Passarono due anni. Due anni senza di lui. Louis uscì di prigione, e una volta fuori non seppe cosa farne della sua vita. Si sedette fuori dal carcere, con la schiena appoggiata alle mura che lo avevano rinchiuso per tanto tempo. Aveva lasciato Michael nel suo letto a dormire. Si chiese cosa avrebbe pensato una volta sveglio, ma in fondo non gli importava, così smise di pensarci. Era strano essere liberi di respirare l'aria fresca dopo due anni. Dopo due lunghi anni.
La prima cosa che gli venne in mente fu di comprarsi un pacchetto di sigarette, allora si avviò verso un tabaccaio vicino. Comprò delle malboro gold, ma alla fine non importava la marca.
Poi nella mente liquida di Louis affiorò un pensiero: non aveva una casa, non aveva un lavoro, non aveva dei soldi. Non era niente. Il tabaccaio gli regalò il pacchetto, così lui ringraziò ed uscì dal locale.
Aveva addosso la felpa di Harry, quella che aveva il giorno in cui lo aveva... Non riusciva nemmeno più a dirlo. Aveva sofferto tremendamente per la perdita del riccio, così aveva deciso di smettere di pensarci, non di dimenticarlo, solo di pensare anche ad altro. Non voleva più quella grossa felpa, doveva buttarla via. Ma non ce la fece, quando arrivò ad un cassonetto dell'immondizia la mano in cui teneva l'indumento tremó leggermente. Non poteva gettare via l'ultima cosa che gli ricordava Harry, ma non la voleva nemmeno più. Si scervellò e alla fine gli venne in mente un'idea: l'avrebbe portata al migliore amico del riccio, sapeva dove abitava e sapeva che l'avrebbe accettata.
Camminò un po' spaesato chiedendo indicazioni ai passanti. Giunse a destinazione un'ora e mezza più tardi. Bussò.
«Chi è?» chiese una voce maschile, probabilmente Niall.
Louis non rispose, aspettò che il biondo gli aprisse.
«E... Tu saresti?» domandò questo con una fetta di pizza in mano.
«Io... sono Louis.» abbassò lo sguardo. L'insicurezza era cresciuta nel ragazzo durante quegli anni.
«Quel Louis?» alzò un sopracciglio Niall.
«Ehm... Non so a cosa ti riferisci ma... credo di sì» neance una parola uscì dalla bocca del biondino, si limitò a sbattergli la porta in faccia.
«Chi era amore?» una voce femminile si fece spazio attraverso la porta.
«Nessuno Dar, nessuno.» Niall cercò di mantenere i nervi saldi.
«Senti... Niall... Io sono solo venuto per parlare un po' e per darti questa... Felpa...» la porta si riaprì.
«TU, LURIDO VERME, MI HAI PRIVATO DEL MIO MIGLIORE AMICO. PER SEMPRE. NON VOGLIO SENTIRE UNA SOLA PAROLA DA TE.» Niall prese la felpa e richiuse la porta.
«P-posso solo sapere dove abitano gli Styles? Voglio parlarci. E scusarmi.» nessuno rispose, ma Louis non sapeva dove andare, quindi rimase seduto sui gradini davanti alla porta di casa di Niall, appena riparati dalla pioggia frequente di Londra.***
«Ma che... Cosa ci fai qui?!?» lo svegliò l'irlandese.
«Volevo sapere dove abitano gli Styles, devo scusarmi con loro, anche se non accetteranno mai le mie scuse.» disse con la voce ancora impastata dal sonno.
«Se ti dico dove stanno di casa, tu ti leverai dalla mia porta?» Louis annuì.
Una volta che ebbe ottenuto l'indirizzo si precipitò verso la sua destinazione.
Ci volle poco tempo ad arrivare là. Era una grande villa bianca, con la parte inferiore in mattoni.
Bussò.
«Gem vai tu!» urlò una donna, probabilmente la madre di Harry.
Ad aprire arrivò una ragazza sui trent'anni. Diamine. Quanto assomigliava a Harry.
«Oh merda» bisbigliò Louis, ancora un po' umido dalla notte fuori.
«Cosa?» domandò quella che aveva capito chiamarsi Gemma.
«Tu sei... Sei identica a tuo fratello...» disse imbarazzato. Poi vide che sulla faccia della giovane donna si fece spazio un'espressione accigliata, ma anche un po' malinconica.
«Chi sei tu?» chiese con gli occhi ridotti a due fessure.
«M-mi chiamo... L-louis...» ogni qualvolta dovesse pronunciare il suo nome, abbassava lo sguado, vergognandosi di quello che era.
«Tu... Tu sei... Come...»
«Sì sono io... Comprendo se non vorrai farmi entrare a casa tua. Io volevo solo... Farvi le condoglianze... Non... Io...» Louis non riuscì a finire la frase che scoppió in un pianto fragoroso, un pianto che per un po' aveva trattenuto.
«Ehm... Aspetta qui mh?» Gemma Styles chiuse la porta è rientró in casa. Si consultó con la madre, che venne ad aprire poco dopo.
«Io sono Anne. Tu... Puoi entrare un momento se vuoi... Mi fido» respirava lentamente, come per mantenere la calma.
«Se vi do' fastidio io posso anche restare qua fuori, non mi cambia e se vi rende più sicure.... Poi non piove così tanto.» Louis cercò di mettere a loro agio le due donne, ma nemmeno lui era proprio rilassato.
«Non preoccuparti ragazzo... Entra...» Anne fece spazio al ragazzo dagli occhi azzurri, che entrò in casa loro.
«Louis, giusto?» il liscio annuì alla domanda della madre di Harry.
«Dimmi tutto»
«Ecco... Io le posso giurare che è stato un incidente, in banca... Io non stavo sparando a Harry, lui stava correndo via ed io ero sicuro che appena fosse passato avrei potuto... Non so... Colpire uno dei poliziotti... So che è comunque sbagliato e orrendo, ma volevo solo farle sapere che non ho sparato ad Harry volontariamente... Io amavo suo figlio, e lo amo tutt'ora. Mi dispiace e merito qualcosa di peggio della morte per quello che ho fatto.» Louis non smise di piangere.
«Ragazzo, sappi che è terribile quello che hai fatt-»
«E lo so» interruppe Louis.
«Senti, non posso dirti che ti perdono per quello che hai fatto, ma posso pensarci. Capisco che ti sei pentito di ciò e ne sono felice. Ma posso dirti che ci penserò, d'accordo?» continuò la donna mentre Gemma portava via la tazza di tè di Anne, dato che Louis la sua non l'aveva toccata.
«Quello che posso dirti è che se tu... Insomma... Amavi Harry, puoi andare a trovarlo, lo trovi al cimitero Highgate. Se non sai come arrivarci posso chiedere a Gem di darti un passaggio.» Louis fu stupito dal buon cuore della donna, aveva accolto in casa sua l'assassino di suo figlio e gli aveva offerto un tè.
«Senti caro, vedo che non sei messo bene, ora ti porto qualcosa da metterti, stai tremando. Anzi, vieni con me, così scegli tu, okay?» Louis era sbigottito. Come poteva Anne essere così con lui? Si sarebbe aspettato urla, pianti, non cordialità e sorrisi rassicuranti.
«Eccoci qui, la camera di Harry è rimasta così da quel giorno... Scusami... Vado un attimo in bagno... Non aprivo questa porta da almeno un anno e mezzo...» le lacrime si fecero spazio negli occhi della donna, che sparì nell'immensa casa.
Quando vide l'entrata della camera di Harry le sue gambe cedettero, vide l'esatto momento in cui aveva rovinato la vita a quell'angelo, vedeva la sua mano sulle sue labbra e il terrore nei suoi occhi. Rivide il riccio voltarsi e farsi legare la bandana sulla bocca, rivide il suo torso nudo pieno di graffi e lividi e pianse. Pianse forte come solo poche volte aveva fatto. In ginocchio all'entrata della camera del ragazzo che aveva ucciso. Sui suoi palmi caddero calde gocce, poi si portò le mani al viso ed urlò, più forte che poteva.
«Mi dispiace...» continuava a ripetere, fino a quando Anne non ritornò dal bagno, in parte spaventata dalle urla.
«Oh, caro mi dispiace... » la donna mise una mano sulla spalla di Louis per confortarlo.
«Grazie signora, ma non credo di poter indossare i suoi vestiti...»
«Non preoccuparti, vuoi uno strappo al cimitero?» Louis annuì impercettibilmente.
«Gem! Da' un passaggio a Louis al cimitero!» urlò poi Anne alla figlia, che era in un'altra stanza.SPAZIO AUTRICE:
Hiiiiiiii
Mi dispiace ma non ho saputo resistere. DOVEVO aggiornare o mi sarei sentita male.
Ho per voi ancora un capitolo (il più lungo che abbia mai scritto, da circa 1500/1600 parole, wow) e l'epilogo. Poi potrò mettere il segnalino(?) "completata" e piangerò l'anima. Ma va bene.
Beh che dire al prossimo aggiornamento (spero di riuscire a trattenermi fino a sabato)
Ve se ama,
Alice💎
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UNFAIR [L.S.]
Fanfiction"Ingiusto" Questa parola tormentava la mente di Harry da quella notte. Tutto quello che gli successe dopo sembrava tremendamente ingiusto. Ma se invece non fosse così? Se tutte le convinzioni che aveva sempre avuto fossero solo il frutto del suo sti...