3. Two moths

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Harry si rifiutò di seguire quelle stupide regole che lo avrebbero sottomesso all'uomo dal tocco gelido che gli sussurrava all'orecchio.

Il riccio si alzò di scatto ribaltando la sedia e facendo imprecare l'uomo. «Non ho intenzione di seguire le tue regole malate stronzo» scoppiò infine. All'uomo sembrò di non aver capito bene, mai nessuno avrebbe osato avanzare un affronto del genere contro di lui. Presa la pistola per il manico sorprese Harry alle spalle contornando il suo collo con un braccio e puntandogli l'arma alla tempia. «Fai quello che ti pare, tanto da me non otterrai nulla» continuò il riccio. Sentiva l'accenno di barba dell'uomo sull'incavo del collo e rabbrividì per quanto fosse ispida.

D'un tratto non sentì più il freddo metallico della pistola sulla tempia e il collo libero dal braccio che lo stringeva. «Mi piacciono le sfide. Vediamo chi vince» ghignò l'uomo «Comincio io» continuò. Harry inizialmente non capì cosa intendesse con quel "comincio io" ma presto gli fu tutto più chiaro: la mano destra dell'uomo si posò sulla sua spalla sinistra e il suo stomaco venne schiacciato dal grosso ginocchio del suo avversario. Harry non riuscì a proteggersi dal suo aggressore e si sorprese di come questo potesse centrarlo ogni volta senza mancarlo nonostante il buio pesto. Seguirono diversi calci mentre il riccio si accasciò a terra raccogliendosi  per proteggersi. Strinse gli occhi e l'uomo si allontanò urlando: «Malik!»
Zayn si fermò sull'uscio che illuminò la schiena curva di Harry. «Portalo giù» ordino l'uomo. Il corpo inerme di Harry fu raccolto dal moro poggiando lo stomaco dolorante del riccio sulla sua spalla. Si sentì un «Dove lo porti?» appena bisbigliato, ad Harry sembrò di Louis, ma in quello stato poteva anche sbagliarsi. «Giù» fece freddo Zayn lasciando il liscio con un «Ah» sulle labbra.

Scesero delle scale ed Harry fu lasciato su un logoro materasso che sapeva di polvere.  Stremato il ragazzo lasciò che tutti i suoi muscoli si rilassassero e cadde in un sonno profondo.

Harry non sapeva quanto fosse passato dal suo 'trasferimento' dato che dentro a quel buco il buio regnava. Ci era avvezzo ormai, era come essere ciechi. Si intratteneva chiedendosi come ci fosse finito dalla sua stanza ad uno scantinato umido e freddo; quanto ci sarebbe rimasto, ma a quello non trovò risposta.

Raramente gli veniva lanciato un panino e qualche bottiglietta di plastica  mezza vuota. Perchè Harry vedeva così la sua vita al momento: una fottutissima bottiglietta di plastica mezza vuota.

Un giorno, o una notte, nel dormiveglia Harry vide una figura smilza scendere la gradinata che portava allo stanzino. Socchiudendo gli occhi il riccio notò che portava qualcosa, ma la luce dell'esterno gli pizzicò le pupille dilatate. Non aveva il coraggio di svegliarsi per scoprire chi fosse o cosa portasse la sagoma nera. Rabbrividì per l'umidità della stanza e per l'aria di novembre che entrava dalla fessura tra il pavimento e la porta in cima alle scale. Sentì un suono vetrine ad indicare che una bottiglia fu posata vicino al suo corpo tremante. Improvvisamente si sentì coperto ed al caldo, l'estraneo lo aveva coperto e gli aveva sussurrato all'orecchio: «sono cinque giorni» prima di correre su per le scale e serrare la porta, la quale tornò ad essere solo una sagoma più luminosa del resto.

L'estraneo fece visita ad Harry più volte, ed ogni volta gli sussurrava quanto era durata la sua prigionia fino a quel giorno; nonostante tutto però il riccio non capì chi fosse, tutto quel silenzio lo stava assordando.

«Due mesi» sussurrò l'ultima volta.

UNFAIR  [L.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora