Capitolo 14

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Venerdì pomeriggio mi ritrovai in casa di Carolina assieme agli altri compagni di classe.. Mancava solo Stephanie, per fortuna!
Carolina abitava in un appartamento non molto grande, ma delizioso. Le parti erano bianche e i mobili non erano nemmeno così moderni, ma era un luogo accogliente. Eravamo nel salotto: c'era chi era seduto sule sedie intorno al tavolo, chi sul divano, chi per terra.. Tutti ascoltavano e prendevano appunti mentre Carolina spiegava come risolvere gli argomenti di matematica della verifica. Quelle cose le avevo capite, quindi non ero andata lì per farmele spiegare di nuovo, ma per stare in compagnia e per prendere un po' di confidenza con loro. Erano tutti simpatici ed uniti: chi sapeva di più aiutava chi sapeva di meno.
Poi Carolina si alzò ed andò in cucina, per poi tornare con un vassoio pieno di biscotti al cioccolato fatti in casa.
-Pausa ragazzi!- non fece nemmeno in tempi a posarli sul tavolo che tutti si precipitarono a prenderne uno. Carolina si voltò e venne verso di me, che ero ancora seduta sul divano, e mi porse un biscotto che doveva essere buonissimo!
-Tieni!
-Grazie.. E non solo per il biscotto, grazie di tutto!
-Figurati cara!
Nel frattempo gli altri si erano già seduti ai loro posti e un ragazzo con i capelli lunghi e scuri, raccolti in una coda, mi parlò dall'altro lato della stanza, finchè mangiava il suo biscotto.
-Jenny, posso farti una domanda?
-Sì, certo-. Ero curiosa, ma allo stesso tempo allegra perchè qualcuno (oltre a Carolina) si era interessato a me. Poteva anche avermi chiesto una cavata, ma almeno aveva provato un briciolo di interesse per me.
-Tu vivevi a Milano, giusto? Com'è stato trasferirsi qui? La vita è tanto differente da qui?-. Rimasi in silenzio per qualche attimo, mi si gelò il sangue solo a sentir pronunciare "Milano". Non volevo che sapessero del mio passato, non volevo tornare a quei tempi ora che tutto stava andando bene... Non volevo ricordare il mio orribile passato.
-Sinceramente non mi manca molto, sto meglio qui. La vita è più tranquilla, tutto è più calmo. Lì non avevi nemmeno tempo di goderti le piccole bellezze della vita. Nella mia scuola dovevi fingere di essere qualcun'altro per farti accettare. Non mi piaceva vivere a Milano, non vedevo l'ora di andarmene..-. Probabilmente aveva intuito che mi potesse essere capitato qualcosa, forse dal tono serio e fermo della mia voce, quindi si ridusse ad annuire, senza chiedere niente. Qualcun'altro però non aveva avuto la stessa intuizione di quel ragazzo e mi chiese di parlargli un po' di cosa facevo, come mi comportavo ecc. Mi rabbuiai ancora di più e Carolina accorse in mio aiuto dicendo che la pausa era finita. Mi incantai a guardare a terra: migliaia di brutti ricordi erano tornati a galla.l; non potevo dire loro che ero stata un'ubriacona, una "poco di buono", una che andava con tutti, che se ne usciva mezza nuda e che poi ero diventata una sfigata. Mi sentivo un mostro, ma cercai di scacciare quei pensieri.
Continuammo a "studiare", se studio si poteva definire, visto che a ogni frase di spiegazione seguiva qualche battutina o qualche scoop della scuola. Speravo di poter diventare come loro anche io, un giorno: unita e apprezzata. Alle sei me ne andai e Carolina mi salutò sorridente, dispiaciuta che me ne andassi:- Sono contenta che tu sia venuta! Mi dispiace per prima.. Sai, siamo un po' curiosi! Nonostante qualsiasi cosa ti sia successa, ti accoglieremo nel miglior modo possibile!
-Grazie ancora!- le dissi abbracciandola. Era davvero una cara ragazza.
Tornai a casa: il buio era appena sceso, ero in mezzo al freddo e alla nebbia che mi dava fastidio visto che non riuscivo a vedere bene la strada. Era un po' come mi sentivo io dentro.

Un Mare In Burrasca (#Wattys 2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora