non risposi così lui continuò.
<Beh, non è così. Provo gli stessi sentimenti che tu provi ogni giorno per quelle persone, solo che io non ho nessuno che li ricambi. Per questo ho imparato a sotterrarli e a non affezionarmi più a nessuno.>
Sembrava sul punto di piangere, o forse ero io?
Quel discorso era stato fatto con un dolore nella voce che non avevo mai sentito. Ero delusa da me stessa per averlo sempre trattato così male. Lui, in fondo, non aveva fatto nulla di male.
Era scortese e fastidiosamente misterioso. Non mi lasciava tregua per farmi esercitare, ma forse lo faceva solo per il mio bene. Per prepararmi ad uno scontro che avrebbe cambiato il destino delle vite di tutti.
<Mi dispiace... io non sapevo che tu... Scusami.>
Abbassai lo sguardo per timore di guardarlo negli occhi. Sentii i suoi passi avvicinarsi a me. Sentii le sue mani fredde sui miei fianchi. Alzai lo sguardo non capendo cosa stesse succedendo. Lo guardai con un espressione interrogativa.
<C'è un modo per farti perdonare...>
Lui si chinò sul mio viso e, quando fu tanto vicino da poter sentire il suo respiro sul viso, sussurrò delle parole che mi lasciarono a bocca asciutta.
<Baciami. È tutto quello che ho sempre voluto. Lo voglio ora. Voglio che tu mi ami come ami quel vampiro fastidioso. Noi due siamo uguali, Marian. Sono l'unica persona che tu devi amare.>
L'ultima frase fu attraversata da un leggero digrignare dei denti. La sua presa su di me si fece più salda, quasi dolorosa.
<Baciami, Marian. Adesso.>
I miei occhi stavano impazzendo per quanto le pupille guardassero intorno per trovare via di fuga da quella stretta glaciale.
<No. Io... non posso!>
La sua voce ora sembrava quella di un lupo pronto a divorare la povera bambina con il cappuccio rosso.
<Perché no?>
<Perché non ti amo, Eric. Non hai fatto nulla per farti amare da me. Non ti bacerò mai perché io non ti amo.>
Il suo tono si fece più calmo e inquietante. La stretta si allentò di poco.
<Bene, l'hai voluto tu.>
Si allontanò da me e io lo seguii con lo sguardo, confusa da quanto stava accadendo.
Alzò una mano verso il cielo che iniziò a tremare. Tremava e pareva arrossire sempre di più finché un enorme fascio di luce rossa uscì dal suo palmo e raggiunse le nuvole. Il cielo si fece più scuro e mi resi conto solo quando vidi il buio piombare su di me che, in un attimo, era arrivata la notte.
La confusione si impadronì della mia mente, che non capiva cosa stesse accadendo.
Il fascio rossastro aumentò di intensità finché Eric non si portò la mano incandescente alla destra del suo corpo. La luce sanguigna iniziò a cambiare, come se si stesse modellando da sola. Solo dopo che la luce aveva assunto una specie di forma, mi resi conto che la figura creata da quel fuoco fosse umana.
La luce si spense e ci misi un pò per abbituarmi alla notte. L'unica cosa che emanava luce era la sagoma incandescente. Eric alzò la testa e notai che i suoi occhi non erano più castani, ma neri. Il bianco della pupilla era svanito e si vedevano solo due fessure da cui usciva solo oscurità.
Tornai a concentrarmi sulla figura che intanto si stava spegnendo. Il fuoco si solidificò creando una specie di crosta rocciosa e rossastra intorno all'uomo. La figura, che fino a quel momento era rimasta immobile, si mosse e, così facendo, la crosta terrosa si frantumò in mille pezzi.
Alcuni frammenti di roccia mi arrivarono addosso costringendomi a coprirmi il volto con un braccio e a fare un passo indietro. Solo quando riacquisii il mio campo visivo vidi cosa, o meglio chi, si nascondeva dentro quella corazza scura.
Laranik era davanti a me, completamente immacolato e senza rimasugli di terra addosso.
I capelli quasi bianchi erano leggermente cresciuti da quando ci eravamo visti l'ultima volta e facevano a pugni con il nero pece del suo completo di seta. Si aggiustò con nonchalance i gemelli della giacca e tornò a guardarmi. Una sottile linea di matita gli contornava gli occhi vuoti e accentuava la sua pelle pallida, cadaverica. Le labbra si curvarono in un sorriso smagliante che fece intravedere i canini bianchi e prolungati.
Nonostante il suo abbigliamento e il suo modo elegante e regale con cui si muoveva, la faccia era quella di un ragazzino di quindici, massimo sedici anni.
<Oh, avanti, non guardare così il tuo fratellino. Non sei contenta di vedermi?>
Anche la voce era quella di un piccolo uomo, ma nonostante questo mi metteva i brividi. Solo quando parlò mi resi conto che avevo le pupille dilatate e la bocca semiaperta per la paura e per la sorpresa.
La rinchiusi immediatamente e ripresi ad avere una postura eretta e, per quanto potessi, sicura di me.
<Affatto, in realtà. Quando deciderai di lasciarci in pace?>
<Semplice, sorellina. Quando avrò ottenuto ciò che voglio.>
Si raddrizzò la cravatta nera e si mise le mani in tasca come se stesse aspettando l'autobus.
<Te l'ho detto. Non sono tua sorella, e non lo sarò mai.>
I denti mi tremevano leggermente e le mani erano strette a pugno.
<Forse non spiritualmente. Ma il mio sangue è anche il tuo e vice versa. Che ti piaccia o no. Che ragazza testarda. Non riesce mai a vedere le cose come stanno.>
L'ultima frase non era rivolta a me, ma, con mia enorme delusione, ad Eric, che in quel momento era al fianco di Laranik e mi fissava con occhi seri e gelidi.
<Si, l'ho imparato a mie spese.>
Adesso anche io lo guardavo. Ero nauseata. Ci aveva mentito. Mi aveva mentito.
<Così tu stai dalla sua parte. Mi maledico per non aver ascoltato Devil quando mi aveva detto di non fidarci di te. Sei solo un bugiardo doppiogiochista.>
Lui alzò le spalle mentre mio "fratello" ci osservava divertito.
<Non mi vanno a genio i vampiri e poi la ricompensa era più consistente da questa parte.>
<Allora perché? Perché mi hai aiutato a sviluppare i miei poteri? Perché avresti voluto... baciarmi?>
Mi faceva male dire quelle parole perché non me lo sarei mai aspettata, non da lui.
<Semplice strategia di manipolazione.>
<Oh e poi la storia degli allenamenti è per me. In effetti hai fatto un ottimo lavoro, Eric. Ti aumenterà la ricompensa.>
Stavolta si era intromesso Laranik che con un ghigno ci guardava.
<Perché mai avresti voluto che i miei poteri aumentassero e che io li sapessi gestire?>
<Vedi cara,> fece qualche passo verso di me stando attento a non sporcarsi le scarpe appena lucidate <Quando la luna di sangue arriverà, ovvero tra pochi minuti, io assorbirò ogni briciolo di magia che è in te. Se non ti fossi allenata molto, il tuo potenziale sarebbe rimasto sepolto. Invece ora sei una supernova in attesa di esplodere!>
Un guizzo di luce attraversò i suoi occhi facendomi rabbrividire. Io non dissi nulla, non avevo fiato in gola. Mi sentivo sfruttata ed ingannata. E la cosa mi faceva imbestialire.
Laranik alzò gli occhi verso il cielo bluastro. Si guardò poi il polso a cui era allacciato un orologio con un sorriso pazzoide.
<Tredici minuti. Oh no, aspetta, dodici.>

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